il Punto Coldiretti

Arriva un modello alternativo per la produzione di bioetanolo

A livello comunitario il bioetanolo è ritenuto un biocarburante a forte valenza strategica, soprattutto in virtù del fatto che la sua resa agronomica è circa quattro volte più alta rispetto a quella degli altri biocarburanti adatti all’autotrazione (olio vegetale puro e biodiesel), permette di ridurre le quote di biocarburanti importate da Paesi Terzi, ai fini dell’assolvimento degli obblighi imposti dalle direttive comunitarie.

Alla luce di queste considerazioni, per il breve ed il medio termine è atteso un incremento della produzione comunitaria di bioetanolo, destinato alla sostituzione della benzina e degli antidetonanti tradizionali (benzene, Mtbe). L’attuale situazione di mercato dell’etanolo in Europa, è controllata da grandi gruppi industriali che lo producono a partire da cereali e barbabietole da zucchero, vengono trasformati in impianti di grandi dimensioni (100.000-200.000 t/a).

In Italia le filiere per la produzione del bioetanolo stentano a decollare.  Si ritiene che uno dei freni al loro avvio sia il modello produttivo di riferimento: il know-how e le tecnologie attualmente disponibili, infatti, si fondano sulla trasformazione dei cereali (in primis grano e mais), ma questo modello, importato dagli Stati Uniti, si scontra con delle criticità di ordine economico ed etico, quali l’incremento del prezzo dei cereali e la competizione tra le destinazioni food e no-food della granella.

Al fine di mutare la situazione attuale, il Progetto Europeo Sweethanol  mira ad investigare la sostenibilità economica ambientale e territoriale, di una “filiera corta” di produzione di bioetanolo da sorgo zuccherino in impianti decentralizzati, è stato elaborato un modello, che si pone come alternativa a quelli esistenti, basato sulla coltivazione del sorgo zuccherino.

L’impiego di questa coltura, offre alcuni importanti vantaggi rispetto alla trasformazione del mais: risparmio della risorsa idrica; elevata fissazione dell’anidride carbonica; moderata richiesta di fertilizzanti; semplicità processistica; bilancio output/input ampiamente positivo; incremento della partecipazione degli agricoltori alla filiera agro-energetica.
 
La biomassa del sorgo zuccherino raccolta e trinciata non può sopportare lunghi trasferimenti, poiché, essendo ricca in acqua (65-80 per cento in peso) ed in zuccheri (10-20 per cento in peso), subisce delle fermentazioni anomale che ne determinano il deterioramento. I terreni da destinare a questa filiera vanno individuati entro un raggio di 20 chilometri approssimativamente dal sito dell’impianto, in modo da assicurare una buona qualità della biomassa al momento del conferimento al trasformatore.

Nel contesto nazionale, si ritiene che la taglia di impianto, che garantisce al contempo una discreta economia di scala ed un costo di investimento compatibile, sia di 10.000 tonnellate all’anno di capacità produttiva.  Allo scopo di delineare un modello di riferimento per questa dimensione di impianto, sono stati considerati alcuni aspetti logistici, funzionali a garantire sia l’autonomia del territorio, dove l’impianto è accolto, sia la continuità del suo approvvigionamento, e sono state valutate le soluzioni più promettenti per la valorizzazione dei sottoprodotti della filiera. 

In base alle rese agronomiche riportate dalle fonti bibliografiche (3,4-4,7 tonnellate per ettaro), si rendono necessari  3.700 ettari circa, a seconda della varietà di sorgo zuccherino prescelta.

I punti di forza di maggior valore sono insiti nella possibilità di ridurre i costi di gestione per la produzione del bioetanolo, valorizzando adeguatamente i sottoprodotti, e nella possibilità di impostare degli accordi pluriennali di filiera, rassicurando gli investimenti nel medio termine, sia dei fornitori di materia prima, sia del trasformatore.

In riferimento alla principale critica che attualmente è mossa al bioetanolo, ossia quella di sottrarre terreni e prodotti agricoli alla destinazione food, il modello proposto per la produzione del bioetanolo di prima generazione è da considerarsi transitorio, in attesa che le tecnologie per la produzione del bioetanolo di seconda generazione siano ottimizzate.

Al fine di avviare un processo di discussione, circa la validità del modello ipotizzato, si svolgeranno due workshop, uno a Torino (il 15 giugno alle 14 presso il Centro Congressi della Camera di Commercio, Via Nino Costa 8), e uno a Padova (il 21 giugno alle 14 presso l’AC Hotel, Via Prima Strada 1), all’interno del quale verranno affrontate e discusse alcune problematiche relative a questo tipo di produzione, che richiede una complessa integrazione, tra filiera di approvvigionamento e tecnologie di trasformazione.

Sono invitati a partecipare esperti e operatori del settore, verranno discussi aspetti tecnici, logistici, economici, energetici, ambientali e amministrativi. In modo tale da garantire alla fine del dibattito, a tutti i partecipanti una visione chiara ed esauriente, sugli impatti che questo tipo di produzione potrebbe avere, sulla filiera agricola italiana.

Al fine di avviare un processo di discussione è stata creata una community on-line, http://esse-community.eu/it/, per sviluppare una rete di contatti e professionalità, tra tutti coloro che sono interessati a questo tipo di produzione. Alla community hanno già aderito, esperti del settore da tutto il mondo, con il quale è possibile ottenere e scambiare informazioni. È possibile inoltre ottenere informazioni, circa il programma degli eventi, articoli e pubblicazioni, visitando il sito http://www.fattoriedelsole.org/.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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