Una filiera agricola tutta italiana anche per i fiori
La sintesi dell’ intervento del presidente di Coldiretti, Sergio Marini, ad Euroflora 2011. Finalmente anche nel florovivaismo Coldiretti parte con la filiera agricola tutta italiana. E’ un settore fondamentale per il settore agricolo e per l’intera economia del Made in Italy dove non mancano però le difficoltà soprattutto sul mercato interno. Il settore è in difficoltà da prima che iniziasse la crisi internazionale. I problemi sono tanti, a cominciare dai costi di produzione troppo alti (non siamo riusciti a trovare 20 milioni per le accise sul gasolio agricolo ma ne abbiamo trovati 150 sulla manodopera). Il problema dei costi è serio e continueremo a batterci per contenerli. Ma, soprattutto, c’è un vero problema di dumping. Mai come in questo settore il dumping si fa sentire! Non non siamo protezionisti. Siamo per il libero mercato; ma il libero mercato che c’è nel florovivaismo è esagerato e senza nessun tipo di controllo. Dumping sociale, ambientale, sanitario. C’è di tutto. Noi siamo dentro ad una regolamentazione molto rigida, mentre il resto del mondo fa quello che vuole. La Politica comunitaria non si è mai occupata di florovivaismo. I piani di sviluppo rurale (Psr) non hanno soddisfatto appieno le esigenze di un settore dove c’è un’elevata necessità di investimenti. Scarsa attenzione al verde pubblico da parte delle Pubbliche Amministrazioni che non sempre hanno capito che l’Italia crescerà nel futuro grazie al fatto che riesce a promuovere quello che di bello ha, la sua agricoltura, i suoi paesaggi, i suoi monumenti, il suo florovivaismo. Se entra in una città con tutte le aiuole disfatte, è evidente che ci puoi mettere anche il più bel monumento ma il turista non resta indifferente. Tutti questi problemi sono fondamentali e ce ne dovremo occupare molto più che in passato da qui in avanti. Ma il vero problema, quello serio, quello che ci farà chiudere le aziende se non ci mettiamo le mani è un altro: che stiamo accettando supinamente che il florovivaismo sia inteso come una commodity, che fonda la competitività sul minor costo. Questa è una partita a perdere in partenza! Non riusciremo mai a competere con i cinesi che fanno lavorare i carcerati a costo zero! Per non parlare della possibilità di utilizzare prodotti fitosanitari da noi vietati con l’inquinamento ambientale che ne deriva. Non saremo mai competitivi in questo modo! Se noi accettiamo – e se i consumatori accettano! – che il florovivaismo sia una commodity non c’è più niente da fare e trovare una soluzione a tutti i problemi che ho elencato prima non servirà assolutamente a niente. Il vero problema è far uscire il settore da questa logica perversa e perdente. E questo lo possiamo fare. Il nostro è il Paese della biodiversità, dei giardini più belli. E’ il Paese dei più bravi architetti del verde del mondo. E’ il Paese delle imprese più sostenibili, è il Paese del sole. Se non riusciamo a trasferire questi valori immateriali al prodotto, se non riusciamo a farli riconoscere al consumatore e a far capire che valgono non ci sarà nessun tipo di futuro possibile. Dobbiamo fare esattamente come abbiamo fatto nel vino: in quel settore, infatti, solo il 20 per cento è il valore effettivo del prodotto, il resto è comunicazione, marketing, immagine. Solo in certe cantine sociali il vino è rimasto una commodity e proprio per questo ci pagano poco le uve. Il nostro obiettivo, quindi, è fare diventare il florovivaismo italiano qualcosa di unico e di esclusivo. La pianta che noi acquistiamo dura molto di più di un bicchiere di vino! A volte dura mesi…in certi casi perfino una vita e più. Per questo dobbiamo farla diventare qualcosa di unico ed esclusivo. Se riusciamo a caricarla di valori immateriali, paesaggio, storia, ambiente allora possiamo costruire un futuro. E’ un percorso lungo ma ce la possiamo fare. Ci siamo riusciti in altri segmenti dell’agroalimentare e lo possiamo fare anche nel florovivaismo. Questa è l’unica strada. E dentro a questo meccanismo si inserisce il nostro percorso di Filiera Agricola tutta Italiana. Quali sono i passi da compiere? Innanzi tutto affrontare e risolvere i problemi elencati sopra. Iniziamo, poi, a costruire un’immagine attorno ai fiori e alle piante italiane legate alla distintività, qualità, diversità dei nostri territori e diamo loro il marchio Campagna Amica. Utilizziamo il più potente strumento di comunicazione che abbiamo a disposizione: i nostri mercati di Campagna Amica. Ricordiamoci che siamo in un settore in cui la comunicazione è stata fatta poco e male fino ad ora. Iniziamo a comunicare in tutte le occasioni in cui incontriamo il consumatore, perché prima di conquistare i mercati internazionali dobbiamo pensare al mercato interno. Dobbiamo spiegare perché scegliere i fiori italiani, perché sono migliori: etica, sostenibilità, lavoro regolare, assenza di prodotti nocivi. Per tutto questo il fiore italiano è migliore degli altri. Ma non bastano i convegni, dobbiamo farlo persona per persona, con pazienza e buona volontà. Serve inoltre un’organizzazione. Dobbiamo superare l’egoismo che ha sempre contraddistinto questo comparto. Dobbiamo costituire una società di scopo per filiera all’interno di Consorzi Agrari d’Italia (CAI), se vogliamo conquistare i mercati stranieri e se vogliamo partecipare agli appalti. Coldiretti per tanto tempo ha pensato che questo potesse essere un settore in cui bastava essere bravi per farcela. Ma oggi, con la globalizzazione, non basta più. Torniamo ad occuparci di florovivaismo, come abbiamo fatto per altri settori! Un ultimo messaggio voglio lanciare: fra 30 anni in questo Paese ci sarà una grande agricoltura, un grande agroalimentare e un grande florovivaismo e non ci saranno più, invece, quelle multinazionali che cerchiamo di proteggere con i soldi pubblici. Non ci saranno più perché non hanno fatto una diversificazione vera. Perché hanno deciso di vendere commodity e di competere sui costi e competere sui costi in questo Paese è impossibile, a meno che non vogliamo diventare più poveri! Ma visto che non siamo disposti a farlo, allora dobbiamo competere sulla diversità, sulla genialità, sulla capacità di fare qualità e di fare sistema. In questo l’Italia ha sempre vinto e così vincerà nel florovivaismo, dove c’è una classe imprenditoriale che tutto il mondo ci può invidiare. E su questo percorso d’ora in poi ci sarà soprattutto la Coldiretti. |
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