Zootecnia biologica, ecco le linee guida per l’applicazione delle norme Ue
Una guida per consentire alle imprese zootecniche biologiche di interpretare correttamente il regolamento adottando le giuste prassi di allevamento. A predisporla è stato il Centro per la Produzione della Carne e il Miglioramento genetico di Monterotondo. Il documento punta a facilitare la lettura per il Regolamento di esecuzione (Ue) N. 505/2012 della Commissione del 14 giugno 2012 che modifica e rettifica il regolamento (Ce) n. 889/2008 recante modalità di applicazione del regolamento (Ce) n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti bio, per quanto riguarda produzione, etichettatura e i controlli. In particolare, tale guida, disponibile alla pagina Internet: http://www.ambienteterritorio.coldiretti.it/tematiche/Ogm/Documents/guida.pdf, riguarda l’interpretazione di alcuni articoli dei regolamenti Ue n. 889/2008 e 505/2012 per facilitarne la comprensione, soprattutto in merito all’uso di alimenti per animali e all’etichettatura dei mangimi. La zootecnia biologica è cresciuta nel nostro paese nell’arco di 10 anni. Nel settore zootecnico, nonostante alcune differenze tra le diverse specie, si è assistito ad un tendenziale aumento del numero di capi allevati con metodo biologico. Confrontando i dati del Sinab dal 2001 ad oggi, si registra un aumento del numero di capi per tutte le specie ad eccezione dei bovini che da 330.700 si sono ridotti a 193.675. Anche i consumi in Italia rispetto al paniere “prodotti biologici” di origine zootecnica evidenziano una quota rilevante di acquisti di latte e prodotti derivati e di uova, mentre stenta a decollare la domanda di carne biologica. Secondo un’interessante pubblicazione “Organic Meat Production and Processing”, tra i cui curatori si segnala Ellen Van Loo, del Dipartimento di economia agraria dell’Università di Gent, in Belgio e Sergio Ghidini dell’Università di Parma, in Europa occidentale la carne rappresenta il 13% del mercato dei prodotti agro-alimentare di origine biologica. La vendita di polli, braciole e fettine bio costituisce, però, una percentuale molto contenuta del mercato delle carni: appena il 2%. I consumatori che si orientano verso tale prodotto sono soprattutto donne con bambini con un buon livello di istruzione e un reddito discreto, che non accettano, sul piano etico, sistemi di allevamento intensivi e desiderano alimenti ottenuti con processi rispettosi il più possibile dell’ambiente e del benessere animale. Tuttavia, rispetto ai parametri di sicurezza alimentare il libro parla chiaro: i prodotti convenzionali e quelli biologici sono sottoposti alle stesse normative sotto questo profilo. Pertanto, entrambe le tipologie di alimenti sono assolutamente sicure sotto il profilo igienico sanitario. Un aspetto, però, va evidenziato: le carni trasformate biologiche (ad es. insaccati e salumi) sono prive, per legge, di nitriti un conservante che viene invece impiegato nella trasformazione di carni convenzionali. Anche rispetto ad una presunta superiorità del valore nutrizionale e organolettico delle carni biologiche rispetto a quelle convenzionali, studi definitivi ed approfonditi non ce ne sono. Nel libro, però, sono citati due ricercatori dell’Università di Varsavia che riportano alcuni risultati interessanti. Le carni bio risultano meno grasse (e, dunque, meno caloriche) rispetto alle altre e il profilo di grassi (alto tenore di acidi grassi insaturi e basso tenore di acidi grassi saturi) é particolarmente benefico per la salute. L’analisi di carcasse di animali allevati con metodi biologici, inoltre, ha evidenziato un maggior contenuto di grasso intramuscolare, condizione che potrebbe essere associata a un sapore migliore. |
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