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Rifiuto o sottoprodotto? Come gestire gli inerti da demolizione

Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha ribadito che gli inerti da demolizione, anche ai sensi della nuova disciplina in materia, sono rifiuti speciali e non possono essere assimilati alla terre e rocce da scavo. Gli inerti da demolizione, però, possono essere riutilizzati come sottoprodotti nel caso in cui rispettino tutte le condizioni richieste dalla legge.

Da un punto di vista sostanziale, i residui della attività di demolizione e costruzione, differiscono dalle terre e rocce da scavo perché sono costituiti non soltanto da terriccio e ghiaia, come i materiali di risulta delle attività di scavo, ma anche di cemento, asfalto e sostanze che costituiscono rifiuti. Inoltre, l’attività di demolizione, che riguarda edifici e strade, è strutturalmente diversa da quella di scavo dei terreni.

Da un punto di vista formale, è la legge stessa che qualifica i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione come rifiuti speciali, mentre esclude espressamente, a determinate condizioni, dal regime dei rifiuti le terre e rocce da scavo. Quindi, il materiale derivante dalla demolizione di muretti o di edifici di vario tipo, come possono essere i magazzini o i fienili, per il settore agricolo, devono essere considerati e gestiti a tutti gli effetti come rifiuti speciali, dei quali il detentore ha l’obbligo di disfarsi avviandoli a recupero o a smaltimento.

I medesimi materiali, però, nel caso in cui rispettino tutti i requisiti e le condizioni richieste dalla normativa, possono essere sottoprodotti (e non rifiuti). Ad esempio, i mattoni derivanti dalla demolizione di un annesso agricolo, se rispondenti ai requisiti merceologici richiesti dagli standard in uso, possono essere riutilizzati per una nuova costruzione. A questo proposito, però è importante sottolineare che la valutazione della configurabilità o meno di un materiale come sottoprodotto rappresenta un verifica che deve essere fatta di caso in caso.

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