il Punto Coldiretti

Coldiretti: un ruolo guida per il Paese, ieri come oggi

Una storia unica. Che definire di rappresentanza è riduttivo. E’ quella della Coldiretti che ha condizionato la crescita dell’Italia intrecciando la sua vita a quella del Paese. Lo mette in evidenza il libro di Emanuele Bernardi “La Coldiretti e la storia d’ Italia” commentato in un incontro alla Fondazione Gramsci da Giuliano Amato, Mariuccia Salvati e Guido Fabiani. Gli anni analizzati sono quelli della presidenza di Paolo Bonomi e dunque l’analisi si conclude nel 1980, ma delinea in modo efficace la funzione “straordinariamente articolata” di riferimento svolta dalla Coldiretti dal dopoguerra al 1980.

Gli anni della ricostruzione di un Paese che la guerra aveva lasciato in macerie. Un’azione che ha favorito la crescita sociale, culturale, economica dell’Italia post bellica con un ruolo importante anche nei rapporti internazionale in particolare con gli Stati Uniti. La Coldiretti – è stato ampiamente sottolineato dai relatori – ha partecipato attivamente al profondo cambiamento della società italiana con conquiste fondate sull’allargamento dell’intervento statale in agricoltura dall’assistenza medica, fino ad allora negata ai contadini, alle pensioni. Ma la prima grande conquista è stata il ridimensionato del potere politico della grande proprietà fondiaria a cui si è affiancata la difesa dei redditi e dei prezzi riconosciuti ai coltivatori.

L’ispirazione cristiana, che ha portato al riconoscimento da parte della Chiesta dell’organizzazione come unico interlocutore del mondo rurale, il collegamento politico e diplomatico con gli Stati Uniti ”baluardo contro la minaccia del comunismo” che in quel momento era reale e rappresentato dalla cortina di ferro, hanno portato alla costruzione di un “possente edificio” organizzato da Paolo Bonomi. La Coldiretti dunque non ha svolto solo un’azione guida per l’agricoltura tessendo relazioni anche con il mondo dell’industria, ma è stata determinante per l’evoluzione politica ed economica della nazione.

Il Welfare agricolo dunque come segno di partenza. Si arriva nel testo a delineare quasi un parallelismo tra Bonomi e Mattei in considerazione, tra l’altro, del ruolo svolto per il progresso del Paese. Una evoluzione della realtà sociale che non si è fermata solo ai confini nazionali. Giuliano Amato ha ricordato, in particolare, le critiche rivolte dalla Thatcher e Reagan alle ingenti risorse destinate dalla Comunità europea all’Agricoltura, mentre Mitterand e Kohl difendevano le ragioni di tale scelta perché il corrispettivo di quei fondi erano il mantenimento della vita nelle campagne e i valori della famiglia contadina e della piccola proprietà contadina.

Erano questi i principi che la Coldiretti era riuscita ad affermare in Europa. Per l’autore la storia si chiude negli anni Ottanta. Ma forse non sarebbe male riagganciare quella storia ai nostri giorni. All’attualità di una Coldiretti che ha mantenuto intatti i suoi valori e che oggi come ieri rappresenta una forza sociale in grado di orientare lo sviluppo e di giocare d’anticipo su quelle che sono le tendenze economiche e sociali. Anche nell’Unione europea dove, pur tra mille difficoltà e ostruzionismi, è riuscita in questi ultimi anni a “costruire” una nuova sensibilità nei confronti dei cibo.

E se oggi non c’è pubblicità industriale che non enfatizzi l’elemento dell’italianità e la sostenibilità e il green sono la cifra delle nuove strategie nazionali ed europee, non si può negare che la Coldiretti abbia contribuito molto al nuovo modo di pensare e di agire. Lo “Chapeau” riconosciuto da Giuliano Amato per ieri, può valere dunque anche oggi.

 

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