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Pubblicate le Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili

Sulla Gazzetta Ufficiale del 18 settembre 2010 è stato pubblicato finalmente il decreto 10 settembre 2010 “Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.

Si tratta del documento richiesto dall’articolo 10, comma 12, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, che prevede l’approvazione in Conferenza unificata di linee guida per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ed in particolare per assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio, con specifico riguardo agli impianti eolici.

Il dispositivo fornisce utili chiarimenti riguardo il regime giuridico delle autorizzazioni, sia per quanto riguarda gli interventi soggetti ad autorizzazione unica, che quelli soggetti a denuncia di inizio attività e di attività edilizia libera. Viene, inoltre, definito dettagliatamente il procedimento unico di autorizzazione per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Per quanto riguarda l’inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio, sono definiti i criteri generali e le aree non idonee e vengono dedicate indicazioni specifiche per quanto riguarda gli impianti eolici. Si fa riferimento, nello specifico, ad aree agricole di pregio, ai siti appartenenti alla rete Natura 2000, alle aree protette nazionali e regionali, alle oasi regionali ed alle zone umide tutelate a livello internazionale.

Le amministrazioni regionali devono, adesso, adeguare le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida e, in caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano direttamente le linee guida nazionali. A questo proposito è interessante ricordare che le Regioni possono individuare le aree del proprio territorio non idonee per la realizzazione di impianti alimentati a fonti rinnovabili, come più volte ribadito dalla Corte Costituzionale, soltanto dopo l’entrata in vigore di tali linee guida nazionali.

E’ importante evidenziare come tra i criteri generali che dovrebbero guidare gli enti di governo locale nell’inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio (paragrafo 16) siano ricompresi:

o il ricorso a criteri progettuali volti ad ottenere il minor consumo possibile del territorio, sfruttando al meglio le risorse energetiche disponibili;

o il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto (brownfield), tra cui siti industriali, cave, discariche, siti contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006, consentendo la minimizzazione di interferenze dirette e indirette sull’ambiente legate all’occupazione del suolo ed alla modificazione del suo utilizzo a scopi produttivi, con particolare riferimento ai territori non coperti da superfici artificiali o greenfield, la minimizzazione delle interferenze derivanti dalle nuove infrastrutture funzionali all’impianto mediante lo sfruttamento di infrastrutture esistenti e, dove necessari, la bonifica e il ripristino ambientale dei suoli e/o delle acque sotterranee;

o una progettazione legata alle specificità dell’area in cui viene realizzato l’intervento. Con riguardo alla localizzazione in aree agricole, assume rilevanza l’integrazione dell’impianto  nel contesto delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio rurale, sia per quanto attiene alla sua realizzazione che al suo esercizio.

Inoltre, viene ribadito, rispetto a quanto già previsto dal Legislatore del 2003, come nell’autorizzare progetti localizzati in zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, deve essere verificato che l’insediamento e l’esercizio dell’impianto non comprometta o interferisca negativamente con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale.

Passando all’individuazione delle aree non idonee all’inserimento di impianti alimentati da fonti rinnovabili si evidenzia che le Regioni devono svolgere un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale, le quali identificano obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti.

Per quanto riguarda i criteri stabiliti per l’individuazione di aree non idonee, le linee guida fanno riferimento, esclusivamente, agli aspetti ambientali, paesaggistici ed artistico-culturali connessi alle caratteristiche intrinseche del territorio e del sito.

In particolare, tra le aree nell’ambito delle quali è possibili individuare zone inidonee per l’inserimento di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (allegato III), si evidenziano:

o le zone all’interno di coni visuali la cui immagine è storicizzata e identifica i luoghi anche in termini di notorietà internazionale di attrattività turistica;

o le aree (non comprese tra quelle inserite nella lista dell’Unesco, non situate in prossimità di parchi archeologici e nelle aree contermini di particolare interesse culturale, storico e religioso, non ricomprese nelle aree protette di rilievo nazionale comunitario ed internazionale, che sono espressamente indicate) che svolgono funzioni determinanti per la conservazione della biodiversità (fasce di rispetto o aree contigue; aree di connessione e continuità ecologico-funzionale tra i vari sistemi naturali e seminaturali; aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie faunistiche protette; aree in cui è accertata la presenza di specie animali e vegetali soggette a tutela, specie rare, endemiche, vulnerabili, a rischio di estinzione);

o le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, in coerenza e per le finalità di cui all’art. 12, comma  7, del decreto legislativo 387 del 2003 anche con riferimento alle aree, se previste dalla programmazione regionale, caratterizzate da un’elevata capacità d’uso del suolo;

o le zone individuate ai sensi dell’art. 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 per motivi paesaggistici, valutando la sussistenza di particolari caratteristiche che le rendano incompatibili con la realizzazione degli impianti. Tra questi, ad esempio, le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole; i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento; le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici.

Dunque, è importante tenere presente che, se è pur vero che le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei, la loro valenza multifunzionale le rende meritevoli di una specifica protezione, sia sotto il profilo paesaggistico che della salvaguardia della destinazione agricola.

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