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Fondi strutturali per il Sud, prorogato il termine per chiudere la spesa

Nell’ambito del piano europeo di rilancio dell’economia, la Commissione Europea ha proposto lo slittamento dal 31 dicembre 2008 al 30 giugno 2009 la chiusura delle spese del periodo 2000-2006 dei fondi strutturali.

La proposta è stata illustrata dal Commissario Europeo delle politiche regionali Danuta Hubner, spiegando che gli Stati membri che ne faranno richiesta potranno prorogare al 30 giugno 2009 la chiusura delle spese dei fondi strutturali. La proposta dovrà essere approvata dal prossimo Consiglio europeo  dell’11 e 12 dicembre.

La regola finanziaria generale, denominata comunemente N+2, prevede infatti l’obbligo di spendere le risorse entro due anni dal momento in cui sono state impegnate sul bilancio comunitario. Per l’Italia la misura permetterà, se approvata, di recuperare complessivamente 2,5 miliardi di Fondi Ue che sarebbero ritornati a Bruxelles perché non spesi nei termini. Se si aggiunge il cofinanziamento nazionale, l’ammontare delle risorse che si potranno recuperare  raddoppierà a 5 miliardi di euro.

La Commissione prevede inoltre la concessione di maggiore liquidità a favore degli Stati membri sul periodo di programmazione 2007/2013. Anche in questo caso l’Italia riceverà circa 700 milioni di euro aggiuntivi che porteranno gli anticipi sul periodo 2007-2009 a oltre due miliardi di euro. I maggiori anticipi potranno essere utilizzati per i pagamenti dei progetti in corso, velocizzando così la spesa.

La proroga interesserà per il settore agricolo:
• la parte di programmazione dello sviluppo rurale del periodo 2000-2006  attuata nelle regioni obiettivo 1 (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, Molise in regime transitorio) attraverso lo strumento del Piano operativo regionale  e finanziato dal fondo strutturale Feoga-Orientamento;
• tutta la programmazione dell’iniziativa comunitaria Leader + del periodo 2000-2006, in quanto esclusivamente finanziata del fondo Feoga-Orientamento.

La proroga nasce all’interno del pacchetto di interventi per il rilancio dell’economia comunitaria approvato dalla Commissione Europea il 26 novembre, su proposta del Presidente della Commissione Josè Manuel Barroso e che sarà all’esame del Consiglio europeo per l’approvazione definitiva l’11 e 12 dicembre. Il piano ha un valore di 200 miliardi di euro, pari all’1,5% del Pil dei 27 Paesi dell’Unione.

La proposta prevede un contributo dell’1,2% (170 miliardi) a carico dei bilanci dei 27 stati membri dell’Ue e un contributo dello 0,3% (30 miliardi) a carico dei bilanci comunitari e della Banca europea per gli investimenti. Ogni Paese, dunque, dovrebbe dare il suo contributo a seconda della propria situazione economica e sul fronte delle finanze pubbliche, secondo Barroso, si tratta di "una risposta senza precedenti contro una crisi senza precedenti" e di interventi in grado di restituire la fiducia dei cittadini.

Il piano di ripresa è imperniato su due elementi principali, che si rafforzano a vicenda:
• misure a breve termine per rilanciare la domanda, salvare posti di lavoro e contribuire a far rinascere la fiducia;
• "investimenti intelligenti" per garantire una maggiore crescita e una prosperità sostenibile a lungo termine.

Il piano della Commissione Europea invita gli Stati membri a coinvolgere le parti sociali nella costruzione delle politiche di rilancio dell’economia. Nel richiamare l’attenzione dei Paesi membri alle nuove opportunità derivanti dalla trasformazione in atto nella struttura economica europea verso un’economia a bassa emissione di carbonio, la Commissione cita la Pac come esempio positivo. Infatti la recente decisione sull’Health check, tramite la modulazione aggiuntiva, ha impegnato 3 miliardi di euro per investimenti rispettosi del clima a favore dello sviluppo rurale.

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