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Biostimolanti, servono norme e garanzie per gli agricoltori

I biostimolanti sono oggetto di ricerca in Italia da più di 10 anni. L’interesse che sta sollevando questo nuovo comparto dei mezzi di produzione è dovuto al fatto che il cambiamento climatico sta portando nuove problematiche per quanto riguarda la difesa fitosanitaria delle piante e la fertilizzazione del suolo associate all’esigenza di ridurre l’impatto ambientale dei processi di produzione in agricoltura.

La chimica verde è, quindi, oggi, un settore a cui l’agricoltura guarda con grande attenzione e dalla quale si attendono soluzioni innovative ad elevato indice di sostenibilità rispetto ai problemi inerenti le colture. Tuttavia, proprio perché si tratta di prodotti di origine naturale, questi richiedono un approccio del tutto diverso da parte dell’agricoltore che non potrà più contare su una singola sostanza per ottenere una buona crescita della coltura ma dovrà mette in atto, con l’aiuto della consulenza agronomica, un approccio integrato e multidisciplinare per ottenere il raccolto atteso.

La ricerca nel settore dei biostimolanti, come spesso accade in agricoltura, è andata avanti più rapidamente del legislatore per cui, oggi, si dovrà rimettere mano al d.lgs. 75/2010 anche sulla base del nuovo regolamento comunitario sui fertilizzanti ormai quasi giunto al termine della sua approvazione, al fine di disciplinare con maggiore compiutezza tale tipologia di prodotti.

Attualmente, il d.lgs. 75/2010 prevede che le proprietà biostimolanti siano dichiarabili solo per i prodotti elencati in allegato al provvedimento che sono solo una decina (idrolizzato proteico di erba medica, epitelio animale idrolizzato solido o liquido, estratto solido di erba medica alghe Ascophyllum nodosum e melasso, estratto acido di alghe della Famiglia «Fucales» , inoculo di funghi micorrizici, idrolizzato enzimatico di Fabaceae, filtrato di crema d’alghe, soluzione di filtrato di crema d’alghe, estratto umico di leonardite, Estratto fluido azotato a base di alga Macrocystis Integrifolia) in quanto la poca chiarezza della legislazione in materia non sta incentivando le società produttrici a registrare nuovi prodotti.

Per i biostimolanti, la normativa vigente prevede che sia obbligatorio descrivere in etichetta dosi di impiego e modalità d’uso. L’attività biostimolante non deve derivare dall’addizione di sostanze ad azione fitormonale al prodotto. Salvo l’approvazione da parte del Gruppo di lavoro per la protezione delle piante – Sezione fertilizzanti, istituito presso il Mipaaft, non è consentito dichiarare proprietà biostimolanti alle miscele dei prodotti autorizzati con altri fertilizzanti.

Cosa sono i biostimolanti?

Ci sono esempi tangibili dei benefici arrecati alle colture da alcuni dei biostimolanti attualmente in commercio. Il prodotto ammesso in agricoltura biologica a base di estratti algali da Ascophyllum nodosum, alga oceanica raccolta sulle coste irlandesi e ricca di una molteplicità di fattori nutrizionali ad alto grado di purezza, ha dato, ad esempio, ottimi risultati sulla vite consentendo l’ottenimento di acini più turgidi e densi a comporre grappoli ad elevato contenuto zuccherino, di antociani e polifenoli, come ha evidenziato una recente ricerca sull’impiego di tale prodotto, effettuata dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia.

E’ importante chiarire che in ogni caso i biostimolanti non si sostituiscono in alcun modo all’attività di fitofarmaci e fertilizzanti di sintesi chimica e/o naturali, ma svolgono un’azione complementare agli stessi, per cui è anche possibile che aumentando lo stato di benessere della coltura, si richieda un minor ricorso agli altri due mezzi di produzione con ovvi benefici non solo per la salute dell’operatore e l’ambiente, ma anche in termini di risparmio economico per l’agricoltore.

Un settore privo di norme adeguate

Tuttavia, a fronte dell’interesse crescente di agricoltori e società produttrici, il settore dei biostimolanti è al momento privo di norme tecniche adeguate che pongano requisiti precisi e di un relativo sistema di certificazione in quanto anche il nuovo Regolamento comunitario sui fertilizzanti, si limita a stabilire delle norme quadro che richiedono un intervento normativo ulteriore da parte delle Amministrazioni nazionali competenti, in primis, il Ministero delle Politiche Agricole, a garanzia degli operatori della filiera altrimenti il rischio è che si consolidi quel che già sta avvenendo e, cioè, una sorte di “giungla” nella quale l’agricoltore ha difficoltà a distinguere prodotti la cui efficacia è garantita, da altri, che paventano proprietà, di fatto, inesistenti o peggio ancora che contengono sostanze non autorizzate. Francia e Spagna, ad esempio, si sono già attivate per adottare una puntuale normativa di settore.

Si richiede, pertanto, la realizzazione di dossier autorizzativi l’immissione in commercio di biostimolanti comprendenti un adeguato numero di prove realizzate da centri di saggio ufficialmente riconosciuti e con la necessaria terzietà attestanti l’efficacia di ogni claim pubblicitario che comparirà in etichetta. Un sistema che porti ad una adeguata verifica delle soluzioni che vengono proposte sul mercato. Tra l’altro, questi formulati riscuotono grande interesse soprattutto nel settore ortofrutticolo che rappresenta una filiera portante della nostra agricoltura. Senza garanzie adeguatamente verificate della corrispondenza fra quanto dichiarato in etichetta e la realtà dei fatti, si rischia di perdere, anche a fronte del nuovo Regolamento Ue, gran parte delle potenzialità di uno strumento che, adeguatamente indirizzato, può assicurare sempre maggiore sostenibilità alle colture.

La sfida futura, quindi, è quella di consentire alle aziende che intendono investire nel settore dei biostimolanti di procedere in tal senso producendo la documentazione che attesti l’efficacia agronomica del prodotto, riporti la sua caratterizzazione fisico chimica, alleghi i necessari metodi analitici per la caratterizzazione chimico fisica sia del test per la misura dell’attività biostimolante. Il settore analitico è uno degli elementi più importanti dell’iter registrativo di tali prodotti. Nessun nuovo biostimolante, infatti, dovrebbe essere inserito in allegato al nuovo provvedimento che sostituirà il decreto legislativo 75/2010 e quindi, commercializzato, se non sarà corredato di metodi d’analisi che dovranno rispondere agli standard minimi di ripetibilità e riproducibilità al fine della loro ufficializzazione. Ma ancora non basta. È importante che subentri parallelamente la normativa secondaria di riferimento. Al momento, il Cen (Comitato Europeo per la Standardizzazione) ha costituito dei gruppi di lavoro per procedere alla standardizzazione delle norme tecniche relative alla produzione di biostimolanti.

A fronte di quanto evidenziato è importante, quindi, che il Mipaaft – cogliendo l’occasione dell’approvazione del nuovo regolamento sui fertilizzanti – proceda, al più presto, ad insediare un gruppo di lavoro specifico per i biostimolanti come è stato fatto, a suo a tempo, anche per i corroboranti in modo da dare una risposta precisa alle attese della filiera agroalimentare, anche validando un sistema di certificazione che dia garanzie adeguate agli utilizzatori finali.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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