il Punto Coldiretti

Uni al lavoro per una certificazione delle produzioni ogm-free

L’attualità del dibattito sugli ogm riporta all’attenzione anche le necessità delle imprese che stanno investendo in filiere “non ogm”. Si tratta, infatti, di vedere riconosciuti i loro sforzi attraverso una certificazione in grado di identificarle e differenziarle sul mercato. Per questo è importante disporre di strumenti sempre più aggiornati.

A tutt’oggi, infatti, sementi, mangimi ed alimenti destinati alla filiera agroalimentare possono essere oggetto di una certificazione che permette loro di riportare in etichetta la dicitura generica “non ogm (soia, mais  e derivati)” – mentre per gli animali la dicitura è “animali alimentati con non ogm (soia, mais e derivati) – mediante il rispetto dei requisiti minimi previsti da un regolamento tecnico del Sincert (l’Rt11) che, però, oggi comincia a dare segni di obsolescenza. Il regolamento tecnico del Sincert, infatti, non tiene conto dell’evoluzione della materia ogm (comprese le tecniche di analisi) avvenuta negli ultimi anni.

Più che una vera e propria norma, l’Rt11 era stato elaborato, a suo tempo, come un documento di riferimento per i laboratori di analisi, ai fini di una armonizzazione delle prassi, resasi necessaria nel periodo in cui sono state effettuate le prime certificazioni (l’ultima versione del Regolamento è del 2004, ma la sua nascita concettuale risale a diversi anni prima). Tuttavia, vista la necessità di un aggiornamento del sistema, anche in virtù del crescente interesse da parte delle imprese in questo settore, l’Uni (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) ha deciso di costituire un gruppo di lavoro con l’obiettivo di mettere a punto una specifica norma di riferimento per la certificazione “non ogm”.

Questa norma dovrà, infatti, specificare i requisiti minimi di sementi, mangimi ed alimenti destinati alla filiera agroalimentare che possono essere definiti non ogm. L’applicazione della norma Uni, a differenza dell’Rt11 che era relativo solo a mais e soia, dovrebbe includere tutti gli eventi transgenici autorizzati nell’Ue per la coltivazione e/o la commercializzazione (quelli contenuti nel GM Feed and food register).

Disporre di una norma Uni sull’argomento risulta molto importante in quanto la possibilità di una certificazione “non ogm” può rappresentare, contemporaneamente, sia una garanzia di trasparenza per i consumatori, sia una opportunità di competitività per le imprese. Tuttavia, i lavori nell’ambito del gruppo di lavoro (a cui, opportunamente, Coldiretti è stata invitata a partecipare) con ogni probabilità non saranno né brevi né semplici, viste le numerose implicazioni di tipo tecnico.

Nel sostanziale aggiornamento dei contenuti dell’Rt11, infatti, appaiono evidenti alcune difficoltà, come quelle manifestate, ad esempio, dai produttori di mangimi sulla effettiva possibilità di garantire l’assenza di contaminazioni ogm anche quando alcune fasi del processo produttivo esulano dal controllo diretto degli operatori (vedi il caso delle fasi di trasporto navale o terrestre delle materie prime sino ai mangimifici).

Questa come altre difficoltà che interessano altri settori produttivi ci danno il quadro di quanto sia difficile assicurare le condizioni di una reale coesistenza tra le produzioni transgeniche e quelle non ogm, quando anche un rigoroso sistema di controllo interno ad una singola impresa o impianto trova grandi difficoltà a garantirsi da quanto può avvenire in modo assolutamente incontrollato nell’ambiente esterno, durante le fasi a monte del proprio processo produttivo.

Si spera, tuttavia, la norma veda la luce al più presto e che sia effettivamente in grado di fornire un ulteriore stimolo alle filiere non ogm, oltre che rappresentare un effettiva garanzia per i consumatori italiani che hanno già espresso una assolutà contrarietà al transgenico. Sulla base dei risultati dell’ultima indagine annuale Coldiretti-Swg "Le opinioni di italiani e europei sull’alimentazione”, risulta, infatti, che il 72 per cento dei cittadini italiani che esprimono una opinione ritiene che i prodotti alimentari contenenti Organismi geneticamente Modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali.

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