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Castanicoltura, quattro proposte per rilanciare il settore

Il castagno ha una notevole rilevanza economica e sociale in molte aree collinari e montane del nostro Paese dove svolge un ruolo fondamentale per la produzione del legname e dei frutti (tutelata quest’ultima da numerose denominazioni di origine) ma anche nel presidio del territorio e nella salvaguardia dell’assetto ambientale e idrogeologico.

Oltre a rappresentare la memoria fisica di un tempo in cui non ci si poteva permettere il pane. La bellezza dei boschi, con castagni spesso centenari, li rende fruibili anche per scopi turistici e di svago, determinando un ulteriore indotto economico. L’habitat del bosco di castagno è fondamentale per la selvaggina, per la produzione del caratteristico miele e per la raccolta dei funghi.

Purtroppo, questo immenso patrimonio nazionale, già messo a rischio dall’abbandono delle zone di collina e montagna, da alcune patologie e dalla concorrenza internazionale, rischia di essere compromesso dalla diffusione dell’ennesima avversità di importazione; si tratta di un insetto, il “Cinipide galligeno del castagno” (Dryocosmus kuriphilus), che attacca le piante riducendo drasticamente, quantitativamente e qualitativamente, la produzione dei frutti e pregiudica la sopravvivenza della pianta stessa.

Si deve dare atto al Ministero delle Politiche Agricole di aver costituito un tavolo di lavoro che sta portando a termine un importante lavoro di predisposizione del  piano di settore castanicolo triennale, che andrà però adeguatamente finanziato.

L’Italia è il terzo produttore mondiale di castagne, dopo Cina e Corea, il primo esportatore in termini di valore (il secondo è la Cina), il secondo esportatore in termini di quantità, dopo la Cina. In quantità esportiamo 17,6 milioni di chilogrammi di castagne e ne importiamo 5,4 milioni di chilogrammi. In Italia sono a castagno il 7,5% delle superfici boscate, ovvero 780.000 ettari (di cui 55.908 da frutto) condotte da 34160 imprese. Nel nostro paese sono prodotti, a seconda delle annate, dai 50 ai 70 milioni di chilogrammi di castagne: il 46% in Campania, il 18% in Calabria. Il 16% nel Lazio, il 7,7% in Toscana ed il 5% in Piemonte.

In occasione dell’ultima Audizione alla Camera in Commissione Agricoltura, Coldiretti ha evidenziato quali sono le principali esigenze per la tutela del settore.
Innanzitutto un piano di lotta al cinipide del castagno, coordinato a livello nazionale. Per questo occorre sostenere concretamente la lotta biologica, in particolare ricorrendo a lanci di insetti che si sono dimostrati utili antagonisti, non essendo pensabile ed efficace la lotta fitosanitaria in un ambiente particolare come quello del bosco, spesso inserito in zone a parco o protette. Il punto critico è sicuramente rappresentato dai costi del Torymus sinensis, il parassitoide nemico naturale del cinipide; è quindi necessario stanziare cospicue risorse per l’allevamento e il lancio di questo insetto.

Serve poi predisporre strumenti legislativi, sempre a livello nazionale, adeguati a risarcire i gravi danni subiti dai produttori a causa dei parassiti, non solo per l’applicazione delle misure di lotta obbligatoria, ma anche per la conseguente perdita di prodotto per alcuni anni.

Necessari anche la ripresa dell’azione a livello comunitario per l’inserimento del castagno tra le superfici a frutta in guscio (nocciolo, noce, mandorlo, pistacchio e carrubo), oggetto attualmente di un finanziamento specifico e il rafforzamento delle misure fitosanitarie nazionali, per evitare il verificarsi, ormai troppo frequente, di introduzione nel nostro Paese di insetti e malattie pericolose per le nostre produzioni (dal cinipide del castagno, al punteruolo rosso delle palme, alla diabrotica del mais o alla tristezza degli agrumi).

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