Crollo dei prezzi del latte, serve l’indicazione di origine
Il prezzo che in questi giorni le industrie casearie italiane stanno offrendo ai produttori è quasi irriverente tanto risulta inferiore ai costi di produzione: le variazioni sono comprese da un minimo di 0,31 fino ad un massimo di 0,35 euro il litro. Questo accade in tutte le regioni del nostro Paese: dalla Basilicata alla Lombardia, dalla Puglia al Piemonte. Intanto alcuni accordi provinciali (come quello di Brescia) e contratti con primarie industrie italiane (come la Galbani) sono in scadenza; gli acquirenti stanno inviando le lettere di disdetta, forti del fatto che nei Paesi tradizionalmente nostri fornitori – Germania e Francia – la situazione per gli allevatori è perfino peggiore. Il prezzo medio del latte tedesco, infatti, attualmente è di circa 27 centesimi al litro, con una oscillazione fra i 21 e i 34 centesimi; stessa sorte per il latte d’Oltralpe. Stanno aumentano anche le importazioni di latte UHT già confezionato a prezzi irrisori (50-60 centesimi al litro) o, ancor peggio, di cagliata a 2,10 euro al chilo per farne – con un gioco da prestigiatore – “surrogati” dei nostri formaggi a pasta filata. Ne fanno le spese i consumatori italiani che, credendo di acquistare un prodotto del territorio – delle Murge ad esempio o della Lodigiana – comprano invece un’anonima mozzarella o un pezzo di formaggio proveniente da chissà dove senza garanzie né qualità. Ecco perché il progetto di Coldiretti per arrivare all’indicazione obbligatoria del paese di origine del latte utilizzato diventa l’unica maniera di tutelare i consumatori italiani in un mercato che si è dimostrato sostanzialmente stabile, con una richiesta di prodotti al banco che non registra flessioni, nonostante il periodo di crisi. |