il Punto Coldiretti

Grano, l’alluvione in Romagna “brucia” 200mila quintali

Il maltempo in Emilia Romagna ha distrutto un raccolto di grano tenero pari a circa 200mila quintali. È la stima dei danni per l’alluvione in Emilia Romagna per il settore cerealicolo di Coldiretti e Cai – Consorzi Agrari d’Italia. Una perdita che ridimensiona le stime sulla produzione nazionale di grano data in rialzo del 10%.

L’Emilia-Romagna, con una superficie agricola di oltre un milione di ettari coltivati, oltre a rappresentare l’8% della superficie agricola italiana, è, infatti, a tutti gli effetti un distretto cerealicolo di assoluta importanza: su circa 570mila ettari di grano tenero a livello nazionale si stimano quest’anno 160mila ettari seminati, poco meno del 30% dell’intera superficie nazionale.

L’alluvione è costata alla regione un taglio della produzione tra il 12 e il 15% di grano con i danni concentrati tra Forlì, Cesena, Ravenna e Faenza e in parte nel Bolognese e Riminese, secondo il monitoraggio di Coldiretti e Cai – Consorzi Agrari d’Italia.

Più positive le prime stime sulla produzione di grano in Italia che potrebbe superare 4 milioni di tonnellate, con un incremento produttivo che non supererà comunque il 5%, anche se molto dipenderà dalle condizioni climatiche incerte.

A risentire delle piogge incessanti delle ultime settimane potrebbero essere, infatti, le rese, che dovrebbero attestarsi a livelli di un’annata ordinaria con 70 quintali a ettaro per il grano duro e di 80 quintali/ettaro per il tenero al Nord, tra i 50 e i 60 quintali a ettaro al Centro, e intorno ai 30-40 quintali/ettaro al Sud.

I dati sulle superfici coltivate a cereali, fermi a febbraio secondo la rilevazione Istat che non tiene conto delle semine tardive di numerose regioni, vedono il grano tenero attestarsi a poco più di 572mila ettari (+6,2% rispetto allo scorso anno), mentre il grano duro è fermo a quasi 1,22 milioni di ettari (-1,6% rispetto al 2022).

A pesare sulla cerealicoltura nazionale sono però i bassi prezzi pagati agli agricoltori, con le quotazioni del grano che non coprono neppure i costi di produzione sostenuti.

 

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