il Punto Coldiretti

Arance, dopo la protesta degli agricoltori la Coca Cola si impegna

La Coca Cola incrementerà gli acquisti di arance calabresi rispetto allo scorso anno con un approccio contrattuale pluriennale. E’ il primo effetto della mobilitazione promossa dalla Coldiretti che ha visto migliaia di agricoltori coi trattori, lavoratori, cittadini e rappresentanti delle istituzioni locali, regionali e nazionali manifestare a Rosarno per dire “No all’aranciata che spreme agricoltori, lavoratori e inganna i consumatori”.

Per una aranciata venduta sugli scaffali a 1,3 euro al litro agli agricoltori vengono, infatti, riconosciuti solo 3 centesimi per le arance contenute, del tutto insufficienti a coprire i costi di produzione e di raccolta. Una situazione che oltre ai produttori colpisce anche i lavoratori extracomunitari, con fenomeni di illegalità, e chiusura delle industrie di trasformazione con perdite economiche, occupazionali ed un impatto devastante dal punto di vista ambientale sul territorio.

“Strozzature e distorsioni portano a sottopagare il nostro prodotto su valori insostenibili al di sotto dei costi di produzione – ha denunciato il presidente della Coldiretti, Sergio Marini -. Ciò rende necessario accelerare sul nostro progetto per una filiera agricola tutta italiana per valorizzare il prodotto e il lavoro delle nostre campagne”.

Dopo la protesta degli agricoltori, la multinazionale che detiene il marchio Fanta, ha dichiarato l’intenzione di “aprire” alle richieste di maggiore trasparenza e valorizzazione del prodotto locale nel corso di un incontro convocato per l’occasione dal Ministro delle Politiche agricole, Mario Catania.

“Registriamo positivamente la disponibilità di Coca Cola che ha dichiarato l’impegno a continuare a lavorare con gli agrumicoltori della Piana di Rosarno-Gioia Tauro – ha commentato il presidente della Coldiretti della Calabria Pietro Molinaro -. E’, però, indispensabile formulare degli accordi che non prescindano dal riconoscimento dei costi di produzione e dalla remunerazione del prodotto garantendo un prezzo all’agrumicoltore almeno di 15 centesimi al chilo passando anche attraverso un accorciamento della filiera”.

Basterebbe pagare le arance ai produttori qualche centesimo di più rispetto agli 8 centesimi al chilo attuali, aumentare di alcuni punti percentuali oltre il 12 per cento il succo di agrumi nelle bibite e indicare l’origine delle arance sulle etichette delle bottiglie per spezzare, con trasparenza e legalità, la catena di sfruttamento che sottopaga il lavoro ed il suo prodotto.

In base di una legge nazionale ormai datata (Legge n. 286 del 1961) le bevande al gusto di agrumi possono essere colorate a condizione che esse contengano appena il 12 per cento di succo di agrumi. Un inganno per i consumatori che mette di fatto anche un cappio al collo all’intera filiera agrumicola con lo sfruttamento dei lavoratori e dei produttori agricoli ai quali per le arance vengono riconosciuti circa 8 centesimi al chilo.

Ogni punto percentuale di succo di arancia in più oltre al 12 per cento corrisponde all’utilizzo di 25 milioni di chili in più di arance, pari a circa 560 ettari di agrumeto, mentre pagando le arance a 15 centesimi/chilo (il costo per la sola raccolta è di 6 centesimi/chilo), in un litro di aranciata ci sarebbero 6 centesimi di arance con la possibilità di remunerare adeguatamente il prodotto e il lavoro per ottenerlo.

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