Aranciata, in attesa dell’etichetta c’è chi scommette sul made in Italy
Le discussioni delle scorse settimane su agrumicoltura, aranciate e sul blocco statunitense al succo concentrato con residui di antiparassitari proveniente dal Brasile hanno fatto passare in secondo piano una notizia più che positiva per il settore: qualche operatore ha scommesso sulla produzione made in Italy, legando le proprie aranciate ai frutti provenienti dagli agrumeti del nostro Paese e garantendo al consumatore un contenuto di succo del 15,6% (ben il 30% in più rispetto al 12% previsto dalla normativa italiana). In attesa che, finalmente, il legislatore nazionale dia seguito a quanto promesso con la legge sull’etichettatura – ovvero l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine del succo utilizzato – si consiglia di verificare tra gli ingredienti la percentuale di succo utilizzata e premiare chi si assume l’onore e l’onere di dichiarare, volontariamente, l’utilizzo di arance italiane in una percentuale superiore ai limiti di legge. Confidiamo anche che, prima o poi, i legislatori comunitari si accorgano del rischio che corre l’Ue di diventare la destinazione finale dei succhi brasiliani scartati dagli americani e, con la rapidità che li contraddistingue, capiscano la necessità sia di imporre maggiori controlli su quanto importiamo, sia di avere una etichettatura di origine obbligatoria. |
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