il Punto Coldiretti

Biodiversità: le mani cinesi sulle sementi italiane

Con i cinesi che puntano all’acquisizione dell’italiana Verisem si rischia il monopolio mondiale sui semi di ortaggi ed erbe aromatiche in una situazione in cui già 2 semi su 3 (66%) sono in mano a quattro multinazionali straniere. E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti su dati centro studi Divulga per la Giornata mondiale della Biodiversità del 22 maggio in riferimento all’operazione di vendita dell’azienda romagnola che con 2200 produttori è leader mondiale del suo settore, ha 5 siti produttivi (3 in Italia, 1 in Francia e 2 negli Stati Uniti), distribuisce in 117 Paesi e realizza il 54% del suo fatturato in Europa, il 20% nelle Americhe, il 19% fra Asia e Pacifico e il restante 6% in Medio Oriente.

La Verisem, che ha 198 dipendenti in Italia, 62 negli Stati Uniti e 20 in Francia e 4 fra Russia e Slovenia, è una delle più importanti realtà italiane nel campo delle sementi con un patrimonio di conoscenze scientifiche e tecniche produttive che ne fanno un asset di rilevanza strategica per il Paese e per la difesa della sovranità alimentare nazionale in un momento storico in cui gli effetti dell’emergenza Covid su commercio internazionale e consumi hanno fatto emergere l’importanza vitale del cibo e degli approvvigionamenti alimentari. Per questo è necessario che il Governo eserciti la Golden Power in modo che il controllo della Verisem con tutto il suo potenziale produttivo resti sotto la bandiera italiana.

Si rischia di svendere agli stranieri un pezzo del patrimonio genetico nazionale di biodiversità fatto di sementi conservate da generazioni di agricoltori e che verrebbe cosi banalizzato ed omologato sul mercato internazionale.

Il valore dell’azienda di Cesena è stimato in circa 150 milioni di euro che ha già attirato l’interesse di due colossi cinesi, uno agroindustriale controllato da ChemChina, che ha acquisito anche il controllo della svizzera Syngenta e uno finanziario con il fondo sovrano  cinese Cic ma in corsa ci sono anche il fondo privato  Usa Platinum equity e le società Corteva (Usa) e Dlf (Danimarca)  mentre si sta formando anche una cordata tricolore tra Bonifiche  Ferraresi e Fondo italiano d`investimento, controllato dalla Cassa Depositi e Prestiti.

I produttori agricoli sono stretti in una tenaglia da pochi grandi gruppi multinazionali che dettano le regole di mercato nella vendita dei mezzi tecnici necessari alla coltivazione e all’allevamento nelle aziende agricole, a partire dalle sementi, ma anche nell’acquisto e nella commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentare. La perdita di potere contrattuale si traduce in difficoltà economiche e occupazionali per gli agricoltori a livello globale, ma l’elevata concentrazione mette a rischio anche la biodiversità, la tutela dell’identità territoriale e la libertà di scelta dei consumatori, oltre che la sovranità alimentare.

In questo quadro si inserisce il progetto Cai (Consorzi agrari d’Italia) finalizzato a rafforzare la struttura agricola nazionale per competere con i grandi player globali in grado di operare massicci investimenti e per affrontare con instabilità e fluttuazioni dei mercati sul fronte della produzione e distribuzione di cibo alla popolazione. E’ evidente la necessità per l’Italia di rafforzare il sistema dei Consorzi Agrari che sono l’unica struttura degli agricoltori italiani in grado di sostenere il potere contrattuale delle imprese agricole di fronte al crescente strapotere delle multinazionali.

Oggi i Consorzi agrari sono il riferimento di 300mila aziende diffuse capillarmente su quasi tutto il territorio, comprese le aree più difficili, ed hanno esteso la propria operatività, dall’innovazione tecnologica ai contratti di filiera, dalle agroenergie al giardinaggio, dalla fornitura dei mezzi tecnici alla salvaguardia delle sementi a rischio di estinzione e possono vincere la sfida del futuro con nuovi investimenti la sfida dell’agricoltura di precisione e dell’utilizzo dei big data.

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