il Punto Coldiretti

Rio+20 e sviluppo sostenibile, il testo finale scontenta tutti

La Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile, in programma a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno, si è conclusa, ma rispetto alle attese, la dichiarazione finale del vertice ha suscitato molte polemiche. Le premesse, d’altronde, non erano state delle migliori, visto che una parziale insoddisfazione era già presente nel testo della dichiarazione congiunta rilasciata durante i negoziati preparatori dal Commissario europeo Janez Potocnick e dal ministro danese per l’ambiente Ida Auken.

“L’impegno dell’Ue per dirigere le negoziazioni internazionali verso accordi sulla green economy e lo sviluppo sostenibile si rispecchia nella Dichiarazione di Rio+20, per la quale sono state raggiunte posizioni comuni su molti dei temi più delicati per un futuro sostenibile, come la concretizzazione di un’economia verde e la gestione delle risorse naturali – si legge nel documento -. Tuttavia, le richieste di riforme istituzionali da parte dell’Ue non hanno avuto successo; ad esempio, l’iniziativa di istituire un’Organizzazione mondiale per l’ambiente è stata bloccata, nonostante si sia comunque concordato di rafforzare il ruolo dell’attuale Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite”.

Forti critiche hanno, invece, continuato a caratterizzare i lavori preparatori, specialmente provenienti dai movimenti sociali e dalle Ong che non hanno condiviso il testo della Dichiarazione di Rio+20, sulla base della quale si dovranno fissare gli obiettivi futuri per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile nel mondo. Permane, infatti, un senso di insoddisfazione generale anche rispetto alla concezione che vede nella stessa green economy e nella green growth (crescita verde) le uniche risposte prese in considerazione rispetto alla necessità di assicurare la sostenibilità dello sviluppo.

“Con poche eccezioni, la società civile internazionale contesta la misura di facciata che la green economy rischia di veicolare compiendo unicamente un’operazione di inverdimento del paradigma e dei dogmi di uno sviluppo che resta fondato su crescita, consumismo, irresponsabilità verso i limiti delle risorse naturali e inadempienze nei confronti delle continue violazioni dei diritti umani e delle crescenti ingiustizie e diseguaglianze che esso causa” si legge in una dichiarazione della Focsiv (la federazione degli organismi di volontariato Internazionale di ispirazione cristiana), a cui va ad aggiungersi un ulteriore commento del presidente della stessa associazione, Gianfranco Cattai: “Se il testo rimanesse questo, la Conferenza sarebbe un fallimento di portata storica. Come sempre accade, i più poveri e vulnerabili pagherebbero per primi, ma la mancanza di decisioni dei nostri leaders politici fa apparire cupo il futuro per tutti gli esseri umani e il pianeta”.

La profonda insoddisfazione sul testo è espressa anche da altri esponenti delle associazioni di stampo cattolico, tra cui Antonio Manganella, rappresentante di Ccfd (Comitato cattolico contro la fame e per lo sviluppo), membro francese Cidse (la rete europea e nordamericana delle maggiori organizzazioni di sviluppo della Chiesa Cattolica), che afferma: “il testo assegna priorità ai mercati e alla crescita e presenta l’inclusione del settore privato nella governance e nella cooperazione internazionale come una panacea. Paesi come la Francia insistono sulla partnership tra settore pubblico e privato, persino per chi ha già sperimentato i limiti di tali intese”.

Sempre Manganella aggiunge: “Il testo fallisce nel giudicare la responsabilità delle compagnie, specialmente multinazionali, nella nostra economia non sostenibile. Non devono dare conto per l’impatto sociale e ambientale negativo e per le violazioni dei diritti umani. Le negoziazioni non sembrano tener conto che il loro comportamento è uno dei principali fattori che contribuisce a determinare i problemi globali a cui Rio+ 20 è chiamato a rispondere. La piena realizzazione del rispetto dei diritti umani è cruciale per lo sviluppo sostenibile. I governi non possono incrementare il ruolo del settore privato chiedendo loro solo una mera relazione volontaria sulle responsabilità in settori cruciali come l’agricoltura e le industrie estrattive. Il testo fa riferimento al nuovo Global Compact delle Nazioni Unite invece di riferirsi ai nuovi principi delle NU su diritti umani e imprese transnazionali del giugno 2011, che include diversi livelli di regolamentazione”.

Sull’argomento si esprime duramente anche la policy officer Cidse Denise Auclair : “Le relazioni volontarie delle imprese non fermeranno le violazioni dei diritti umani. Abbiamo bisogno di relazioni vincolanti e obbligatorie sull’impatto sociale e ambientale delle operazioni delle compagnie nel loro paese e all’estero”.

Ancora la Auclair: “Su agricoltura e cambiamenti climatici addirittura non c’è alcun riferimento nel testo. Nessuna misura concreta insomma per affrontare le interconnessioni tra cambiamenti climatici e agricoltura, urgentemente richiesti invece per assicurare il diritto al cibo ai più vulnerabili”.

Al coro si aggiunge Anika Schroeder, rappresentante di Misereor (l’associazione cattolica tedesca per lo sviluppo della cooperazione con i paesi del Sud del mondo), membro tedesco della Cidse: “Il testo contiene carote, ma non bastoni. Non c’è menzione a misure regolatrici per fronteggiare i cambiamenti climatici, solo incentivi per investimenti privati in agricoltura”.

Bernadette Fischler di Cafod (associazione cattolica inglese), membro inglese di Cidse, commenta, infine: “Quanto agli obiettivi di sviluppo sostenibile i governi bisticciano per stabilire chi guiderà la prossima iniziativa internazionale il cui scopo rimane indefinito. Il nuovo impianto di obiettivi dovrebbe portare cambiamenti positivi per i più poveri che oggi non si preoccupano di classificare il cibo, l’acqua, l’energia e l’aria pulita da cui dipendono come questioni relative alla povertà o all’ambiente. Vogliono solo sopravvivere”.

Il vertice Onu sullo sviluppo sostenibile si è concluso, quindi, tra luci ed ombre e le quarantanove pagine e i 283 articoli per lo sviluppo sostenibile della  dichiarazione finale sembrano sancire il definitivo accreditamento della green economy come strumento principale della sostenibilità, avviando, di fatto, i lavori per l’inserimento del conto ambientale nei Pil dei Paesi. Questa impostazione del testo della Dichiarazione, giudicato ”mediocre” e ”segnato da gravi omissioni” da numerosi esponenti della società civile, sembra non essere di gradimento nemmeno per Greenpeace, Oxfam, Wwf e Legambiente che si dichiarano concordi sulla debolezza del vertice. Il direttore generale del Wwf, Jim Leape, ha giudicato il vertice come una ”occasione sprecata” ma ha anche sottolineato che ”lo sviluppo sostenibile ha gia’ messo radici e crescerà”.

Da rilevare che nella giornata conclusiva è intervenuto anche il nostro Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che, invece, è apparso meno critico sugli esiti del summit. "in un momento di crisi economica così profonda, che la comunità internazionale si ritrovi su un unico documento è davvero un fatto storico. Non capisco come possano continuare a girare commenti delusi e negativi" ha commentato Clini, soddisfatto soprattutto dell’accordo bilaterale firmato con il ministro brasiliano dell’Energia, Edson Lobao, per promuovere la diffusione dell’energia sostenibile nei Paesi in via di sviluppo.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
2008 © Copyright Coldiretti - powered by BLUARANCIO S.p.A. | Redazione contenuti

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi