Coldiretti, il vino dà lavoro a 1,2 milioni di persone
Con un aumento del 50 per cento in dieci anni nel settore del vino Made in Italy trovano oggi opportunità di lavoro 1,2 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse e di servizio, con ogni grappolo raccolto in campagna che è in grado di attivare ben 18 diversi settori. E’ quanto è emerso da uno studio della Coldiretti elaborato in occasione del Vinitaly per il convegno realizzato insieme a Città del Vino “I mestieri del vino tra tecnologia, tradizione, territorio e salute” con il Presidente della Coldiretti Sergio Marini e il Ministro della Salute Ferruccio Fazio. A crescere in modo esponenziale sono state le attività indotte che si sono estese negli ambiti piu’ diversi: dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall’enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall’editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione (vinacce e raspi) che potenzialmente possono offrire da 2,4 a 3,2 milioni di tonnellate di biomasse ogni anno. Per effetto della rivoluzione che è avvenuta nel mondo del vino negli ultimi 5 anni è raddoppiata la domanda di formazione con ben 20 corsi di laurea su viticoltura, enologia, enogastronomia, alimentazione attivi nelle Università mentre post laurea sono attivi 449 corsi sul tema vino, di cui 212 specifici sull’enologia e 75 per i sommelier. Sono sempre di piu’ i giovani italiani che per i propri studi scelgono le piu’ importanti scuole enologiche del Belpaese – da San Michele all’Adige ad Alba, da Conegliano Valdobbiadene agli istituti agrari di Roma, Siena, Ascoli Piceno e Bolzano – dove, negli ultimi 5 anni, le iscrizioni fanno registrare una tendenza in forte crescita (nell’86 per cento dei casi) o comunque stabile (14 per cento), con oltre 650 studenti iscritti ai corsi di studi (80 per cento italiani, 20 per cento stranieri). A questi si aggiungono i corsi di specializzazione delle associazioni di settore tra le quali l’Associazione Italiana Sommelier (AIS) che svolge 5.000 corsi ogni anno e oggi si contano 32mila sommelier tra appassionati e professionisti impegnati nella ristorazione. In Italia ci sono 250mila aziende agricole con vigneti che offrono occupazione a circa 200mila lavoratori dipendenti, dei quali 20mila extracomunitari: nel solo distretto di Montalcino lavorano immigrati di 44 diverse nazionalità. Di queste ben 21.600 aziende agricole vendono direttamente il proprio vino ai consumatori mentre le altre lo cedono alle 35mila aziende imbottigliatrici presenti in Italia che impiegano operai, agronomi, enologi, responsabili di marketing, informatici e wine manager. Un contributo importante all’occupazione del vino proviene dai comparti collegati degli accessori che nel nostro Paese genera un giro di affari di 2,6 miliardi di euro con l’Italia che è il primo utilizzatore di tappi di sughero (1,5 miliardi di pezzi), ma l’effetto traino riguarda anche etichette, bottiglie, cavatappi, decanter, sciabole, grembiuli, ecc.. Sono però le attività legate all’indotto meno tradizionali ad avere avuto una vera esplosione negli ultimi dieci anni con la nascita del fenomeno dell’enoturismo che ha realizzato nel 2009 un fatturato di 1,8 miliardi di euro “muovendo” sei milioni di turisti con un incremento del 20%, anche grazie a 150 strade del vino e oltre 500 città del vino. In grande espansione è anche l’industria della cosmetica e del benessere con il moltiplicarsi di centri di vinoterapia e l’arrivo di nuovi e curiosi prodotti per la cura del corpo, dal sapone al Sagrantino alla crema di bellezza alla Barbera fino al dopobarba all’Amarone. La capacità di individuare esperienze imprenditoriali creative che valorizzano lo storico legame del vino con il territorio e la tradizione sembra essere la ricetta del successo di molte attività correlate come dimostrano alcuni degli esempi esposti dalla Coldiretti al Vinitaly: dalla piu’ piccola Doc d’Italia alla bottiglia in pietra lavica per il Lacrima Christi del Vesuvio, dalle gelatine di Chianti al vino che cambia con il segno zodiacale fino a quello biodinamico che si può gustare solo dopo dieci anni dalla vendemmia. La crescita del settore del vino ha spinto l’editoria di settore con la nascita di riviste specializzate e di guide, ma anche di siti web dedicati mentre è letteralmente esplosa la spesa in pubblicità negli ultimi dieci anni che è stimata su una percentuale del 4-5 per cento del fatturato, con il fiorire di opportunità di lavoro anche per agenzie, creativi, fotografi e modelle. Il vino sta però anche diventando la nuova frontiera di investimento finanziario gettando le basi per la creazione di nuove figure professionali. Sono nati i primi fondi di investimento specializzati nel settore del vino a sostegno di progetti innovativi (in Canada: FCC Ventures; in Usa: Dakota Ventures; ecc.) e uno studio dell’American Association Wine Economists ha dimostrato, attraverso la costruzione sperimentale di un nuovo indice “General wine index”, che diversificare il portafoglio di investimento con titoli su vini pregiati permette di aumentare la redditività. Secondo uno studio di MedioBanca in dieci anni investire nelle società del settore vinicolo quotate in borsa ha consentito di raddoppiare il capitale a fronte di una media modesta di rendimento del 5% dei listini internazionali. “Come lo era durante la fase di crescita economica, il vino rappresenta l’unico modello da replicare anche in una situazione di crisi della quale, nonostante le difficoltà, il vitivinicolo Made in Italy risente meno di quello di altri Paesi e meno degli altri settori produttivi in Italia, perchè esprime i valori dell’identità e del legame con il territorio che nel mercato globale sono vincenti rispetto all’omologazione”. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare “la dinamicità di un settore che grazie alla crescita economica ed occupazionale è una risorsa per l’intero Made in Italy per il quale svolge una funzione da traino sui mercati nazionale ed internazionale”. Nel corso del convegno si è anche discusso della necessità di dinstinguere il consumo di vino da quello degli altri alcolici. “Bere due bicchieri di vino non e’ come fare binge drinking” ha dichiarato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio. E proprio per valorizzare il consumo di consapevole di vino rispetto ad altri fenomeni negativi, è stato annunciata, all’interno del programma Cittadinanza e Costituzione nelle scuole, l’ora di educazione alimentare nelle scuole, anche sul tema del consumo consapevole di vino. “I problemi dietro gli incidenti stradali sono tanti, dall’abuso di farmaci alla distrazione – ha dichiarato Fazio davanti agli imprenditori della Coldiretti -. In generale bere due o tre bicchieri di gradazione 12/13 consente di andare in trattoria e riprendere poi l’automobile”. Una posizione espressa anche dal ministro alle Politiche Agricole, Luca Zaia, il quale ha invitato a bere “due bicchieri di vino e stare tranquilli. Mettetevi l’anima in pace perche’ il 98 per cento degli incidenti stradali non sono causati dallo stato di ebbrezza ma da tutte le altre cose che nessuno ha il coraggio di affrontare”. “Contribuire a diffondere la cultura mediterranea del bere il vino in modo responsabile e durante i pasti è fondamentale per combattere – ha sottolineato il presidente di Coldiretti, Sergio Marini nel corso del convegno – altri modelli scorretti che negli adolescenti sono spesso provocati dal consumo di bevande alcoliche mascherate da bibite alla frutta”. |
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