il Punto Coldiretti

Dall’aranciata alla passata, serve valorizzare i prodotti dei campi

Succo d’arancia, passata di pomodoro, fagioli in scatola: ovvero quando il prodotto agricolo costa meno della confezione. Il caso dello sciopero dell’aranciata promosso dai consumatori in Calabria per denunciare la catena dello sfruttamento che inganna i cittadini e colpisce imprese agricole e lavoratori, come nell’ormai tristemente noto caso di Rosarno, torna a porre il problema della bassa remunerazione dei prodotti agricoli.

Il caso del succo d’arancia (alla protesta si è unita anche la Coldiretti) è esemplificativo. In un litro di aranciata, che viene venduto mediamente a 1,30 euro, ci sono solo 3 centesimi di arance che peraltro spesso vengono “spacciate” come Made in Italy anche se provengono dal Brasile o dalla Florida. In altre parole, nelle bibite gassate l’acqua viene pagata come se fosse  frutta.

Sulla base di una legge nazionale ormai datata (Legge n. 286 del 1961) le bevande al gusto di agrumi possono infatti essere colorate a condizione che esse contengano appena il 12 per cento di succo di agrumi. Un inganno per  i consumatori che mette di fatto anche un cappio al collo all’intera filiera agrumicola con lo sfruttamento dei lavoratori e dei produttori agricoli ai quali per le arance vengono riconosciuti molto meno di dieci centesimi al litro (il costo per la sola raccolta è di 6 centesimi/chilo).

Basterebbe, al contrario, pagare le arance ai produttori qualche centesimo di più ed aumentare di alcuni punti percentuali oltre il 12 per cento il succo di agrumi nelle bibite per spezzare, con trasparenza e legalità, la catena di sfruttamento che sottopaga il lavoro ed il suo prodotto.

Altri casi eclatanti sono quello della passata di pomodoro in bottiglia da 700 grammi dove la confezione costa più della materia prima, che incide appena il 10 per cento sul prezzo finale mentre tra bottiglia, tappo ed etichetta si arriva al 13 per cento. Proprio sul tema si è svolto in Puglia un incontro dal titolo “La Coldiretti delle regioni del Mezzogiorno a difesa del pomodoro italiano da speculazioni e importazioni selvagge”.

Ancora, per la scatola di fagioli borlotti da 400 grammi il legume presente pesa per il 18,5 per cento mentre tra scatola ed etichetta si arriva al 21 per cento. Ciò testimonia che il prodotto agricolo contenuto negli alimenti ha sempre una incidenza limitata sul prezzo di acquisto degli alimenti.

Basti ricordare che per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti oltre la metà (il 60 per cento) va alla distribuzione commerciale, il 23 per cento all’industria di trasformazione e solo il 17 per cento per remunerare il prodotto agricolo, secondo una analisi della Coldiretti.

“Trasformare direttamente le materie prime agricole in cibo  per aumentare il potere contrattuale nella filiera e sfuggire alla morsa delle speculazioni sulle materie prime stesse è l’obiettivo del nostro progetto per una Filiera Agricola tutta Italiana – è il commento del presidente della Coldiretti Sergio Marini -. Si tratta di sostenere il reddito degli agricoltori eliminando le distorsioni e tagliando le intermediazioni con l’offerta attraverso la rete di consorzi agrari, cooperative, mercati di campagna amica, agriturismi e imprese agricole di prodotti alimentari al cento per cento italiani firmati dagli agricoltori al giusto prezzo.

Una necessita per sottrarre l’agricoltura ai due furti ai quali sono sottoposte giornalmente le imprese: da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio il cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come italiano; dall’altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i nostri prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori come dimostra il caso dell’aranciata”.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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