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Progetto Esplora, il miglioramento genetico si fa anche senza gli Ogm

Il rinnovamento varietale è un’esigenza fondamentale della moderna agricoltura. Attraverso la diffusione di nuove varietà viene incrementata la potenzialità produttiva delle colture senza effetti collaterali sulla sostenibilità dell’ecosistema agricolo, vengono introdotti nuovi caratteri di resistenza ai patogeni con conseguente riduzione dell’uso di fitofarmaci e nuovi caratteri qualitativi che promuovono un ampliamento della gamma di prodotti in sintonia con le esigenza dei consumatori.

Tutte queste “innovazioni genetiche” richiedono un attento lavoro di ricerca ed esplorazione della biodiversità racchiusa nelle banche di germoplasma. Il Centro Ricerche in Agricoltura dispone della più vasta collezione di germoplasma coltivato presente in Italia. Il progetto Esplora, coordinato dal Consiglio  per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Genomics  Research Centre di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza), presentato a Roma il 6 novembre 2013 presso il Ministero delle Politiche Agricole,  partendo da questa risorsa ha promosso una caratterizzazione molecolare della biodiversità vegetale finalizzata all’identificazione di geni utili da introdurre nelle varietà coltivate. Si tratta di tecniche che nulla hanno a che vedere con gli organismi geneticamente modificati in quanto non avviene alcuna transgenesi del Dna.

La semplice caratterizzazione della biodiversità attraverso valutazioni di campo, pur mantenendo una sua utilità, non è oggi più sufficiente per poter consentire un efficace trasferimento dei caratteri utili nelle varietà coltivate. Esplora ha operato tramite le più moderne tecniche di genetica molecolare in modo da associare ai caratteri studiati marcatori capaci di rendere l’innovazione genetica rapidamente trasferibile alle nuove varietà. Esplora pone le basi delle future attività di miglioramento genetico per le specie di maggiore interesse in Italia.

Nel corso del convegno sono stati illustrati i principali risultati conseguiti per le colture interessate dal progetto (frumento duro, riso, orzo, pomodoro, melanzana, fagiolo, pisello, anemone, fragola, pesco, agrumi, vite, olivo, pioppo). Il progetto ha dimostrato che è possibile recuperare il gene della resistenza di una varietà usata in passato per introdurlo in una varietà moderna ed aumentarne così la resistenza, ad es., al freddo, alla siccità o ad alcune malattie.

Tale processo avviene tramite l’individuazione di alcuni marcatori  che consentono di identificare i caratteri che si intendono  trasferire su altre colture. L’obiettivo del progetto è stato quello di garantire tramite la ricerca, la qualità, la resistenza, la sostenibilità economica ed ambientale di varietà che si intende recuperare in un’ottica di biodiversità. Il progetto offre quindi risultati interessanti per l’industria sementiera e dimostra come sia possibile fare innovazione e miglioramento genetico in agricoltura senza dover ricorrere agli ogm. Il progetto ha evidenziato come, ad es., sia possibile trasferire il gene della varietà di riso Gigante Vercellli che è resistente al brusone ad altre varietà della medesima coltura oppure trasferire nel grano duro la resistenza alla ruggine nera. Parimenti è stato trasferito il gene della resistenza ai nematodi galligeni, nel fagiolo. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche per le specie arboree sia da frutto (ad es. la vite) che da legno come il pioppo.

In molti paesi europei, gli enti pubblici effettuano una significativa ricerca nel settore della caratterizzazione e dello studio della biodiversità vegetale, ma non si occupano di selezionare nuove varietà da rilasciare a livello commerciale. Questa seconda fase è totalmente in mano a società private. In Italia abbiamo un sistema misto e, a seconda delle specie, la rilevanza del miglioramento genetico pubblico varia da quote minime (meno dell’ 1 per cento del mercato) a quote maggioritarie. Il CRA è il maggior ente pubblico che fa miglioramento genetico. In Italia, il settore privato è composto da poche multinazionali estere oltre ad una gamma di medie, piccole, piccolissime industrie nazionali.

Il progetto Esplora ha operato nell’ambito della caratterizzazione con metodi ultra moderni della biodiversità di una decina di specie coltivate, creando le premesse per fare nuove varietà, ma non ha operato nella selezione varietale. Al momento non è chiaro se i risultati del progetto saranno portati a compimento (nuove varietà) con interventi pubblici sviluppati in collaborazione con società private e eventualmente con quali modalità.

Coldiretti ha evidenziato in proposito come il miglioramento genetico sia un aspetto imprescindibile per lo sviluppo futuro dell’agricoltura italiana. Il modello dovrebbe essere quello di avere una ricerca pubblica in Italia che garantisca obiettività effettuando le prove sperimentali nei diversi ambienti territoriali e climatici del nostro paese. Per esemplificare, é evidente che una semente di una certa varietà di grano duro sperimentata da una multinazionale in Belgio può andar bene nel contesto territoriale ed ambientale della Toscana, ma non in Sicilia.

Ciò non significa che il privato e, quindi, le società sementiere debbano essere escluse, ma che  sarebbe opportuno un rapporto di stretta collaborazione pubblico- privato visto che comunque queste ultime sono portatrici di un notevole know how nel campo del miglioramento genetico varietale, ma è importante che il processo di ricerca sia coordinato da un ente pubblico quale appunto il CRA che ha il vantaggio di avere centri sperimentali su tutto il territorio nazionale ed un’attenzione particolare al recupero delle varietà autoctone.

Coldiretti ha sottolineato, inoltre, come sia necessario che modelli di miglioramento genetico quali quelli individuati dal progetto, siano sottratti al rischio di brevettabilità. E’ noto il caso del cavolo brassica per il quale una nota multinazionale ha ottenuto dall’Ufficio Europeo dei brevetti, il brevetto sul metodo con il quale sono stati individuati i marcatori che hanno identificato le proprietà antitumorali di tale ortiva. In tal caso, infatti, non si ottiene una nuova coltura come nel caso in cui si fosse ricorso a tecniche transgeniche, ma si individua solo un processo. 

La Coldiretti ha poi evidenziato come la tutela della biodiversità tramite il ricorso a tecniche di miglioramento genetico debba sposarsi anche con la sostenibilità economica. E’ un investimento a perdere concentrare la ricerca su varietà di colture che non hanno alcun interesse di mercato. La ricerca in agricoltura, infatti, non deve essere autoreferenziata, ma orientata al mercato. Proprio per tale ragione è opportuna una forte partnership tra gli enti pubblici di ricerca come il Cra, le multinazionali, le ditte sementiere e le Organizzazioni maggiormente rappresentative del settore agricolo che hanno il ruolo fondamentale di segnalare quali sono le esigenze del mondo produttivo in merito al miglioramento genetico. A tal fine, l’istituzione di un tavolo tecnico di programmazione dei progetti di ricerca da mettere in atto coordinato dal Cra sarebbe opportuno.

Il progetto Esplora offre un contributo importante che le società sementiere dovrebbero essere pronte a raccogliere anche perché la mancanza di un miglioramento genetico delle colture comporta una dipendenza per l’Italia di importazione di sementi dall’estero a tutto scapito della difesa del made in Italy.

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