il Punto Coldiretti

L’Ue boccia l’etichetta d’origine e tentenna sul pollo al cloro

Dopo aver proposto il via libera al pollo al cloro proveniente dagli Stati Uniti è particolarmente grave la decisione di deferire l’Italia alla Corte di giustizia europea per l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei polli e dei prodotti derivati entrato in vigore il 17 ottobre 2005 di fronte all’emergenza influenza aviaria, oltre che l’analoga scelta per il ciccolato.

La denuncia viene dalla Coldiretti nel sottolineare che ci sono le condizioni affinché l’Italia possa affrontare la procedura di infrazione perché esistono i motivi sanitari, di sicurezza alimentare e di trasparenza delle informazioni ai consumatori sufficienti per difendere l’etichetta di origine, ma anche per estenderla ad altri prodotti.
Un strada tracciata dalla stessa Commissione Europea che ha adottato le norme per l’etichettatura di origine della carne bovina a partire dal primo gennaio 2002 dopo l’emergenza mucca pazza, per l’indicazione della varietà, qualità e provenienza dell’ortofrutta fresca, il codice di identificazione delle uova a partire dal primo gennaio 2004 e il Paese di origine in cui è stato raccolto il miele dal primo agosto 2004 mentre a breve dovrebbe essere esteso a livello comunitario anche l’obbligo di indicare la provenienza delle olive impiegate nell’extravergine già adottato in Italia
Le disposizioni in materia di etichettatura dei polli rivestono un’importanza fondamentale, in quanto, garantendo la completa tracciabilità del prodotto, agevolano il sistema dei controlli e tutelano la salute dei consumatori ed il loro diritto alla corretta informazione, che si sostanzia nella trasparenza delle indicazioni riportate in etichetta.

Se il pollo trattato al cloro solleva perplessità sui rischi per l’ambiente e la salute sia per quanto riguarda possibili reazioni chimiche, variazioni del gusto, effetti tossici in caso di ingestione dei residui, così come il rischio di insorgenza di ceppi di batteri resistenti, il tentativo di fermare l’etichettatura di origine è un vero attentato alla trasparenza dell’informazione e alla libera scelta dei consumatori.
Ma pollo e cioccolato sono solo alcune delle battaglie per difendere le specialità alimentari nazionali in Europa dove ritardi e lacune normative si pongono spesso in contraddizione con l’esigenza di tutelare la qualità e la sicurezza alimentare.

Libera vendita in Europa di pasta fatta con grano tenero, formaggi ottenuti da latte in polvere, possibilità di chiamare vino anche quello con aggiunta di zucchero o addirittura ottenuto da frutta diversa dall’uva, le aperture alla commercializzazione di carne e latte provenienti da animali clonati e il mancato obbligo degli Stati membri ad intervenire d’ufficio di fronte a palesi falsificazioni di prodotti tipici come nel caso del Parmesan in Germania, sono altri preoccupanti capitoli aperti nei confronti dell’Unione Europea.

Dall’Unione Europea giungono segnali contraddittori, da una parte ad esempio sembra orientarsi ad estendere a livello comunitario l’obbligo di indicare l’origine delle olive impiegate nell’extravergine già in vigore in Italia, mentre dall’altra deferisce l’Italia alla Corte di Giustizia per norme sull’etichettatura trasparente come quella del pollame. Ecco le battaglie aperte per tutelare la qualità

VINO: L’approvazione della riforma di mercato del settore vitivinicolo ha recentemente autorizzato la pratica dello zuccheraggio ma anche la possibilità di chiamare vino anche quello ottenuto dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva. Una situazione – precisa la Coldiretti – aggravata dal via libera comunitario all’arrivo sul mercato di vini da tavola senza alcun legame territoriale che potranno riportare con grande evidenza in etichetta termini come Vernaccia, Prosecco, Aglianico, Sagrantino e Montepulciano, creando confusione con le prestigiose denominazioni di origine nazionali.

CLONAZIONE – L’Efsa ha dato un sostanziale via libera scientifico alla vendita di latte e carne provenienti da maiali e mucche clonate e dalla loro progenie in linea con quanto già deciso in via definitiva negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration (Fda) dal momento che non ci sarebbero differenze in termini di sicurezza per questi alimenti nonostante – segnala la Coldiretti – morti e malattie negli animali clonati siano significativamente piu’ alti di quelli degli altri animali.

PARMESAN – La Corte di Giustizia europea ha riconosciuto che non si può usare il termine Parmesan per imitazioni del Parmigiano Reggiano anche se non ha condannato la Germania in quanto uno Stato Membro secondo la Corte non è tenuto ad intervenire d’ufficio per la protezione della denominazione. Il mancato obbligo degli Stati ad intervenire d’ufficio per il rispetto di una denominazioni potrebbe danneggiare soprattutto le denominazioni meno famose e piu’ piccole che per motivi di costo non dispongono di una rete di controllori a livello comunitario.

PASTA DI GRANO TENERO – Mentre la legge italiana impone l’uso esclusivo di grano duro, la legislazione dell’Unione europea – ricorda la Coldiretti – consente anche l’utilizzo di grano tenero.

FORMAGGI DI LATTE IN POLVERE – L’Unione Europea consente la produzione di formaggi con latte in polvere che invece l’Italia continua giustamente a vietare.

QUALITA’ ORTOFRUTTA – L’Unione Europea propone la riduzione del numero di prodotti regolamentati dalle norme di commercializzazione per l’ortofrutta con l’effetto di una disomogeneità del prodotto in vendita sugli scaffali e l’impossibilità per i cittadini di confrontare i prezzi, diminuendo ulteriormente la trasparenza del mercato.

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