il Punto Coldiretti

In 10 anni perso un campo di grano su 5

Nell’ultimo decennio è scomparso un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati ed effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente. A denunciarlo è la Coldiretti in occasione della Giornata nazionale del grano italiano con la prima storica trebbiatura realizzata al Villaggio contadino della Coldiretti a Milano, in occasione della fine delle operazioni di raccolta lungo tutta la Penisola.

Per la trebbiatura 2019, secondo una prima stima Coldiretti si prevede un raccolto di quasi 7 miliardi di chili di grano, coltivati su oltre 1,8 milioni di ettari, rispetto ai circa 2,3 milioni di un decennio fa. Se i terreni coltivati calano, si registra però in controtendenza un boom della coltivazione di grani antichi che nel giro di due anni hanno visto moltiplicarsi per sei le superfici coltivate, passando dai 1000 ettari del 2017 ai 6000 attuali, trainato dal crescente interesse per la pasta 100% italiana e di qualità.

Un esempio è il grano Senatore Cappelli, ma da Nord a Sud sono state recuperate tante altre varietà, dalla Timilia al Saragoilla, dal gentil Rosso al Farro dicocco e monococco, dal Russello al Burattata. Resta però il problema dei bassi prezzi riconosciuti ai coltivatori, con le quotazioni dei prodotti agricoli ormai sempre meno legate all’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più ai movimenti finanziari e dalle strategie speculative. Un esempio è il grano tenero, venduto a circa 21 centesimi al chilo mentre un chilo di pane ne costa attorno ai 3,1 euro al chilo. Ma a pesare sono anche le importazioni dall’estero di prodotti che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese.

Dopo l’approvazione dell’accordo di libero scambio con il Canada (CETA) nei primi tre mesi del 2019 il Paese Nordamericano Canada è risultato il primo fornitore di grano duro dell’Italia con un aumento di 600 volte delle importazioni di prodotto trattato con l’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole. In questo modo si mette in pericolo la vita di oltre trecentomila aziende agricole che coltivano grano spesso in aree interne senza alternative produttive e per questo a rischio desertificazione.

Alla perdita economica e di posti di lavoro si aggiunge il rischio ambientale in un Paese che con l’ultima generazione ha perso oltre un quarto della terra coltivata per colpa dell’abbandono, della cementificazione e degli attacchi degli animali selvatici che distruggono i raccolti agricoli.

“C’è sicuramente un margine da recuperare per garantire un giusto compenso agli agricoltori, senza pesare sui cittadini”, ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’impegno in atto “per realizzare rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti”.

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