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Varato il Piano nazionale sulla biodiversità, fondi per 2 milioni di euro

Le imprese agricole, sempre di più, sono chiamate a lavorare per il mantenimento della biodiversità. E’ quanto si deduce dal Piano Nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo, pubblicato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

La diversità biologica in agricoltura rappresenta un sottoinsieme della diversità biologica generale e si esprime in termini di varietà e razze locali di interesse agricolo, zootecnico e forestale. La normativa vigente in materia, nel predisporre misure di tutela e valorizzazione, distingue il concetto di varietà locale, che appare strettamente legato al territorio di origine (bioterritorio), inteso come luogo in cui le varietà locali si sono adattate e caratterizzate nel tempo grazie all’azione degli agricoltori locali, e quello di varietà da conservazione, intendendo quelle a rischio di estinzione.

Come sottolinea il Piano, la conservazione delle varietà locali non è realizzabile se non nel bioterritorio, con le tecniche agronomiche dettate dalla tradizione rurale locale, in un rapporto strettissimo e di dipendenza reciproca tra chi effettua la conservazione “ex situ” (banche del germoplasma) e chi effettua la conservazione “in situ” (coltivatori custodi). La possibilità reale di recupero e di reintroduzione nel bioterritorio o zona tradizionale di coltivazione, inoltre, deve essere necessariamente legata a politiche di valorizzazione delle produzioni dei coltivatori custodi e al sostegno che essi possono ricevere per continuare l’attività di coltivazione delle varietà locali, soprattutto quelle a rischio di estinzione.

L’attuazione della normativa internazionale e comunitaria ha dato luogo, a livello nazionale, a numerose iniziative sia di carattere legislativo sia tecnico-scientifiche, che il Piano sulla biodiversità agricola ricostruisce in maniera ordinata, mettendo in risalto anche le importanti attività condotte a livello regionale.

Alcune Regioni, come la Campania, il Lazio, le Marche, il Piemonte, la Toscana, il Veneto e l’Umbria, hanno legiferato in materia di tutela delle risorse genetiche autoctone, anche con specifiche leggi ad hoc. Le iniziative condotte a livello locale, che si possono distinguere tra vegetali ed animali, hanno visto, quali fonti principali di finanziamento, quello esclusivamente o prevalentemente regionale e quello prevalentemente nazionale e derivante dai Piani di Sviluppo Rurale.

Il Piano, poi, conduce una rassegna dello stato dell’arte relativo alle risorse genetiche vegetali ed animali, evidenziandone i punti di forza e di debolezza. Inoltre, definisce l’obiettivo generale verso il quale convogliare tutte le risorse disponibili per la conservazione della diversità genetica agraria, ossia fornire risposte concrete alle problematiche emerse, al fine di introdurre un sistema nazionale di tutela della biodiversità agraria, capace di riportare sul territorio in modo efficace, gran parte della biodiversità scomparsa o a rischio di estinzione, a vantaggio della tutela dell’ambiente, di un’agricoltura sostenibile e dello sviluppo rurale. In questo modo il sistema può contribuire agli obblighi derivanti all’Italia dall’attuazione dei trattati internazionali.

Per quanto riguarda le azioni programmate dalle varie Regioni nel Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013, nella Misura 214 Pagamenti Agroambientali, sono previsti degli interventi specifici per la conservazione della biodiversità animale e vegetale, quali l’allevamento di razze animali locali in via di estinzione e la coltivazione di varietà locali autoctone anch’esse a rischio. Le Regioni e Province Autonome, dotate di una legge in materia di tutela delle biodiversità agraria e che hanno attivato il relativo registro o repertorio regionale, nel proprio PSR fanno esplicito riferimento ad esso per indicare le razze e le varietà locali oggetto di intervento. Inoltre alcune Regioni e Province Autonome (Marche, Toscana, Lazio, Liguria) hanno previsto l’utilizzazione del finanziamento PSR 2007-2013 per attivare le molteplici azioni previste dalla propria legge regionale (caratterizzazione, coltivatori custodi, banche del germoplasma, eccetera).

Il Piano, infine, individua le iniziative prioritarie a livello nazionale da attuarsi in un periodo medio-breve, tra cui si segnalano la definizione degli standard qualitativi di riferimento, di rischio di estinzione o di erosione genetica e l’individuazione di descrittori comuni; l’individuazione, la valutazione e la sperimentazione di sistemi di conservazione “in situ” delle varietà locali (reti locali di agricoltori) e la definizione di relative linee guida nazionali condivise; la definizione di una metodologia comune per l’individuazione e la caratterizzazione delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario al fine di permettere il confronto dei dati e dei risultati di caratterizzazione e conservazione delle varietà o popolazioni-razze autoctone che consenta di uniformare le diverse terminologie utilizzate a livello locale e gli strumenti utilizzati; la definizione di linee guida generali e condivise per la valorizzazione delle varietà locali e la reintroduzione ove possibile, sul territorio, soprattutto di quelle a rischio di estinzione; azioni di comunicazione al fine di promuovere la conoscenza delle risorse genetiche e di attivare delle sinergie tra i diversi territori coinvolti.

Per la realizzazione delle azioni di supporto, il cui costo può essere stimato in 2 milioni di euro all’anno, per il primo triennio, verranno stanziate specifiche risorse nell’ambito dei finanziamenti previsti per i piani di settore.

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