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Tariffa idrica, per la Corte Costituzionale è lo Stato a decidere

Sono due i soggetti chiamati a decidere in materia di tariffa idrica: lo Stato, in via principale, e le Autorità d’Ambito, in sede attuativa. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con la recentissima sentenza n. 29/2010.

Secondo il Giudice delle leggi, più in particolare, la Regione Emilia-Romagna determinando la tariffa idrica di riferimento, con la Legge n. 10/08 (relativa al riordino territoriale, all’autoriforma dell’amministrazione e alla razionalizzazione delle funzioni), ha fatto proprie competenze che sono dello Stato centrale.

All’art. 117 la nostra Costituzione prevede, infatti, che è compito dello Stato, da una parte, tutelare l’ambiente e, dall’altra, la concorrenza.  Rispetto al primo aspetto, un proliferare di leggi regionali per la determinazione della tariffa idrica non garantirebbe «standard quantitativi e qualitativi della risorsa idrica» uniformi su tutto il territorio nazionale e finalizzati alla tutela dell’ambiente.

Relativamente al secondo punto, la mancanza di una tariffa di riferimento uniforme su tutto il territorio nazionale, non stabilendo un eguale presupposto di partecipazione alla gara per la scelta del gestore del servizio, non sarebbe idonea a garantire un eguale criterio competitivo e, dunque, a promuovere la concorrenza “per il mercato”. Inoltre, l’esclusiva competenza statale relativamente al sistema di determinazione della tariffa idrica garantisce un generale criterio di solidarietà tra le diverse tipologie di utenza.

La Corte Costituzionale ha ricordato, infine, che il Codice Ambientale (D.lgs. 152/06) stabilisce che  il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua, mentre l’Autorità d’Ambito determina successivamente la tariffa stessa. Inoltre, lo stesso Codice stabilisce che il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche (Co.Vi.R.I.) predispone, con delibera, il metodo tariffario per la determinazione della tariffa.

La Corte Costituzionale era già intervenuta in materia di tariffa idrica con la sentenza n. 335/2008, dichiarando incostituzionale la norma del Codice Ambientale che prevedeva che la quota di tariffa idrica del canone di depurazione fosse dovuta anche in mancanza dell’attività di depurazione delle acque nel Comune interessato. 

La Corte, più in particolare, era partita dalla considerazione che la tariffa del servizio idrico integrato ha natura di corrispettivo di prestazioni contrattuali, e non di tributo. Da tale natura non tributaria della parte tariffaria riferita al servizio di depurazione la Corte aveva fatto, dunque, discendere l’illegittimità costituzionale della norma impugnata.

Il percorso della tariffa idrica, anche alla luce della sentenza, sembra ripercorrere quello della tariffa d’Igiene Ambientale. Infatti, il passaggio da un sistema improntato su una tassa ad uno basato su una tariffa comporta una difficoltà nella individuazione dei soggetti competenti alla determinazione delle tariffe di riferimento, nella inclusione dei costi del servizio e nelle modalità di finanziamento delle agevolazioni per le utenze domestiche.

Anche in questo caso, il nuovo strumento tariffario non è riuscito a contenere gli altissimi costi di gestione e gli sprechi del sistema. Al riguardo, il Rapporto sullo stato delle risorse idriche dello scorso anno, ultimo disponibile, è illuminante: il 30% delle acque immesse nel sistema si disperde.

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