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Strategie climatiche, sempre più importante il ruolo positivo del settore agro-forestale

Interessanti le elaborazioni contenute nell’ultimo annuario dei dati ambientali dell’Ispra. Prendendo in considerazioni le emissioni climalteranti, infatti, si segnala come nel 2011, per quanto riguarda  le emissioni totali di anidride carbonica, queste siano derivate per il 94,8 per cento dal settore energetico e per il 4,9 per cento dai processi industriali.

Nel medesimo anno le emissioni di anidride carbonica provenienti dal settore energetico (escludendo le emissioni da perdite di combustibile) sono imputabili principalmente alle industrie energetiche (33,2 per cento) e ai trasporti (29,6 per cento); seguono: il settore degli usi energetici nel civile, in agricoltura e nella pesca (21,2 per cento), l’industria manifatturiera ed edilizia (15,2 per cento), mentre le perdite di combustibile incidono per lo 0,6 per cento alle emissioni. Contribuiscono all’effetto serra anche il metano (CH4) – le cui emissioni sono legate principalmente all’attività di allevamento nell’ambito di quelle agricole, allo smaltimento dei rifiuti e alle perdite nel  settore energetico – e il protossido di azoto (N2O). Minore il contributo generale all’effetto serra da parte degli F-gas o gas fluorurati (HFCs, PFCs, SF6) e la loro presenza deriva essenzialmente da attività industriali e di refrigerazione.

Le emissioni dei gas serra sono calcolate dall’Ispra attraverso la metodologia dell’IPCC è sono rilevanti ai fini del rispetto dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni previsto dal Protocollo di Kyoto. Come noto, infatti, l’Italia ha ratificato nel 1994 la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, nata nell’ambito del “Rio Earth Summit” del 1992. La Convenzione ha come obiettivo la stabilizzazione a livello planetario della concentrazione in atmosfera dei gas ad effetto serra a un livello tale che le attività umane non modifichino il sistema climatico.

Il Protocollo di Kyoto – sottoscritto nel 1997, in vigore dal 2005 – costituisce lo strumento attuativo della Convenzione. L’Italia ha l’impegno di ridurre le emissioni nazionali complessive di gas serra del 6,5 per cento rispetto al 1990, entro il periodo 2008-2012 (rispetto all’ obiettivo di riduzione complessivo del 8 per cento per l’Unione Europea)

In Italia il monitoraggio delle emissioni dei gas climalteranti è garantito proprio da Ispra, su incarico del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed è caratterizzato dalla contabilizzazione sia delle emissioni che degli assorbimenti di carbonio. Questi ultimi devono essere sottratti dal totale per giungere ad un bilancio complessivo delle performances climatiche di ogni Paese.

L’ultimo rapporto Ispra mostra come le emissioni totali di gas ad effetto serra si siano complessivamente ridotte nel periodo 1990-2011 (-5,8 per cento) e che le emissioni stimate nel 2011, pari a circa 488,8 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, risultino 5,5 milioni di tonnellate superiori rispetto all’obiettivo di riduzione delle emissioni fissato dal Protocollo di Kyoto per l’Italia. L’andamento complessivo dei gas serra è determinato principalmente dal settore energetico – e quindi dalle emissioni di CO2 – che rappresenta poco più dei quattro quinti delle emissioni totali lungo l’intero periodo 1990-2011.

Le composizioni percentuali delle sostanze che compongono i gas serra non subiscono rilevanti variazioni lungo il periodo 1990-2011. Questo vale soprattutto per l’anidride carbonica e il metano, che nel 2011 registrano rispettivamente una quota sul totale di 84,7 per cento e 7,5 per cento; mentre le quote di protossido di azoto e F-gas si attestano rispettivamente al 5,5 per cento e 2,3 per cento del totale dei gas serra, mostrando una variazione rispettivamente di -1,7 punti percentuali e +1,7 punti percentuali rispetto al 1990.

Le emissioni di metano e protossido di azoto, a differenza dell’anidride carbonica, dunque, non seguono il trend complessivo dei gas serra di lenta crescita fino al 2004 e riduzione, a partire dal 2005, caratterizzata dalla caduta del 2009, presentando, invece, un andamento abbastanza costante fino alla fine degli anni 90, per poi decrescere fino al 2011, lentamente quelle di metano e più marcatamente quelle di protossido di azoto, anche a testimonianza di un trend di miglioramento delle prestazioni ambientali e climatiche da parte delle imprese agro-zootecniche.

Per quanto riguarda le emissioni degli F–gas (composti prevalentemente costituiti dagli idrofluorocarburi a partire dalla fine degli anni 90), nonostante non molto rilevanti complessivamente, sono caratterizzati da un trend di crescita preoccupante lungo l’intero periodo.

Come detto, i dati di emissione riportati nel rapporto Ispra costituiscono la fonte ufficiale di riferimento per la verifica degli impegni assunti a livello internazionale, in ragione del ruolo di Ispra di responsabile della realizzazione annuale dell’inventario nazionale delle emissioni in atmosfera. Dalla consultazione delle numerose tabelle riepilogative contenute nel report è possibile anche analizzare le stime del carbonio presente nei diversi serbatoi forestali. Confrontando i soli dati del 2011, infatti, notiamo come l’incidenza della voce LULUCF (Land Use, Land Use Change and Forestry), che esprime gli assorbimenti di CO2 da parte delle foreste italiane, raggiunga il 6,4 per cento del totale delle emissioni.

Il dato può dirsi confermato anche in base a quanto pubblicato, sempre dall’Ispra, nell’ambito del Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2012. National Inventory Report 2014 (che comprende elaborazioni relative all’anno 2012), dal quale emerge chiaramente come la voce Lulucf contribuisca sensibilmente al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.

La quantificazione di assorbimenti di CO2 (da sottrarre alle emissioni) ad opera delle foreste nazionali, infatti, risulta pari a circa 31 milioni di tonnellate di Co2 eq per il 2010, 19 milioni di ton./CO2eq per il 2011 e 18,5 milioni di ton./CO2eq per il 2012. L’incidenza di questi assorbimenti è tale da portare la percentuale di riduzione delle emissioni nazionali nel periodo osservato (2010-2012), dal -11,36 per cento (dato senza la contabilizzazione della voce Lulucf) al -14,34 per cento (contabilizzando la voce Lulucf).

Rispetto a ciò, quindi, appaiono, allora, del tutto legittime le aspettative da parte dei proprietari forestali per la richiesta di uno strumento di internalizzazione economica, almeno parziale, di tale servizio reso alla comunità (considerando che il 60 per cento della superficie forestale contabilizzata è di proprietà privata). Si ricorda, infatti, che nel nostro Paese, la contabilizzazione degli assorbimenti interessa solo le superfici forestali e non prevede alcun riconoscimento del diritto di accesso ai cosiddetti “crediti di carbonio” da parte dei privati.

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