il Punto Coldiretti

I nuovi Cam per i servizi di ristorazione collettiva e fornitura di prodotti alimentari

Sono stati pubblicati, nella Gazzetta Ufficiale n. 90 del 4 aprile scorso, due decreti con i quali il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha provveduto ad aggiornare i criteri ambientali minimi (Cam) per gli appalti verdi della pubblica amministrazione (green public procurement – GPP) nei due settori della ristorazione collettiva e fornitura delle derrate alimentari. Nello stesso numero della Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato anche il decreto per gli appalti verdi nei servizi della gestione del verde pubblico e la fornitura dei prodotti per la cura del verde.

Gli appalti pubblici verdi sono diventati, a partire dal codice appalti del 2016, la procedura obbligata per le pubbliche amministrazioni che sono, infatti, chiamate ad integrare i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti efficaci sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta di prodotti che hanno minore impatto sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita.

I nuovi Cam forniscono alle pubbliche amministrazioni strumenti più efficaci per far ripartire l’economia dopo la grave crisi emergenziale causata da COVID-19, sostenendo le imprese più green.
Infatti, rispetto alla versione precedente, i nuovi Cam sembrano nettamene orientati a fornire un contributo concreto allo sviluppo della sostenibilità ambientale, impegnando le pubbliche amministrazioni a svolgere una importante funzione sociale attraverso la scelta di prodotti a più elevata qualità ed espressione di modelli di produzione orientati a preservare la fertilità dei suoli, a ridurre i consumi energetici, la dipendenza dalle fonti fossili e a tutelare la biodiversità ed il benessere animale.

Diverse sono le richieste di Coldiretti avanzate nel corso dei lavori di revisione e che hanno trovato pieno accoglimento nel testo pubblicato: dai temi della filiera corta e del chilometro zero, ai menu basati sulla dieta mediterranea, dalla gestione delle eccedenze alimentari al tema dell’agricoltura sociale e della verifica delle condizioni di lavoro, fino alla formazione del personale, specialmente in presenza di utenti con patologie.

Un notevole sostegno è garantito alle economie locali e ai piccoli produttori, per il contributo che forniscono nel garantire prodotti freschi e di stagione riducendo gli effetti delle lunghe distanze dai luoghi di produzione a quelli di consumo che, al contrario, causano maggiori emissioni inquinanti e prezzi più elevati per i consumatori senza alcun beneficio per i produttori.

Categorie dei servizi di ristorazione
Nel dettaglio, le Pubbliche amministrazioni che indicono una gara per l’affidamento del servizio di ristorazione collettiva dovranno specificare se il servizio riguarda:
a) la ristorazione scolastica – asili nido, scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado;
b) la ristorazione per uffici, università e caserme;
c) la ristorazione per strutture ospedaliere, assistenziali e socio-sanitarie e detentive.

Trovano, infatti, applicazione clausole contrattuali e criteri premianti maggiormente adattati alle peculiarità di ciascun settore.
a) Ad esempio, nella ristorazione scolastica sono previsti requisiti alimentari molto più stringenti al fine di assicurare livelli più elevati di fornitura di prodotti biologici, pari ad almeno il 50% degli alimenti somministrati ai bambini in età pediatrica e agli adolescenti.

Alcuni prodotti, invece, devono essere esclusivamente biologici, come le uova, la carne omogeneizzata negli asili nido, il latte, anche in polvere negli asili nido e lo yogurt, i succhi di frutta e i nettari di frutta, le marmellate e le confetture.
È esclusa l’ortofrutta di quinta gamma, mentre deve essere assicurata la stagionalità secondo il calendario riportato in allegato al decreto o secondo il calendario regionale o quello predisposto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in materia di mense biologiche.

Ampio spazio è dedicato ai prodotti a denominazione di origine e a indicazione geografica protetta (DOP e IGP), ai prodotti di montagna e ai prodotti certificati (ad es. il sistema di qualità nazionale di produzione integrata – SQNPI o equivalenti).
Al fine di evitare le eccedenze alimentari è previsto il coinvolgimento diretto del personale docente e degli studenti, chiamati a compilare un questionario, due volte all’anno, per esprimere le motivazioni dello spreco e per fornire eventuali soluzioni alternative.
Misure specifiche devono essere prese per il recupero più efficiente delle eccedenze: se si tratta di cibo non servito deve essere donato a fini di beneficenza nel rispetto delle indicazioni fornite dalla c.d. legge Gadda n. 166 del 2016, assicurando le migliori condizioni di conservazione e di igiene dei prodotti; se si tratta di cibo servito, le eccedenze devono essere destinate all’alimentazione degli animali, in canili o gattili oppure destinate a recupero nei sistemi di compostaggio di prossimità o nei contenitori adibiti alla raccolta della frazione umida.
Ulteriori indicazioni sono fornite per la riduzione dei rifiuti attraverso l’impiego di materiali riutilizzabili o riciclabili, come le stoviglie, le tovaglie, i contenitori usati per la conservazione degli alimenti a temperatura ambiente o in refrigerazione; i contenitori isotermici per l’eventuale trasporto. I sacchetti per il congelamento o la surgelazione devono essere in polietilene a bassa densità (PE-LD) o in materiale compostabile e biodegradabile conforme alla norma UNI EN 13432.
Sono preferiti i prodotti che utilizzano imballaggi a rendere, mentre sono da evitare i prodotti monodose e le monoporzioni se non giustificate da esigenze specifiche.
Ampio riconoscimento al marchio europeo di certificazione Ecolabel per tovaglie, tovagliette e tovaglioli e per i detergenti da utilizzare per la pulizia dei locali e delle lavastoviglie.
Tra i criteri premianti, si segnala la novità, fortemente sostenuta da Coldiretti anche alla luce della previsione contenuta nel nuovo Codice Appalti del 2016, di riconoscere punteggi più elevati alle imprese che assicurano prodotti provenienti da filiera corta e a chilometri zero. La filiera corta comprende sia la vendita diretta tra produttore primario o associazioni di produttori primari e centro di preparazione del pasto, sia la vendita tra l’impresa che gestisce la piattaforma per la distribuzione dei prodotti, purchè sia l’unico intermediario del produttore primario, e centro di preparazione del pasto, sempre che la piattaforma sia collocata entro il Km 0 (o chilometro utile, nel caso dei piccoli comuni). Nel caso dei prodotti locali trasformati, il «produttore» è l’azienda di trasformazione, che utilizza materie prime o i principali ingredienti del prodotto trasformato, che siano locali o a chilometro zero. Per chilometro zero si intende la distanza tra terreno coltivato o sede dell’allevamento e centro di cottura, o interno o esterno, pari a 200 Km (o 150 km nel caso di mense biologiche). Si opera, così, una netta distinzione rispetto al chilometro utile di 70 Km previsto nella legge sui piccoli comuni (l. 158 del 2017) e alle definizioni di chilometro zero elaborate da diverse leggi regionali.
Ulteriori punti tecnici premianti sono previsti quando i prodotti da filiera corta e a KM zero sono trasportati con veicoli a trazione elettrica o ibrida, a idrogeno, o alimentati con biocarburanti, combustibili sintetici e paraffinici, gas naturale, compreso il biometano, in forma gassosa (gas naturale compresso – GNC) e liquefatta (gas naturale liquefatto – GNL) o con gas di petrolio liquefatto (GPL) e mediante l’adozione di misure di gestione ambientale della logistica.

b) Per l’affidamento del servizio di ristorazione collettiva per uffici, università e caserme assumono rilievo clausole contrattuali in parte diverse per quanto riguarda la composizione dei menù, che deve garantire l’offerta di pasti basati sui principi della dieta mediterranea, la previsione di piatti vegetariani o a base di sole proteine vegetali. Risultano ridotte le percentuali in peso di alcune categorie di prodotti biologici (ad esempio, per ortaggi, frutta, cereali e legumi e per la carne bovina la percentuale scende al 20%) rispetto a quanto previsto nella ristorazione scolastica; sono, invece, sempre biologici lo yogurt e le uova.
È prevista la possibilità di alternare la somministrazione di pane preparato con diverse tipologie di farine (quali quella di grano 0, 1, 2, integrali; di grano duro, con cereali misti, farro, segale etc.). La distribuzione di vini e bevande alcoliche deve avvenire nel rispetto della normativa sulla sicurezza degli ambienti di lavoro e deve essere garantita la disponibilità di almeno una proposta di vini DOC o DOCG. Le bevande, inoltre, devono essere erogabili alla spina o con vuoto a rendere.
Ancora, attenzione specifica è dedicata alla educazione alimentare in materia di sprechi ed eccedenze, prevedendo l’obbligo per l’aggiudicatario di informare l’utenza sulla possibilità di contribuire alla riduzione degli sprechi alimentari attraverso l’adozione di buone pratiche, ad esempio, invitando a richiedere la family bag per gli avanzi e attraverso l’indicazione delle istruzioni per un corretto conferimento dei rifiuti in modo differenziato nella mensa.
Tra i criteri premianti, oltre alla filiera corta e al chilometro zero, assume particolare rilievo la previsione di punti tecnici ulteriori per le imprese che garantiscano la somministrazione di prodotti provenienti da aziende che praticano l’agricoltura sociale e che si impegnino a verificare il rispetto dei diritti umani e di dignitose condizioni di lavoro lungo l’intera filiera di fornitura, a partire dalla coltivazione delle materie prime agricole, al fine di adottare misure di contrasto al caporalato.

c) I criteri ambientali per l’affidamento del servizio di ristorazione collettiva nelle strutture ospedaliere, assistenziali, socio-sanitarie e detentive sono differenziati in base alle fasce di età e delle patologie.
In questo settore, la scelta delle quote minime di biologico da somministrare agli adulti è lasciata alla stazione appaltante mentre è previsto l’obbligo di prevedere menù basati sulla dieta mediterranea.
Particolare attenzione è dedicata al tema delle eccedenze e degli sprechi alimentari, considerato che in questo ambito rappresentano una delle principali criticità comportando spesso un prolungamento dei tempi di degenza. Per questo, sono previsti appositi questionari o interviste, da sottoporre ai pazienti e al personale, a cadenza semestrale, per verificare il gradimento del cibo e comprendere le ragioni alla base degli sprechi.
L’aggiudicatario deve, inoltre, avvalersi di personale adeguatamente formato nella preparazione dei menù di base ma anche per l’elaborazione di diete speciali, di ricette e grammature appropriate per celiaci, per diabetici, per pazienti con malattie cardiovascolari e osteoporosi.
Gli avanzi dei pasti che provengono da reparti di degenza delle strutture sanitarie o da pazienti affetti da malattie infettive per i quali sia ravvisata clinicamente una patologia trasmissibile attraverso tali residui, sono considerati rifiuti speciali pericolosi e pertanto non possono rientrare nel circuito della raccolta differenziata.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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