il Punto Coldiretti

Appello di ventidue Paesi per fermare il pollo alla varechina

Ventidue Paesi, tra cui l’Italia, hanno rivolto un appello per fermare la decisione della Commissione Europea di impegnarsi a proporre entro giugno un cambio nella legislazione comunitaria volto a permettere sia l’importazione che la produzione in Europa di carne di pollo “trattata al cloro”.

Lo rivela Coldiretti nel sottolineare che ora la Commissione Europea non può ignorare il parere della maggioranza degli Stati membri che esprimono contrarietà rispetto ad un via libera preoccupante per i rischi per la salute, per l’ambiente e la fiducia dei consumatori, assunto nell’ambito del secondo incontro del Consiglio Economico Transatlantico (Tec) tra Unione Europea e Stati Uniti.

Nel corso dell’ultimo Consiglio dei ministri agricoltura sono state espresse preoccupazioni in merito all’utilizzo di sostanze antimicrobiche per la decontaminazione della carne di pollo, su iniziativa francese  condivisa e sostenuta da altre 21 delegazioni: Italia, Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Olanda, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia. 

La proposta della Commissione prevede sia la possibilità di importare dagli Usa che di produrre in Europa polli trattati con bagni di antimicrobici (prodotti a base di ipoclorito di sodio – comunemente chiamata varechina) che sollevano molte perplessità sia per quanto riguarda possibili reazioni chimiche, variazioni del gusto, effetti tossici in caso di ingestione dei residui di queste sostanze, così come il rischio di insorgenza di ceppi di batteri resistenti. La Commissione Europea si è impegnata a rimuovere divieto imposto dal 1997 con gli Stati Membri ed il parlamento Europeo prima del prossimo incontro del Consiglio Economico Transatlantico (Tec) previsto nell’autunno 2008.

Il pressing degli Stati Membri è dunque importante per evitare che questa preoccupante novità arrivi sul mercato comunitario senza che imprese e consumatori ne sentano il bisogno. Gli interessi della diplomazia non possono sopraffare le ragioni dei consumatori europei che chiedono all’Unione di garantire la trasparenza e la sicurezza soprattutto in un settore come quello alimentare determinante per la salute dei cittadini.

L’Italia, che è autosufficiente nella produzione di polli, non ha alcun interesse a promuovere sistemi di lavorazione che riducono le garanzie in un settore che ha già pesantemente sperimentato gli effetti delle emergenze sanitarie, con la crisi dell’influenza aviaria.

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