Suino padano verso la Igp dopo il no dell’Europa alla Dop
La Commissione Europea ha recentemente dato il proprio parere contrario alla Dop “Gran Suino Padano”, che da settembre 2005 godeva a livello nazionale della Protezione transitoria a da dicembre 2007 aveva anche un proprio Consorzio di tutela. Le motivazioni riguardano diversi aspetti, due dei quali rivestono una particolare importanza. Il primo problema sta nel nome, che la Commissione ritiene essere di fantasia e non un radicato nella tradizione. In effetti, nelle intenzioni dei proponenti il termine “Gran” voleva sostituire la parola “Pesante”, considerata portatrice di un messaggio negativo. Il secondo problema è che, a seguito dell’emanazione dei due nuovi Regolamenti europei (510/2006 e 1898/2006), la concessione di nuove Dop a prodotti di origine animale presuppone l’esistenza di un controllo capillare sulla provenienza degli alimenti somministrati agli animali stessi. Non potendo rinunciare alla strategia di differenziazione della suinicoltura italiana e della sua valorizzazione attraverso marchi ufficiali, la strada da percorrere ora con rinnovato impegno è quella di riproporre un disciplinare che, pur costituendo una Igp, ricalchi quello del Gran Suino Padano. Il nuovo disciplinare della carne suina Igp dovrà naturalmente includere la delimitazione della zona d’origine dei suini pesanti, dovrà avere un nome tradizionale e dovrà precisare meglio alcuni punti oggetto di critica da parte della Commissione. Allo stesso tempo, occorre trovare un modo per valorizzare tutta la carne suina italiana proveniente da animali allevati secondo i disciplinari dei prodotti Dop, quindi sotto stretto controllo e in un regime di massima rintracciabilità. Nel nostro Paese la gran parte della produzione di suini è composta da animali che vengono macellati ad un peso molto superiore a quello adottato nel resto del mondo (160-180 Kg contro 95-115 Kg di peso vivo). Questo perché chi lavora la carne ha bisogno, per fare i prodotti tipici nazionali, di carni mature e dotate di una buona copertura adiposa. Non tutta la carcassa dei nostri suini viene però destinata alla trasformazione salumiera: i lombi ad esempio, tipicamente destinati al consumo fresco, sono in diretta competizione con il prodotto nord europeo, che deriva da soggetti più giovani ed è allevato con costi di produzione inferiori. E’ quindi necessario trovare un modo di qualificare i tagli non usati dall’industria affinché, attraverso la valorizzazione dei lombi nazionali, i maggiori costi di produzione del suino pesante possano ripartirsi senza gravare esclusivamente sui tagli “nobili” e in particolare sulle cosce. |
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