Flavia Amato, quando l’agricoltura sposa la moda
Dai tessuti al tessuto sociale. Dalla lavorazione di fibre super naturali alle passerelle dell’alta moda. Quando il prodotto della terra sposa la creatività e l’eleganza. Un sogno che diventa realtà. Ma non è stato facile. E’ infatti un percorso complesso ed entusiasmante quello di Flavia Amato, titolare dell’aziende Malìa Lab (vestiti fibre ecologiche), imprenditrice di Donne Coldiretti. La sua è una storia comune a tanti ragazzi del Sud. Viene dalla Calabria dove i giovani ripetono il solito mantra: non c’è niente, bisogna andare fuori. “E anch’io – dice – ho seguito l’onda. Mi sono trasferita nelle Marche dove ho frequentato l’accademia delle belle arti e la scuola da modellista. Poi il lavoro nel settore dell’abbigliamento come terzista della moda”. Un settore che l’ha affascinata, ma poi nel tempo ne ha scoperto anche il lato oscuro. Ed è stato un duro colpo verificare che nei capi marcati made in Italy troppo spesso di italiano c’è pochissimo, quasi nulla. Quel maledetto codice doganale, croce anche della produzione agricola, che consente a un capo di fregiarsi del tricolore anche se di nazionale c’è solo un bottone. Da qui la decisione coraggiosa: “non voglio far parte di questo sistema e mi sono messa dalla parte del consumatore”. Una svolta professionale e di vita. E allora dal 2014 da Guardavalle Marina è partita la sfida: lavorare solo tessuti naturali e bio. In una parola tornare agli armadi delle nonne per realizzare abiti eterni. “Ma non è stato facile – afferma Flavia – trovare tessitori che lavorassero solo tessuti naturali. All’inizio sono riuscita a contattarne solo uno che è ancora il mio fornitore. ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Poi negli anni se ne sono aggiunti altri, ma pochissimi”. Eppure l’imprenditrice non riesce a capire perché nell’Italia, patria della moda, si siano perse le vecchie tradizioni. “In Calabria, per esempio, la regione da cui vengo e in cui svolgo l’attività, c’è una cultura incredibile della seta. La coltivazione del baco da seta era diffusissima, la regione è stata un grandissimo produttore”. E poi c’è la ginestra, anche questa una pianta molto presente nelle terre calabresi e assolutamente sostenibile. Mentre il cotone inquina la ginestra cresce spontanea, non costa e non richiede impiego di acqua. E dalla ginestra si ricava una fibra resistente tanto da essere stata utilizzata per le tute aerospaziali. E’ questa realtà che ha spinto Flavia a realizzare un brand che fa leva su filati che arrivano dalla terra e prendono forma in antichi telai, anche centenari. Una sostenibilità a 360 gradi, il vero valore aggiunto della linea Malìa. Non la sola realizzazione di capi, ma la personalizzazione degli abiti fatti su misura sia per rispondere al fisico che al carattere e alla psicologia di chi li indossa, ma anche per tagliare al massimo gli sprechi. Ogni capo viene realizzato solo dopo l’acquisto, attraverso un processo sartoriale curato nei minimi dettagli, che valorizza l’unicità del prodotto e riduce drasticamente sprechi e stock invenduti. Nel laboratorio non si butta niente e neppure negli armadi delle sue clienti, perché si tratta di creazioni che durano nel tempo. Come quelle delle signore di una volta. Dietro c’è anche il grande rispetto per le donne: non esistono fisici sbagliati – questa la filosofia della stilista – ma taglie sbagliate. Una concretezza e un amore per la natura che lega fortemente le creazioni di Flavia all’agricoltura. “Proponiamo solo filati di lana, lino, canapa e seta, bambù e alga che provengono dai nostri territori. Mettiamo in cantiere gli abiti in base alla disponibilità della materia prima. I cappotti sono di pura lana delle pecore di un’azienda della Calabria. Con Coldiretti facciamo rete, l’obiettivo è di valorizzare le potenzialità del territorio”. Una multifunzionalità declinata ai massimi livelli e con una importante ricaduta sociale. La lana, per esempio, da rifiuto diventa una risorsa preziosa. Il sogno? Una filiera tessile non solo tutta italiana, ma addirittura al 100% made in Calabria. La ginestra è alla base di un altro progetto innovativo. E’ una pianta che cresce sui terreni abbandonati. E’ una pianta officinale e può essere utilizzata in tanti modi. Certo richiede molto lavoro perché è legnosa e per arrivare al filato di alta qualità serve tanto impegno. Dopo la raccolta va messa a bagno nel fiume per ammorbidirla, poi si sfibra e richiede lunghe fasi di lavoro. Costa 600 euro al chilo ed è un vero oro mediterraneo. I prodotti sono costosi, uno scialle può arrivare a 200 euro. Ma si tratta di opere uniche. Flavia vende in Italia, ma anche all’estero. Ha clienti in Francia, Svizzera e Germania. Ma gli orizzonti si stanno allargando anche negli Stati Uniti. Il sogno si sta realizzando. Malia lab infatti è stata tra i protagonisti delle sfilate a Roma Fashion Show. La strada è lunga, ma i successi si vedono e coinvolgono tutti i protagonisti della filiera. La rete è il primo obiettivo. Vale per l’agricoltura, vale per la moda. Due settori destinati a incontri sempre più ravvicinati. |
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