il Punto Coldiretti

“Bill Gates condiziona Africa e Ue. L`Europa? Serve come il pane

Intervista di Luigi Chiarello di Italia Oggi al segretario generale della Coldiretti Vincenzo Gesmundo

Bill Gates e il suo infinito stuolo di lobbisti sono un guaio. Operano a ogni livello e possono condizionare una ventina di paesi africani. L’approccio del Piano Mattei, invece, è radicalmente alternativo. Le terre restano ai contadini locali e il cibo prodotto serve a sfamare le comunità locali»: Vincenzo Gesmundo, come suo stile, non cela le sue idee. Oggi pubblica in libreria un saggio scritto a sei mani col sondaggista Roberto Weber e l`economista Felice Adinolfi: “Il cibo
a pezzi. La guerra nel piatto”. (Bompiani Overlook). Il testo contiene un contributo di Massimo
Cacciari. Raggiunto da ltaliaOggi lo storico segretario generale della Coldiretti accetta un confronto sul volume, utile per capire letture e sfide della sua organizzazione: «Siamo in fiero contrasto con i cibi ultra-trasformati, ultra-processati, ultra-formulati», dice: «Sono il cuore dell`offerta delle multinazionali e l`anticamera dei cibi da laboratorio». Poi avverte: «L’ipotesi di
dazi Usa sul nostro cibo può farci molto male», ma il quadro geopolitico è mutato e «le guerre
commerciali potrebbero avere un peso importante». Morale: «Abbiamo bisogno di Europa come
il pane. Specie noi italiani. Ma in tanti», rileva, «mettono piede a Bruxelles e poi perdono la testa». Domanda. Perché il segretario generale della più numerosa organizzazione agricola italiana, un sociologo a capo di un importante istituto di sondaggi e un economista agrario molto esperto delle dinamiche del cibo uniscono le loro penne per raccontare le faglie che oggi dividono il mercato alimentare ? Risposta. Vede, i due – Roberto Weber e Felice Adinolfi – hanno in comune due cose: una certa attenzione ai `numeri` e   nel libro se ne ritrova una abbondante traccia, e credo il riconoscimento del valore della `politica`, come strumento di cambiamento – in bene o in male – del mondo. Io a mia volta, ho avuto ed ho bisogno di `numeri`, di misurazioni siano esse relative ai dati `bruti` dei mercati, sia al percepito di soci e opinione pubblica. Sapere dove andare è complesso, ma i numeri aiutano. Non eliminano il rischio, ma certamente lo attenuano. D. La prima faglia è culturale e divide l`Europa: nei paesi nordeuropei e anglosassoni il cibo è carburante, in quelli mediterranei di cultura greca e latina è identità, cultura, piacere. R. Per motivi che non so comprendere, a un pezzo dell`establishment liberal o di sinistra quando facciamo riferimento alla parola `identità` viene l`affanno. Ma non ci sono versi. Se ci soffermiamo su quella cosa che chiamiamo `Italia`, nazione giovanissima, ma Paese antichissimo, ci accorgiamo che alcuni fattori cibo, territori e aggiungo bellezza – giocano un ruolo `identitario`. Il guaio consiste nel fatto che sembrano aspetti retorici, a tratti di reclame, ma non lo sono. Sono veri. All`estero e in casa, non ricorderanno le nostre prodezze militari. Ricordano tanta bellezza, tanta accoglienza e uno splendido cibo. D. Se il cibo è solo carburante, lo si può acquistare altrove. Da qui la tendenza a voler ridimensionare l`agricoltura per arrivare ad avere un continente a zero emissioni? R. Francamente devo evocare un italiano che rimane molto, molto discusso, Giulio Andreotti. Quello che osservava che a `pensar male spesso ci si azzecca`. Io ad Andreotti preferivo Aldo Moro, ma non ha importanza. Ebbene, credo che il tema del riscaldamento globale sia forse il primo tema che dobbiamo affrontare. Quello cruciale, quello da cui dipende il pianeta. E mi fa fortemente specie che il supposto socialista Frans Timmermans (ex vicepresidente della commissione Ue, ndr) abbia preso come `ostaggi` proprio i contadini. Sarebbero stati loro in vasta misura gli `inquinatori`. E qui entrano in campo i numeri – gli splendidi  numeri `europei – e ciascuno potrà giudicare.vD. La guerra in Ucrainavha messo sotto stress le agricolture continentali, privandole di fertilizzanti chimici, olio di girasole, cereali; o elevando il prezzo di queste commodity. Al contempo, Bruxelles, in netta contraddizione con il principio istitutivo di messa in sicurezza dei popoli dell`Unione, ha costruito la nuova Pac a scapito della sicurezza alimentare. Sembra un suicidio annunciato. R. È quello che abbiamo denunciato più volte. Una prospettiva tutta ideologica che ci ha reso vulnerabili rispetto a tutte le necessità strategiche dell`Europa, cibo compreso. D. Da qui la posizione di Coldiretti per la sovranità alimentare che, scrive nel libro, hanno visto convergere un liberista cresciuto alla scuola dei Rothschild come il presidente francese Emmanuel Macron, una postfascista come la premier Giorgia Meloni e le idee rivoluzionarie della via campesina e del subcomandante Marcos? R. Nel libro cerchiamo di restituire al termine la sua accezione originaria, di ricostruirne l`origine e sottolineare l`attualità del concetto. Il termine nasce all`interno dei movimenti “campesini” e si contrappone ad un`idea di globalizzazione che svilisce il cibo e i suoi produttori, privilegiando le grandi scale che producono per i mercati globali. Un`idea che presto travalica la sua originaria dimensione “zapatista”, per diventare qualcosa di più ampio che abbraccia molteplici e articolate sensibilità, che riconoscono nel cibo un valore strategico che ha origine nei luoghi di produzione ed è intimamente collegato alle loro specificità culturali e ambientali. Noi pensiamo che l`agricoltura sia parte essenziale della sicurezza nazionale, ma anche che sia un elemento portante delle comunità locali, un valore essenziale di prossimità. In altre parole, un fattore determinate per la democrazia di un paese. D. La seconda commissione a guida Ursula von der Leyen sembra aver cambiato verso e, nella comunicazione ultima sulla Pac, sembra aver rispolverato il tema della food security e dell`eccezionalismo agricolo. Ci crede davvero? R. Guardo i documenti e vedo un cambiamento di rotta rispetto al recente passato. C`è molto del nostro lessico, molte dellevquestioni poste anche nel libro. Il tema dell`origine, dei cibi ultra-formulati, della reciprocità negli accordi commerciali, il sostegno al reddito dei veri agricoltori. Vedremo se non si tratta solo dí parole nei prossimi mesi, con l`iniziativa sulla semplificazione annunciata dal nuovo commissario all`agricoltura, Christophe Hansen. Saranno solo i fatti a dirci se c`è stato un reale cambio di rotta. La Coldiretti come sempre vigilerà molto attentamente. In particolare, abbiamo già detto no e continueremo a farlo sull`ipotesi di fondo unico per coesione e agricoltura che sembra in questi giorni circolare nei lunghi corridoi del mastodontico apparato burocratico europeo dotato di un potere che, sedimentato nel tempo, tende a prevaricare qualsiasi buona intenzione della politica. D. I dazi di Trump la preoccupano o li giustifica?  R. Certo che mi preoccupano.L`ipotesi di dazi Usa sul nostro cibo può farci molto male. Si tratta di un mercato importantissimo per l`Europa e in particolare per l`Italia e non solo per il sistema agroalimentare che sta segnando record su record per quanto concerne il valore dell`export, anche se non tutti i settori stanno ottenendo gli stessi risultati. È chiaro che siamo in uno scenario geopolitico profondamente diverso da quello di qualche anno fa, in cui le “guerre” commerciali potrebbero avere un peso importante. D. Il nostro modello dovrebbe essere intensivo, estensivo o un insieme dei due? R. Dobbiamo far convivere modelli diversi di agricoltura evitando le aberrazioni, come quelle dei grattacieli di animali, il cosiddetto super-intensivo. Le nostre aziende più grandi sono nane rispetto a quelle dei grandi player mondiali. Dobbiamo tenere insieme piccoli, medi e grandi in equilibrio con territori e comunità. Finora lo abbiamo fatto bene. In Europa e in particolare in Italia, dove abbiamo
la quota più alta di superficie biologica al mondo, dove la micro-impresa è capillare
sull`intero territorio, dove la famiglia agricola resta il perno del sistema agricolo e riesce a
convivere, spesso bene, con la presenza di realtà più grandi e organizzate. Per fare un esempio
concreto, intuizioni come quella di Campagna Amica consentono di assicurare il reddito
a migliaia di piccole imprese familiari altrimenti espulse dal mercato. D. A sfogliare il volume c`è un netto atto d`accusa verso i nuovi filantropi, In testa Bill Gates, che additate sostanzialmente di voler concentrare il valore delle agricolture dei paesi in via di sviluppo, soggiogando le popolazioni contadine alla fornitura di loro brevetti transgenici, agrochimici e alimentari. R. Io credo che i meccanismi di `dipendenza` siano un guaio. Il simpatico Gates e il suo infinito stuolo di lobbisti` che operano a livello governativo, intergovernativo, internazionale etc. etc. sono un guaio. Vede la Coldiretti si avvale a Bruxelles di un personale che non arriva alla dozzina di persone. Questo possiamo permetterci. Gates se ne può permettere migliaia e può contaminare una ventina di paesi africani per affidarsi alla sua
fondazione. L`esito, per gli africani, lo trovate appunto nelle `misurazioni` affidate ad Adinolfi
e Weber. E -vi prego di credermi – non fa onore a William Henry Gates III, detto Bill – come
recita Wikipedia. D. Il piano Mattei è una risposta alla Fondazione Bill & Melinda Gates e alla fondazione Rockfeller che hanno unito i loro sforzi in Agra, la loro associazione per la rivoluzione agricola in Africa. R. Il nostro contributo al piano Mattei è un modo di fare cooperazione internazionale che definirei “sano”. L`Italia porta expertise, tecnologia, formatori
e risorse per costruire un modello che risponda ai bisogni locali e alle condizioni agro-ecologiche dei luoghi dove si produce. Si costruiscono modelli locali destinati a contaminare territori più ampi, a riconoscere più diritti e migliori prospettive di vita. Il contrario di quello che hanno fino ad oggi fatto i filantropi contro cui nel libro puntiamo il dito. Loro sembrano essere stati più attenti a curare i loro interessi e le loro prospettive, piuttosto che quelle delle comunità locali. I loro interventi sembrano aver favorito la concentrazione e il controllo delle terre da parte
di grandi colossi multinazionali, trasformando i contadini in soccidari e allargando la forbice
dell`ingiustizia sociale. Quindi sì, quello diBF è un approccio decisamente alternativo. Le terre restano ai contadini locali e il cibo prodotto è destinato a sfamare le comunità locali. D. Sul banco degli imputati mettete anche Elon Musk, Warren Buffet, Jeff Bezos. In sostanza,
il neoliberismo, il capitalismo finanziario americano e delle big tech.
R. Io le chiedo, con umiltà, di consentirmi di non esprimere un giudizio. Vede noi nel trascorrere del tempo abbiamo collaborato con tutti i governi italiani, con ottimi risultati per i contadini che abbiamo rappresentato, per i cittadini tutti che abbiamo servito. E tuttavia se dà un`occhiata
wikileaks siamo abbondantemente citati. Insomma, siamo gente che se necessario sa davvero mettersi di traverso. Se necessario. D. La vera guerra è tra oligarchie finanziarie e tecnologiche e democrazia dei territori? E la Coldiretti si pone in contrasto a tutto questo? R. Prendiamo il caso dei cibi ultra-trasformati, ultra-processati, ultra-formulati. Io direi il cuore dell`offerta delle multinazionali. E direi anche l`anticamera dei cibi da laboratorio. Si, lo ripeto, dei cibi costruiti in laboratorio. Si, noi siamo in `fiero` contrasto con questa roba che non riescono a dimostrare `faccia bene alla salute`. E su questo terreno noi faremo del nostro meglio. D. Andiamo al punto. La regolazione del mercato mondiale delle
commodity, ipotizzata in principio dalla Fao con un modello di stampo keynesiano e poi affossata dal Fmi, è ancora una via possibile?
 R. Auspicabile, ma nella situazione
internazionale che viviamo, classificherei l`eventualità come difficilmente
realizzabile. Già durante le crisi del 2009 e del 2011 si era ricominciato a parlare di un sistema comune di scorte nei vertici dei grandi, ma si trattò solo di annunci. Un grande
sistema di scorte avrebbe il pregio di calmierare i mercati e contribuire alla
food security in tutto il mondo. La via è, quindi, tecnicamente possibile, non so se politicamente viabile in questo particolare frangente storico. D. I contratti di filiera stabilizzano il prezzo. Per farlo è necessario importare materia prima, visto che nonne abbiamo abbastanza. Accade soprattutto per l`olio d`oliva. Dove si fissa il limite per evitare di fare “italian made in Italy sounding”? R. Il limite sta nella trasparenza. Si importa quello che serve, importante è renderlo noto al consumatore, che deve essere nelle condizioni di poter verificare l`origine del prodotto e deve essere certo che i controlli siano adeguati. I malfattori vanno smascherati. Chi importa olio d`oliva da non so dove e lo vende per italiano fa una truffa grave. I contratti di filiera sono una garanzia di un patto stabile per portare prodotto italiano e locale sulle tavole dei consumatori, creando valore aggiunto e distribuendolo in maniera equa tra gli attori della filiera. D. E l`Unione europea va rafforzata, federata, o smembrata a favore delle sovranità nazionali? R. Le posso dire solo una cosa. Noi abbiamo bisogno di `Europa` come il pane. In particolare noi Italiani. Il punto è che in tanti quando mettono piede a Bruxelles, spesso perdono la testa. Un po` è il `feticcio` Europa quella che avrebbe garantito 70 anni di pace, un po’ sono le parole dei Padri Fondatori. Un po`, mi torna in mente l`ottimo Bill Gates e il quantitativo di denaro e di opportunità che riesce a riversare. E poi penso a Pasolini: `io so, ma non ho le prove`. D. In proposito, che ne pensa della grande crescita dell`Afd in Germania? R. Non mi fa piacere. Ma spero che chi governerà ne tenga conto. Perché è agevole – in particolare con i tedeschi – l`anatema, la condanna, il richiamo al passato. L`importante è capire. Domandarsi il perché. Chiedersi dove si è sbagliato. Per ora non vedo traccia di un percorso di rilettura. Per ora siamo alle `barricate`. Buoni e cattivi. Francamente la storia dei popoli non funziona così. La volontà dei popoli non va mai prevaricata e dico questo perché anche la volontà dei contadini, che popolo sono, non va mai prevaricata. D. La tecnologia è un aiuto o un nemico che ci trascina verso un`era postumana? R. La tecnologia è stata fondamentale per il progresso dell`uomo e continuerà ad esserlo. Su questo ho pochi dubbi. La questione è che siamo di fronte ad evoluzioni che vanno al di là della nostra attuale capacità di comprensione e regolamentazione. Nel caso dell`intelligenza artificiale abbiamo una o due innovazioni a settimana che hanno carattere epocale e implicazioni che facciamo fatica ad immaginare. La questione è che le soluzioni ai problemi del mondo vanno costruite insieme alla tecnologia, ma non demandate tout court ad essa, altrimenti come diciamo nel libro assecondiamo quello che individuiamo come “suprematismo” tecnologico.

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