il Punto Coldiretti

Vino senza… vino, arriva il pericolo dealcolizzazione

Dopo l’apertura dell’Europa ai “miscugli” ottenuti da vini provenienti da diversi Paesi Ue e la possibilità di etichettare con la dicitura generica “vino comunitario” il vino senza uno specifico legame territoriale (magari importato a basso costo), c’è un nuovo pericolo per i vini italiani di qualità. In sede Ue si sta discutendo la proposta di introdurre la dealcolizzazione parziale del vino, cioè quella pratica di cantina che sottrae parte dell’alcol di fermentazione.

Per attuarla verrebbero impiegate tecnologie che intervengono in maniera massiccia sulla natura del vino (come la colonna a cono rotativo o particolari membrane osmotiche), che potrebbero essere utilizzate anche per modificare illegalmente parametri non ottimali. Nessuna indicazione viene data sul controllo degli eventuali usi dell’alcol residuo.

Ma poi il vino al quale è stato sottratto parte dell’alcol prodotto dalla naturale trasformazione degli zuccheri presenti nelle uve, potrà ancora essere definito vino? Sicuramente no, visto che la nuova Ocm, nel fissare le norme per l’autorizzazione di nuove pratiche enologiche, si riferisce a quelle che permettono “di preservare le caratteristiche naturali ed essenziali del vino senza causare modifiche sostanziali” . Il prodotto ottenuto a seguito della eliminazione di una parte o tutto l’alcool potrebbe semmai essere classificato come “bevanda a base di vino” e non come vino dealcolato.

Nella sua battaglia in favore del valore di terroir del vino l’Italia è spalleggiata solo dalla Grecia e ha contro Francia e Spagna, dove questa pratica è stata autorizzata negli ultimi anni in modo sperimentale. Si tratta di una trattativa difficile, come hanno evidenziato gli stessi funzionari del Mipaaf che stanno seguendo il negoziato sui tavoli comunitari. La Coldiretti ritiene indispensabile non abbassare la guardia e sollecita un impegno ancora più forte a difesa di uno dei più importanti prodotti del Made in Italy di qualità.

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