il Punto Coldiretti

Formazione, l’agricoltura ha bisogno di investimenti sulle competenze

Quando si progetta un percorso di formazione o un piano di formazione continua per il personale di un’azienda agricola o di una grande organizzazione, la sfida principale per chi fa formazione è quella di inquadrare quali competenze in uscita devono essere acquisite, tenendo presente che l’impatto deve essere misurabile in funzione di una crescita complessiva della produttività tanto dell’impresa quanto del singolo dipendente, dirigente o imprenditore.  Su questioni cruciali, come queste, si interroga Inipa, l’ente di formazione di Coldiretti.

In un recente seminario organizzato del fondo interprofessionale Foragri, si è riflettuto sulle sfide strategiche che devono spingere un imprenditore o un datore di lavoro ad investire nell’aggiornamento e incremento delle competenze dei propri collaboratori e ne sono state individuate tre: innalzamento della motivazione del lavoratore, con ricadute sul clima aziendale; raggiungimento di obiettivi di apprendimento in funzione delle caratteristiche del lavoratore e riconoscimento degli apprendimenti acquisiti sia all’interno sia all’esterno dell’azienda.

Le competenze possono essere raggruppate secondo tre macro ambiti: tecnico-professionali, digitali e abilità personali-relazionali.

Anche alla luce dell’accelerazione alla transizione ecologica e tecnologica che la recente pandemia ha prodotto in ogni settore economico e sociale del nostro Paese, tra il 2021 e il 2025, secondo Unioncamere (indagine Excelsior) l’agricoltura potrebbe ritrovarsi ad avere un fabbisogno di posizioni lavorative tra le 9 mila e 29 mila unità, a cui si aggiungono oltre 100mila addetti in uscita per motivi anagrafici.

Con riferimento all’industria alimentare, si evidenziano tassi medi annui di espansione di occupati superiori alla media del comparto industria (0,8% vs 0,4%) e un fabbisogno di nuove posizioni che oscilla tra le 32 mila e 56 mila unità nel prossimo lustro (oltre a 146 mila addetti in uscita per motivi anagrafici).

Ma il miglioramento della competitività aziendale non può più prescindere dalla necessità di professionalità crescenti e qualificate e di facilitare indirettamente quei processi di mobilità e trasversalità tra ambiti settoriali e territoriali diversi. Grazie a percorsi di formazione avanzata, professionale o continua, capaci di anticipare le tendenze e i fabbisogni formativi delle imprese, sarà possibile per il made in Italy agroalimentare poter sfruttare tutto il proprio potenziale per una crescita del fatturato e delle ricadute occupazionali.

In questa visione di prospettiva gli imprenditori agricoli hanno l’opportunità di trarre grandi vantaggi dagli strumenti messi a disposizione dai fondi interprofessionali per la formazione del proprio personale, grazie alla collaborazione strategica, diretta e continua con gli enti di formazione professionale per progettare percorsi di aggiornamento professionale a partire dall’analisi dei fabbisogni e fino alla successiva validazione dalle competenze acquisite.

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