Il vero e il falso dell’Italia a tavola
Articolo di Paolo Falcioni pubblicato sul settimanale economico Moneta allegato a Libero, Il Tempo e Il Giornale Dalla carne intenerita con la somministrazione di ormoni negli allevamenti alla frutta ingigantita perché Ogm fino alla maggiore presenza di pesticidi nel piatto rispetto al passato, sono numerose le fake news sul cibo anche in un Paese come l’Italia che è leader mondiale nella qualità, dal campo alla tavola. Un primato che è giusto ricordare nella giornata Mondiale della Sicurezza Alimentare del 7 giugno, promossa da OMS e FAO per sensibilizzare i cittadini sul tema della sicurezza alimentare e sui benefici per la salute umana. Una occasione anche per sfatare le tante bufale che circolano sul cibo Made in Italy. Nelle stalle in Italia e in tutta l’Unione Europea l’uso di sostanze ad attività ormonale è assolutamente vietato dal 1981, cioè da ben 44 anni nel rispetto del principio di precauzione che ha portato a proibire dal 1988 anche l’importazione di carni trattate con ormoni della crescita che molti Paesi, dal Sud America agli Stati Uniti, continuano invece ad utilizzare. Un principio che nel Belpaese è garantito per tutti i tipi di carne, bovina, suina, ovina e per il pollame sotto il controllo di un sistema veterinario di avanguardia che è tra i più capillari d’Europa. Falsa anche l’idea che la frutta raggiunga grandi dimensioni perché Ogm. Anche in questo caso in Italia la coltivazione di organismi geneticamente modificati (Ogm) è vietata per tutte le colture e le caratteristiche di frutta e verdura sono quindi il risultato della semplice selezione varietale. E per quanto riguarda i pesticidi Eurostat ha appena certificato che l’Italia, insieme al Portogallo, è il Paese che nella Ue ha ridotto di più la vendita di agrofarmaci tra il 2011 e il 2023 (-44%), seguito da Irlanda e Slovenia (ciascuno in calo del -38%) mentre aumenti più significativi nel periodo considerato si sono osservati in Lettonia (+55%), Austria (+52%) e Lituania (+11%). Il risultato è che le bevande e i cibi stranieri sono otto volte più pericolosi di quelli Made in Italy con il numero di prodotti agroalimentari provenienti dall’estero con residui chimici irregolari pari al 5,6% rispetto ad appena lo 0,7% di quelli di provenienza nazionale, secondo l’analisi dell’Osservatorio Coldiretti sul Rapporto annuale dell’Efsa. L’indagine ha riguardato migliaia di alimenti di uso comune come cereali, frutta e verdura, olio, vino, baby food e altri prodotti campionati sul territorio nazionale nel 2023. Nel dettaglio sono stati analizzati complessivamente 10596 prodotti dei quali 9813 di origine nazionale e 783 di provenienza estera. La differenza è dovuta proprio al fatto che in Italia ci sono regole produttive più rigorose per gli alimenti a garanzia dei consumatori. E gli esempi non mancano: dall’obbligo di utilizzare a livello nazionale esclusivamente grano duro per la pasta ( quella con il tenero scuoce facilmente e non rimane corposa) al divieto della polvere di latte nei formaggi fino a quello di aggiungere zucchero nel vino, che non valgono in altri Paesi dell’Unione Europea. Nella Penisola, peraltro, arrivano grandi quantità di grano duro, destinato alla produzione di pasta, in particolare dal Canada dove viene utilizzato in preraccolta il glifosato, con modalità del tutto vietate in Italia. Sul glifosato gravano infatti pesanti sospetti sui rischi per la salute. Con il Canada l’Unione Europea ha siglato l’accordo di libero scambio CETA sotto accusa proprio per il mancato rispetto del principio di reciprocità. E cioè che le regole sul piano sanitario, produttivo e del lavoro che valgono per i nostri produttori vengano rispettate anche per le importazioni. E’ questa una delle ragioni della diffusa opposizione, da parte di Coldiretti e Filiera Italia, all’ipotesi di accordo di libero scambio commerciale tra l’Unione Europea e i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) dove alcuni promotori della crescita, vietati in Europa, continuano ad essere usati negli allevamenti di suini e pollame ed è consentito l’uso di pesticidi e fitosanitari non ammessi nella Ue, con limiti massimi di residui nei prodotti agricoli molto più alti rispetto a quelli tollerati. Un problema che riguarda anche gli allevamenti negli Stati Uniti che non possono per ora esportare carne trattata con ormoni anabolizzanti nell’Unione. Un tema che potrebbe rientrare nel negoziato USA/UE sul tema dei dazi minacciati dal Presidente Donald Trump. Anche per questo, in occasione della recente visita in Italia della segretaria all’Agricoltura statunitense, Brooke Rollins, il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, ha messo le mani avanti affermando che “è necessario mettere fine alla guerra dei dazi, puntando a ridurre le barriere commerciali ma nel rispetto dei rigidi standard di sicurezza alimentare europei, perché è imprescindibile applicare la reciprocità e la tutela della salute dei cittadini”. L’Italia ha voluto difendere il primato conquistato sulla sicurezza anche di fronte alla nuova sfida dei cibi (dalla carne al latte) fatti in laboratorio con una legislazione di avanguardia approvata a fine 2023 che introduce il divieto di produrre, importare e commercializzare alimenti a base cellulare o mangimi. La normativa italiana è stata presa a riferimento anche in diversi Stati Usa che hanno adottato una legislazione simile, dal Montana all’Indiana, dalla Florida all’ Alabama, dal Mississippi al Nebraska. In Texas, invece, la norma è stata appena approvata dalla Camera dei Rappresentanti e ora è passata all’aula del Senato per la votazione finale. Per l’Italia in gioco c’è la filiera agroalimentare tricolore che, allargata alla ristorazione e distribuzione, vale ben 620 miliardi di euro, con il cibo che assume un ruolo sempre più centrale per la crescita economica del Paese. Il Made in Italy dal campo alla tavola vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 700mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, circa 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Un patrimonio del Paese sostenuto dall’agricoltura italiana, che vanta il primo posto nella Ue per valore generato per ettaro coltivato, quasi 3000 euro, il doppio rispetto ai “cugini” francesi e i 2/3 in più dei tedeschi. Ma le campagne nazionali hanno anche la leadership Ue nel biologico con 84mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (328), 529 vini Dop/Igp, 5717 prodotti alimentari tradizionali e Campagna Amica, la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori. Senza dimenticare le 40mila aziende agricole impegnate nel custodire semi o piante a rischio di estinzione. Ma l’Italia è stata anche il primo Paese in Europa ad aver introdotto una normativa nazionale per rendere obbligatoria in etichetta l’indicazione della provenienza dei principali ingredienti, dal grano duro impiegato per la pasta al pomodoro in passate e concentrati, dal latte nei formaggi alla carne nei salumi e molto altro ancora. Una norma per garantire trasparenza di informazione ai consumatori che la Coldiretti vuole ora estendere in tutta l’Unione europea con la proposta di legge comunitaria di iniziativa popolare che è possibile firmare in tutti i mercati contadini di Campagna Amica e in tutte le sedi territoriali della Coldiretti. L’obiettivo è difendere un patrimonio del Paese rispetto ai rischi connessi all’attuale norma dell’ultima trasformazione prevista dal codice doganale che permette ai prodotti esteri di diventare 100% italiani con lavorazioni anche minime. Uno scandalo che è peraltro favorito dalla scarsità di controlli a livello comunitario. Si stima infatti che meno del 10% dei prodotti agroalimentari in arrivo in Europa dai Paesi extra-Ue sia sottoposto a verifiche fisiche, mentre per il resto si controlla solo la documentazione allegata. A questo si aggiungano porti “colabrodo” come quello di Rotterdam dove c’è una totale inadeguatezza e passa di tutto. |
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