il Punto Coldiretti

E’ scattato il fermo pesca, si inizia dal nord dell’Adriatico

E’ scattato il primo fermo pesca estivo. Dal 16 luglio scorso stop alle attività della flotta italiana nella fascia dell’Adriatico che va da Trieste a Rimini. Il fermo pesca, limitato solo alla produzione con sistemi a traino (demersali e pelagici), avrà la durata di 43 giorni consecutivi dopodiché si tornerà in mare. Nelle dieci settimane successive alla ripresa l’attività sarà però limitata a tre giorni, come già lo scorso anno, ma per una durata temporale maggiore.

Tra le altre misure del fermo 2012, il fatto di prevedere un’area di tutela dell’attività della pesca per i soli sistemi a traino, fino a tutto il mese di ottobre. Il provvedimento varrà fino alle 4 miglia per le barche da pesca con sistemi a traino abilitate ad operare fino o non oltre a 6 miglia dal battigia; fino alle 6 miglia per quelle abilitate ad operare oltre le 6 miglia dalla costa.

Il blocco, che cade  proprio mentre crescono i consumi di prodotti ittici del 15 per cento, trainati dal caldo e dal maggiore propensione al consumo fuori casa, è necessario per permettere il ripopolamento, o meglio permettere l’accrescimento dei nuovi reclutamenti, delle specie ittiche maggiormente sfruttate e salvare le marinerie tricolori dal collasso per le reti sempre più vuote, con la produzione in calo costante ormai da diversi anni. “Un segnale – sottolinea Coldiretti ImpresaPesca – che ci dice che forse questa misura così come strutturata non funziona, non va, tanto che da varie parti se ne chiede il mantenimento ma con modifiche radicali”.

Di certo l’applicazione del fermo non porta benefici in Friuli Venezia Giulia, dove la misura andrebbe attuata in maniera diversa da altri areali. E’, infatti, impensabile un blocco dell’attività totale in uno specchio di mare strettissimo di 10/15 miglia, metà del quale gestito da croati e sloveni i quali non effettuano alcun fermo dell’attività di pesca a tutela e a protezione del novellame. Questi ultimi aumentano così la propria produzione inondando i mercati mentre le marinerie italiane sono ferme. L’unica soluzione per tale areali rimane la gestione tramite regole di Distretto di pesca dell’Alto Adriatico.
  
Se il fermo è una necessità per salvare il settore, anche se dolorosa per le vacanze, con il venir meno del pesce del Nord Adriatico, per cittadini e turisti è alto il rischio di ritrovarsi nel piatto, soprattutto al ristorante, prodotto straniero, congelato, assieme a quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca (Centro-Sud Adriatico, Ionio, Tirreno e le Isole), dall’acquacoltura o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare con attrezzi da posta ritenuti compatibili con la presenza del fermo tecnico perché più selettivi, quindi ecocompatibili per la tutela della aree di nursery.

A tale proposito la grande novità di quest’anno è l’arrivo dell’etichetta per il pesce italiano venduto al dettaglio o servito al ristorante, introdotta dal decreto Sviluppo. Con la nuova normativa, sottolinea Coldiretti ImpresaPesca, i soggetti che vendono al dettaglio o somministrano prodotti della pesca potranno utilizzare nelle etichette e in qualsiasi altra informazione fornita per iscritto al consumatore la dicitura ‘prodotto italiano’.

Sara ammessa anche ogni altra indicazione sull`origine italiana o sulla zona di cattura del pescato più precisa di quella oggi prevista dalle norme in vigore. Attualmente la legge sull’etichettatura prevede la sola indicazione della zona di pesca. Il pesce italiano, ad esempio, fa parte della cosiddetta ‘zona Fao 37’, che contraddistingue il prodotto del Mediterraneo. Per il momento l’indicazione dell’origine resta però su base volontaria mentre per assicurare piena trasparenza su tutto ciò che si mangia al ristorante sarebbe necessario introdurre l’obbligo di etichettatura del pesce servito nella ristorazione.

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