il Punto Coldiretti

Dieta mediterranea, un patrimonio da difendere

E’ la Dieta Mediterranea la grande protagonista a Teggiano, nel Cilento, della rassegna “Incontri Mediterranei” ideata da Palazzo 22. Una nuova piattaforma aggregativa che intende dare spazio e voce alle eccellenze del bacino del Mediterraneo tout court, dall’economia all’arte, dalla cultura alle religioni, storia e tradizioni.

Al primo appuntamento della rassegna ha preso parte per la Coldiretti il delegato nazionale dei giovani imprenditori, Vittorio Sangiorgio, il quale ha ricordato come la dieta mediterranea costituisca un elemento di grande valore per presentare l’Italia come distretto del benessere, del buon vivere e del buon cibo.

In tale ottica, il delegato nazionale dei giovani ha sottolineato come il progetto avviato da Coldiretti per una Filiera agricola italiana abbia portato ventuno milioni di cittadini nei mercati degli agricoltori, contribuendo con la rete di Campagna Amica alla promozione dei prodotti cardine di questo tipo di alimentazione.
 
Occorre però, ha dichiarato Sangiorgio  che il vero made in Italy possa essere riconoscibile, con l’applicazione della legge sul’obbligo dell’origine su tutti gli alimenti, così da tutelare gli stessi prodotti simbolo della dieta mediterranea rispetto al rischio di inganni ai danni di consumatori e agricoltori.

Secondo uno studio della Coldiretti, la produzione alimentare tricolore è la più sicura a livello planetario per quello che riguarda la presenza di residui chimici irregolari, ma il nostro Paese  importa dall’estero circa il 25 per cento del proprio fabbisogno alimentare e il flusso riguarda anche prodotti fuori stagione, meno sicuri di quelli nostrani, per le quali la produzione nazionale sarebbe sufficiente. 

E’ il caso dei quasi 227 milioni di chili di frutta e verdura giunti nel 2012 in Italia dall’Africa: dai fagiolini del Marocco (irregolari nel 15 per cento dei casi) alle fragole etiopi (irregolari nel 16 per cento dei casi), ai piselli del Kenya (irregolari nel 38 per cento dei casi) o ancora i peperoni dell’Uganda (irregolari addirittura nel 48 per cento dei casi).

In quattro bottiglie di olio extravergine su cinque in vendita in Italia è praticamente illeggibile la provenienza delle olive impiegate, mentre in alcuni biscotti e merendine low cost ingredienti di qualità come l’olio extravergine di oliva e il burro, sono spesso sostituiti da grassi di bassa qualità e di basso prezzo come l’olio di palma e l’olio di cocco, spesso utilizzati in forma idrogenata.

Accanto al pane artigianale venduto nei forni in Italia si assiste all’arrivo di milioni di chilogrammi di impasti semicotti, surgelati, con una durata di 24 mesi, grazie ad additivi e conservanti, provenienti dall’est europeo, destinati ad essere poi cotti e diventare pane nelle strutture commerciali a basso costo. Peraltro oltre la metà del grano duro utilizzato nella produzione di pasta in Italia è importato da Paesi dove si registrano spesso problemi di aflatossine che hanno anche portato a sequestri di importanti partite di prodotto.

Nell’Unione Europea è anche possibile acquistare pseudo vino ottenuto da polveri miracolose contenute in wine-kit  che  promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Verdicchio, Lambrusco o Montepulciano.

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