il Punto Coldiretti

Ecco perché l’accordo Ceta non va ratificato

Tre no motivati alla ratifica del Ceta, l’accordo di partenariato economico tra l’Unione europea e il Canada. Li ha espressi la Coldiretti in occasione dell’audizione informale alla Camera. In primo luogo, secondo Coldiretti, non è vero che la mancata ratifica bloccherebbe l’accordo e dunque non è né opportuna e né necessaria. Tra l’altro non è previsto un termine ultimo entro il quale gli Stati membri devono procedere alla ratifica. E comunque sono 11 i partner che ancora non l’hanno fatto tra i quali la Francia.

Il secondo no è spiegato dal fatto che nella fase di pre ratifica è già in vigore il 99% dell’accordo. E infine perché organismi bilaterali sono al lavoro per migliorare l’intesa.

Coldiretti ha infatti indicato le criticità che devono essere superate. In primo luogo l’utilizzo in Canada di sostanze attive vietate nell’Unione europea, dagli anni Settanta, come acetato, paraquat o acido solforico e streptomicina. Ma anche e soprattutto il glifosato utilizzato in pre raccolta per il grano duro secondo modalità vietate in Italia. Se l’Ue approverà la nuova autorizzazione con il divieto dell’uso come essiccante, allora si potrà introdurre questo divieto come clausola nei confronti del Canada.

Un altro elemento che la Coldiretti contesta riguarda i formaggi in particolare la decisione del Canada di destinare il 50% della quota di mercato al gruppo di produttori canadesi di cui 30% ai piccoli e medi e 20% ai grandi, mentre il 50% sarà allocato ai rivenditori e distributori con il 30% ai piccoli e medi e il 20% ai grandi. Coldiretti ha spiegato che si è trattato di “di una vera e propria forma di compensazione offerta ai produttori canadesi per l’apertura del mercato, questione che sta già facendo emergere attriti tra la Commissione e i canadesi durante le riunioni dei comitati Ceta, ma su cui i progressi sono stati pari a zero per chiusura del Canada”. Il punto è che dare l’esclusiva per l’importazione dei prodotti a quei Paesi dove c’è una forte presenza di italian sounding significa solo “dare spazio alle storture” con grave danno per eccellenze come il parmigiano reggiano come avviene per esempio negli Stati Uniti dove a vendere il vero formaggio tricolore è il principale produttore di italian sounding.

Un’altra stortura è rappresentata dalla clausola di salvaguardia per le merci escluse dall’accordo riconosciuta però solo al Canada.

Un altro nodo evidenziato dalla Coldiretti è l’esiguo numero di indicazioni geografiche italiane protette dal Ceta: 41. Una lista chiusa e difficile da allungare soprattutto per quanto riguarda le Ig del Sud. Condizioni penalizzanti che non si ritrovano in nessun altro accordo bilaterale siglato da Bruxelles. Negli accordi con il Giappone o con la Nuova Zelanda gli aggiornamenti sono infatti automatici. Inoltre formaggi come Gorgonzola, Asiago e Fontina sul mercato canadese sono considerati generici e dunque i “falsi” canadesi potranno essere tranquillamente venduti.

Per il parmesan poi è un vero disastro. Si potrà continuare a vendere e registrare formaggio parmesan a una sola condizione che si specifichi che sia made in Canada. E questo sarebbe l’unico obbligo per non indurre in errore i consumatori. Dai formaggi ai prosciutti le problematiche non cambiano. I marchi commerciali simili o omonimi di indicazioni geografiche registrati prima dell’accordo Ceta , spiega Coldiretti, potranno continuare ad essere utilizzati. E dunque il Prosciutto di Parma, il prosciutto San Daniele, il prosciutto Toscano e il prosciutto di Modena potranno entrare nel mercato del Canada dove resteranno però i marchi canadesi registrati prima dell’intesa. E non va meglio per il vino italiano. Per le IG infatti si fa riferimento all’accordo del 2003 che lascia così senza protezione molti vini italiani riconosciuti dopo quella data, dall’Amarone al Ripasso della Valpolicella. Insomma Coldiretti ha lamentato tutele minime e lontane dagli standard adottati negli accordi con altri Paesi.

E infine Coldiretti ha anche chiarito come non siano vere le valutazioni economiche sbandierate dai fautori di una immediata ratifica dell’accordo. Le esportazioni agroalimentari italiane verso il Canda sono cresciute del 52%, in linea con il +45% verso il resto del mondo e meno del +65% di spedizione verso gli Stati Uniti con i quali non si è concluso l’accordo Ttip, corrispettivo del Ceta. Anche senza Ceta quindi – questa la valutazione di Coldiretti- ci sarebbe stato lo stesso trend dell’export. Ma nessuno dice che se è vero che l’export agroalimentare italiano è cresciuto, nel periodo di applicazione dell’accordo le vendite canadesi in Italia si sono impennate del 110%. Il vero affare dunque è stato per il Canada. E quindi per Coldiretti ok alla ratifica, ma solo quando l’accordo sarà migliorato.

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