il Punto Coldiretti

Cresce il valore della terra con 22.600 euro a ettaro, su anche le vendite

Anche se a ritmi più ridotti l’attività di compravendita dei terreni agricoli è aumentata anche nel 2022 rispetto all’anno precedente con un incremento dei prezzi dell’1,5%. In crescita dell’1,7% gli atti di compravendita pari a oltre 150mila all’anno. La superficie oggetto degli atti è salita del 7,5% con differenze però tra le regioni del Nord e quelle del Mezzogiorno. E’ quanto emerge dall’analisi del Crea sull’andamento del mercato fondiario.

L’elaborazione è stata realizzata anche sulla base dei dati del Notariato e dell’Osservatorio del mercato immobiliare. Lo studio ha evidenziato come la domanda prevalga sull’offerta quando si tratta di fondi agricoli di buona fertilità, dotati di solide infrastrutture e dedicati a colture di pregio dalla vite agli ortaggi ai fiori, mentre le aree marginali vengono cedute da agricoltori che lasciano l’attività incrementando così il fenomeno degli abbandoni nelle zone più difficili.

Nonostante le difficoltà del settore la terra comunque non perde appeal. L’andamento delle quotazioni è diverso sul territorio nazionale. Rialzi più elevati si registrano nel Nord Ovest (+3,2%), a seguire il Nord Est a +1,2%, mentre il Centro-Sud si è fermato a +0,5/+0,8%. Le quotazioni medie si sono attestate su circa 22.600 euro a ettaro, con picchi di 47mila nel Nord Est, di 35mila nel Nord Ovest, mentre nel resto dello Stivale (Centro-Sud) non sono stati superati i 15mila euro. In flessione del 6%, secondo i dati della Banca d’Italia, il credito destinato all’acquisto di immobili rurali per un valore di 350 milioni di euro a fronte dei 500 milioni del periodo 2016/2019. Una situazione che rischia di penalizzare i giovani che devono affrontare le difficoltà maggiori per intraprendere l’attività e per i quali l’acquisto dei terreni è il primo ostacolo. Prezzi, e in rialzo, che testimoniano comunque la vivacità del settore, e credito con il contagocce frenano la spinta degli under 35.

Il Crea ha comunque segnalato aspettative favorevoli per il futuro “nonostante – si legge nel report – le incertezze del quadro economico internazionale, la revisione degli aiuti diretti al reddito, le misure previste dal Green Deal e gli eventi climatici estremi”.

A far scattare l’allarme nel mondo agricolo è stata l’eccessiva spinta green portata avanti da Bruxelles che nell’ultimo anno ha messo in campo provvedimenti preoccupanti per la tenuta del settore (dal drastico taglio dei fitofarmaci all’equiparazione delle stalle alle ciminiere). Si tratta di quegli interventi messi in campo dalla Commissione europea che Coldiretti ha contrastato con forza perché l’eccesso di rigore ambientalista in primis non tiene conto delle caratteristiche produttive del nostro Paese dove, pensando per esempio all’allevamento, non esistono allevamenti intensivi di grandi dimensioni e senza terra e poi perché gli agricoltori italiani hanno già conseguito risultati importanti sul fronte della riduzione dei fitofarmaci.

C’è poi da aggiungere che le conseguenze del cambiamento climatico non danno tregua. Ma gli agricoltori italiani continuano ad essere animati dalla voglia di puntare su un’attività produttiva che, con le misure del Pnrr e la svolta delle nuove tecniche genetiche, potrebbe diventare sempre più competitiva. Ed è questo che spiega il rafforzamento della maglia poderale realizzato soprattutto con il ricorso agli affitti. Il Crea ha infatti sottolineato come continui a prevalere la domanda nel mercato degli affitti trainata soprattutto dai seminativi irrigui nelle aree di pianura mentre diminuisce lievemente per i vigneti di alto pregio. I canoni d’affitto sono cresciuti nelle aree dove il mercato è stato particolarmente vivace, mentre in altri contesti il livello dei canoni è rimasto pressoché stabile.

L’ultimo Censimento dell’Agricoltura dell’Istat ha segnalato un balzo del 27% della superficie agricola in affitto rispetto a quello precedente del 2010. E pertanto risulta in affitto il 50% della Sau coltivata pari a oltre 6 milioni di ettari. I ¾ della Sau condotta di imprenditori under 40 è in affitto, mentre per gli over 40 si ferma al 47%. Il ricorso all’affitto nelle imprese dei giovani è particolarmente accentuato nel Nord (74%), ma la scelta coinvolge anche i senior (55%).

A frenare un ulteriore ricorso a nuovi terreni ci sono però i dubbi legati alla Pac sia per la rimodulazione dei premi che per gli eco schemi. Per il Crea poi non gioca a favore degli acquisti l’aumento dei tassi di interesse, mentre resta la difficoltà (cronica e storica) dell’accesso al credito per le aziende agricole.

Nella ricerca di quest’anno il Crea ha anche effettuato un sondaggio per tastare il polso dei “testimoni qualificati”. Secondo il monitoraggio l’inflazione non avrebbe inciso particolarmente sui prezzi della terra e dunque gli aumenti sarebbero solo il risultato di una maggiore richiesta. Ma il trend della quotazioni non è omogeneo. I vigneti di pregio continuano a spuntare prezzi elevati, così come i seminativi irrigui, gli agrumeti e il florovivaismo. I vigneti di qualità sono gettonati in tutt’Italia. Più fiacchi invece frutteti, oliveti e pascoli per difficoltà gestionali e di mercato per le prime due tipologie, e per la marginalità dei terreni e la riduzione degli allevamenti estensivi per l’ultima. Nel breve termine si prospetta un aumento dei prezzi per le incertezze economiche internazionali, ma anche per l’incremento dei costi delle materie prime e dell’energia. Ma ci sono altri fattori che frenano il mercato fondiario.

L’ingente importo dell’investimento fondiario contrasta, per esempio, con la bassa redditività media delle attività agricole che negli ultimi anni tra pandemia e guerra sono state costrette ad affrontare rialzi insostenibili dei costi di produzione non compensati dai prezzi dei prodotti. Mentre sono scarse le terre in aree vocate e che garantiscono alta produttività. Un altro elemento che mette in difficoltà gli agricoltori è la concorrenza degli impianti a terra per la produzione di energia che “consumano” terreni fertili. L’ultimo bando sull’agrisolare ha vincolato la realizzazione degli impianti sui tetti degli edifici rurali, ma negli ultimi anni molte terre sono state sottratte alla coltivazione.

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