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Il paradosso dei semi di papavero: si mangiano, si importano ma non si possono coltivare

E’ paradossale la situazione in Italia dei semi di papavero. Si tratta di un prodotto, ottenuto da varietà selezionate, destinate esclusivamente all’uso alimentare che contengono bassi livelli di alcaloidi oppiacei, che viene utilizzato in diverse preparazioni alimentari dell’arco alpino, quali pane, dolci, biscotti, paste ripiene.

Un prodotto che è censito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali con almeno 25 anni di storia (DM350/99, provincia di Bolzano, semi di papavero), che viene importato, ma che non può essere coltivato in Italia, se non per scopi sperimentali, scientifici, didattici, da istituti di ricerca o università, previa autorizzazione rilasciata dal Ministero della Salute.

Eppure sono oltre 380.000 i chilogrammi di semi di papavero destinati all’uso alimentare che sono stati importati in Italia nel 2019, per un valore pari a 1.528.160 euro (fonte Istat, elaborazione Coldiretti) dai Paesi Bassi, dalla Turchia, dall’Austria, dalla Repubblica Ceca, dalla Polonia, dalla Francia.

Si tratta di una coltivazione che potrebbe risultare interessante in zone marginali, di montagna, dove storicamente il papavero era coltivato come pianta da olio, ma che è resa non praticabile dalle norme: si cucina, si mangia, si importa, anche da partner Ue, ma non si può coltivare in Italia.

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