il Punto Coldiretti

Rapporto Ue, crescono le rinnovabili ma occhio al territorio

In Europa il contributo della biomassa nel 2009 ha coperto il 68,6% del consumo di energia primaria rinnovabile. E’ uno dei numerosi dati contenuti nel “Technology Map 2011", documento elaborato dal Joint Research Centre, il centro di ricerca della Commissione europea.

Il rapporto fotografa lo stato dell’arte delle tecnologie di sfruttamento energetico delle fonti rinnovabili in Europa e nel mondo, con l’obiettivo di fungere da supporto concreto alle aziende, alla comunità scientifica e ai governi (locali e nazionali), ai fini del raggiungimento dei target che l’Unione europea ha fissato per il 2020.

Tra gli altri numeri, spicca la crescita del fotovoltaico (quasi 30 GW installati in Europa, con produzioni energetiche che passano dai 14 GWh del 2009 ai 70 GWh del 2011) e il balzo in avanti dell’eolico (+29% dal 2008 al 2010).

In materia di efficienza energetica nell’edilizia, invece, si assiste a qualche ritardo e il documento contiene indicazioni rispetto alla necessità di nuovi approcci di progettazione, uniti a una ricerca che si concentri maggiormente sui flussi di energia, verso e dagli edifici. Analizzando il trend delle prestazioni energetiche degli edifici a livello mondiale, infatti, emerge che solo il 37% degli edifici usufruisce di tecnologie low carbon.

Più in generale, la Technology Map 2011 ha analizzato lo sviluppo di 15 tecnologie caratterizzate dalla bassa emissione di carbonio, oltre a descrivere la situazione dell’industria e le prestazioni degli edifici dal punto di vista dell’efficienza energetica.

Leggendo il rapporto appare evidente la consistente e costante crescita delle  rinnovabili, che sempre più si pongono come reali alternative alle fonti energetiche tradizionali (carbone, gas etc). In termini di contributo energetico, se l’idroelettrico resiste ancora al primo posto, si assiste alla crescita anche di nuove tecnologie.

Tra queste merita attenzione il solare a concentrazione (Concentrating Solar Power), il cui incremento è stato molto consistente, soprattutto in Europa. In questo settore tecnologico è infatti la Spagna a vantare la leadership, con 730 MW istallati, equivalenti al 60% del dato mondiale.

Nonostante la sempre maggiore diffusione delle rinnovabili in Europa e nel mondo, puntualmente ribadita dai dati contenuti nell’autorevole documento Ue, in alcuni paesi, come l’Italia, tuttavia, si è ancora al lavoro per la definizione di opportuni strumenti in grado di garantire il necessario equilibrio tra la diffusione dell’energia verde e i relativi impatti su territorio, ambiente e paesaggio.

Questo aspetto, in Italia, è particolarmente rilevante per i problemi causati dalla diffusione dei grandi impianti eolici e di quelli fotovoltaici collocati a terra. Infatti, secondo dati Gse 2010, gli impianti a terra per il fotovoltaico occupano una superficie di 33,2 milioni di metri quadrati (3316 ettari). Tra l’altro, questi impianti risultano molto concentrati in alcune aree del paese, visto che poco meno della metà del terreno occupato si trova in Puglia (14,8 milioni di metri quadri), ma superfici ragguardevoli si trovano anche nel Lazio (3,8 milioni di mq) e in Emilia Romagna (3,4 milioni di mq).
 
Rispetto ai dati 2010, osservando il “balzo” di crescita della potenza totale installata del fotovoltaico (il più elevato tra le fonti rinnovabili) avvenuto nel 2011, si può stimare che il suolo “sottratto” all’agricoltura da questi impianti sia almeno triplicato nell’ultimo anno.

La rapida espansione degli impianti fotovoltaici a terra, pone, dunque, seri interrogativi di carattere ambientale e paesaggistico, oltre che economico e produttivo, in un Paese come l’Italia dove, negli ultimi 40 anni,  sono andati già persi quasi 5 milioni di ettari di superficie coltivata, pari a due volte la regione Lombardia, a causa dell’effetto congiunto degli usi speculativi (fotovoltaico, biogas) e/o di competizione negli usi (abitazioni, edilizia) della terra.

Tutto ciò ha anche determinato una crescita costante del prezzo sia di acquisto che di affitto dei terreni negli ultimi anni, tanto che in Italia il valore medio della terra supera i 18.400 euro per ettaro, livelli superiori rispetto a quelli che si riscontrano in paesi come Germania (13.000 euro/ha) e Francia (6.000 euro/ha).

Per far fronte a questi problemi, oltre alle linee guida emanate nel 2010 ma ancora scarsamente applicate dalle Regioni, il decreto 28/2011 ha introdotto alcune condizioni per limitare il fenomeno del consumo di suolo agricolo da parte degli impianti, stabilendo specifiche condizioni per l’accesso agli incentivi per il fotovoltaico su suolo agricolo (potenza massima impianti pari a 1 MW; distanza minima tra impianti in capo alla stessa proprietà di 2 km; superficie massima destinata agli impianti pari al 10% del totale nella disponibilità del conduttore), ma il decreto sulle liberalizzazioni (D.L. 1/2012, art. 65) ha successivamente stabilito la totale esclusione dagli incentivi per gli impianti di fotovoltaico collocati a terra in aree agricole, seppure con qualche eccezione (sulla base del momento in cui è stata effettuata la richiesta di autorizzazione o rispetto all’effettiva entrata in esercizio degli impianti).

Tuttavia, le sorti dell’articolo 65 si conosceranno solo nei prossimi giorni, visto che l’iter di conversione in legge del D.L. 1/2012 è ancora in corso. La vicenda del fotovoltaico a terra, come quella dell’utilizzo indiscriminato del mais per l’alimentazione di impianti di biogas di grossa taglia o della massiccia diffusione di grandi impianti eolici in aree ad alto valore paesaggistico, costituiscono un importante elemento di riflessione rispetto alla necessità che la diffusione delle rinnovabili, così importante e decisiva per lo sviluppo di un paese industrializzato come l’Italia, debba essere obbligatoriamente accompagnata da strumenti normativi in grado di promuovere un modello energetico effettivamente sostenibile, evitando di lasciare le sorti di questo importante comparto alla sola logica di mercato, esponendolo a rischi speculativi e a danni irreversibili per il territorio nazionale, già di per se sottoposto a numerosi fattori di criticità.

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