il Punto Coldiretti

Alimentare: in Italia è sempre più forte la grande distribuzione

Cresce il numero dei prodotti agroalimentari che vengono acquistati dagli italiani presso la grande distribuzione alimentare, con alcune referenze che sfiorano il 100%, avvicinando il mercato italiano alle realtà del nordeuropee.

Questa è la tendenza che emerge da uno studio della Coldiretti, basato sui dati 2008 Ismea/Nielsen che evidenzia come sul nostro mercato – pur rimanendo ancora sostanzialmente ricco delle forme di commercializzazione tradizionali (come piccoli negozi a gestione familiare, mercati rionali, ambulanti) – per alcune tipologie di prodotti sia ormai quasi totalizzante la presenza della grande distribuzione. In particolare per pasta, riso, sostitutivi del pane, dolci, oli di semi, latte, yogurt, burro, bevande, alcolici e surgelati, la percentuale in volume che gli italiani acquistano presso la Gdo è superiore al 90% mentre sono ormai prossimi a questo valore salumi (88,2%), formaggi (84,1%), uova (80,8%) vini e spumanti (78,7%).

Tra i prodotti che sembrano resistere, ci sono quelli ittici (53,9%), l’olio di oliva (56,3%) e il pane (58,5%), ma lottano ancora gli ortaggi (62,6%) e la frutta (60,1%). La carne si colloca in posizione intermedia (70,9%).

Il dato sorprendente è però quello relativo alla suddivisione dei diversi canali per valore e soprattutto al confronto tra peso in volume e peso in valore. Ci si poteva attendere che il Discount fosse la forma con i prezzi più bassi, con una differenza tra il peso percentuale in volume e in valore sempre a favore dei volumi e con le voci per cui è più marcata questa differenza per prodotti che, notoriamente, in questo canale non brillano  per qualità (totale alcolici, vino+spumanti e yogurt).

Ma il dato di Iper e Super non va nella direzione che si poteva pensare. Infatti il peso in volume risulta sempre inferiore al peso in valore (fanno eccezione carne, latte e ittici per gli Ipermercati e pane, carne e ittici per Supermercati), portando a pensare che o la qualità dei prodotti di questi canali è superiore alla media o il prezzo non è poi così conveniente oppure c’è un mix variabile di queste due situazioni. Sembrerebbe che gli Iper utilizzino il latte come prodotto “civetta”, i Super invece il pane. Sulla carne e sugli ittici vi è forse la proposta di un prezzo più conveniente, non potendo reggere la qualità di macellerie e pescherie.

Nel caso del dettaglio di tipo tradizionale, la situazione è meno netta, con un maggiore equilibrio tra i casi di prodotti con peso a volume maggiore del peso a valore e viceversa (12 a 9). Gli spaccati più interessanti sono proprio quelli della carne e dell’ittico, dove il peso a valore è superiore del peso a volume rispettivamente del 3,6 e del 2,6%, quasi certamente per il più elevato livello qualitativo del prodotto di macellerie e pescherie.

L’altra faccia della medaglia è il minor peso in valore dei prodotti ortofrutticoli (-2,7% e -1,5%) rispetto al peso in volume. Posto che il fruttivendolo tradizionale ha mediamente un prodotto di qualità superiore alla Gdo, superiore per pezzatura, grado di maturazione, freschezza, probabilmente la differenza è fatta dagli imballaggi e dalle confezioni. Certo è che nel canale tradizionale il numero di passaggi è sicuramente maggiore; bisogna anche vedere però quanto incide il passaggio Gdo sul prezzo finale (pochi ma buoni diceva qualcuno!).

Interessante è tutto ciò che si cela dietro la voce Altri, dove troviamo gli ambulanti, i mercati rionali, la vendita per corrispondenza ed altro ancora. Nel caso dell’olio di oliva, il peso del canale Altri, in valore, è inferiore al peso in volume dell’1,8%. Per ortaggi e frutta, il dato  è soprattutto relativo agli ambulanti, e mostra una differenza tra peso in valore e volume del -4,6% per gli ortaggi e del -2,2% per la frutta a favore del volume. Nel caso del vino la differenza tra valore e volume è negativa e pari al 3,4%.

Come emerge da quanto detto fin qui, l’analisi è importante e andrebbe ulteriormente segmentata.
Le considerazioni che ci sentiamo di fare, ovviamente limitatamente al mercato nazionale (non si nota tratta qui di quella parte fondamentale rappresentata dall’export) sono almeno tre, con una chiosa finale.

1. La grande distribuzione è sempre più padrona del mercato italiano anche se, su alcuni prodotti, c’è ancora margine di manovra.

2. Non è detto che i prezzi della Gdo siano poi così convenienti; quanto meno si deve valutare caso per caso, nonostante i passaggi siano molto ridotti di numero.

3. Trovare un punto di incontro con la Gdo diventa sempre più importante, vista la percentuale di prodotto gestita, ma le condizioni devono essere più equilibrate di quelle da Medioevo imposte nei contratti attuali.

Coldiretti ha l’ambizione di credere che la fotografia del mercato italiano dell’agroalimentare registrerà nel 2009 un  nuovo soggetto rappresentato dalla voce vendite dirette-mercati di Campagna Amica delle imprese e delle strutture aggregate aderenti. Un soggetto giovane, che deve crescere e che, erodendo qualche punto percentuale al peso in volume degli altri canali (senza pensare di poterli eliminare), ha l’obiettivo di ridefinire i rapporti di forza nella filiera, ridare una giusta marginalità alle imprese agricole, senza aumentare il valore prelevato dalle tasche dei consumatori.

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