il Punto Coldiretti

Rivolta di Rosarno, nei campi oltre 90mila immigrati regolari

Nelle campagne italiane lavorano regolarmente circa 90mila immigrati extracomunitari, dei quali circa 15mila con contratti a tempo indeterminato, che contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in occasione dei drammatici fatti di Rosarno dalla quale si evidenzia peraltro che, con circa il 10 per cento di extracomunitari sul totale dei lavoratori agricoli, la presenza di immigrati è una componente strutturale dell’agroalimentare Made in Italy.

Gli extracomunitari impegnati nei campi italiani secondo gli archivi Inps appartengono a 155 diverse nazionalità e sono molti i "distretti agricoli" dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale  come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti in Lombardia dove a svolgere l’attività di “bergamini” sono soprattutto gli indiani.

Sono circa 30mila le aziende agricole italiane che assumono lavoratori extracomunitari con albanesi, indiani, marocchini, tunisini, macedoni che sono le principali nazionalità dei lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura dove prevalgono i rapporti di lavoro stagionali per le caratteristiche proprie del lavoro nei campi legato ai tempi di raccolta delle produzioni.

Ma le vicende di Rosarno hanno anche contribuito ancora una volta ad alzare il velo sul fenomeno delle speculazioni, in particolare nel caso delle arance, per la cui raccolta vengono impiegati proprio i lavoratori extracomunitari.

Le arance sono pagate in media 27 centesimi al chilo nelle campagne, in calo rispetto allo scorso anno e al di sotto dei costi di produzione, ma il prezzo moltiplica fino a 1,55 euro al chilo sul banco dei consumatori con ricarichi del 474 per cento dal campo alla tavola. Se poi si guarda alla arance destinate  alla produzione di succo la situazione è ancora più grave poiché vengono pagate appena 3-4 centesimi al chilo anche perché manca l’obbligo di indicare l’origine nel succo nelle bevande e viene “spacciato” come Made in Italy quello importato dal Brasile o dalla Florida. 

Con una produzione che quest’anno è stimata pari a 2,3 milioni di tonnellate, il compenso riconosciuto agli agricoltori è insostenibile a causa delle distorsioni e delle speculazioni lungo la filiera che hanno portato alla scomparsa  in Italia di oltre il 42 per cento di terreno coltivato ad agrumi negli ultimi dieci anni con la chiusura delle imprese agricole, la perdita di opportunità lavoro e di sviluppo del territorio.

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