il Punto Coldiretti

La zappa sui piedi

Sì, ma anche… Ci sono temi su cui non si può stare un po’ di qua e un po’ di là. L’alimentazione è uno di questi. Siamo la patria del mangiare e bere bene, ogni giorno si cantano le lodi della Dieta Mediterranea e poi all’improvviso si scopre il bello della polvere di grillo o di locuste. La Confagricoltura è scesa in campo a sostenere le ragioni degli insetti nel piatto. Il nostro.

Per carità non è uno schieramento chiaro e deciso, che si potrebbe anche capire. Anche se condividerlo è duro, soprattutto per chi deve combattere con le avversità per arrivare sui mercati con prodotti eccellenti. L’assioma ribadito è infatti che “Il cibo italiano è universalmente riconosciuto e la questione va affrontata in generale con buonsenso. La cucina tricolore – questo si legge in un comunicato della Confagricoltura- è un modello anche sostenibile con effetti positivi sotto l’aspetto ambientale e quello economico”. E allora? Abbiamo capito male. Era una provocazione? No.

Perché sempre nella stessa nota si esalta il consumo degli insetti. Dalla parte dei grilli il fatto che non fanno male. Secondo la certificazione dell’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma, nel cuore della Food Valley italiana, che comunque qualche dubbio – è bene segnalarlo per fare vera chiarezza – se lo è posto mettendo in guardia dai rischi di allergie. Ma alla fine il via libera è arrivato. E dunque si proceda. E qui arriva il nocciolo della questione: il business.

La Confagricoltura fa sapere che sono “oltre 2 mila le specie commestibili con un fatturato in crescita esponenziale, mentre in Europa le specie edibili sono tre: cavallette, larve della farina e grilli”. Insomma siamo pure indietro! Bisogna dunque recuperare tenendo conto delle stime (Global Market Insights): aumento del mercato di oltre il 43% per un valore che nel 2024 dovrebbe raggiungere 710 milioni di dollari.

Un fatturato, quello sì, che fa venire l’acquolina in bocca. In nome dell’innovazione che torna sempre utile. Per gli insetti, come per la carne finta.

Parola magica come sostenibilità. Come la necessità di garantire proteine alla popolazione di tutto il mondo. Dopo una sperticata lode agli insetti, nuova marcia indietro. Nessuna preoccupazione: “La nostra ricca cultura alimentare difficilmente perderà spazi di mercato”.

Quanto siano pericolose queste posizioni altalenanti è fin troppo chiaro. Non c’è il coraggio infatti di difendere senza se e senza ma un affare su cui qualcuno ha già pensato di investire (una start up? Magari pagata anche con i contributi pubblici). Si lasciano intendere brillanti scenari produttivi alternativi, ma poi si difende il made in Italy.

Un intervento diretto potrebbe scatenare non solo l’ira dei consumatori italiani che stanno sempre più dimostrando di apprezzare i cibi buoni, ma anche quella degli agricoltori. E dunque meglio sondare. Lanciare il sasso e ritirare la mano. Forse una mini pattuglia di imprenditori degli insetti c’è, ma la stragrande maggioranza dei produttori agricoli è impegnata sulle eccellenze vere che stanno sbancando sui mercati mondiali.

Sugli insetti poi l’Italia non potrà mai diventare competitiva. E come se alcuni imprenditori alimentari (di insetti) del Vietnam o della Thailandia decidessero di fare concorrenza alla nostra pasta, fatta di grano duro. E’ giusto che le diete alimentari siano variegate, sono figlie della cultura e delle tradizioni locali. La nostra come quelle della Cina, dell’India o del Giappone.

Ma che c’entra la Dieta Mediterranea con le cavallette? E poi oggi si aprono le porte alle cavallette, domani ai cibi prodotti in provetta e dopodomani chissà. L’agricoltura? Può attendere. Ma un’organizzazione di rappresentanza di “Agricoltori” con la A maiuscola non dovrebbe pensare al loro futuro? Al futuro delle terre e delle stalle italiane? Dove dirottare quell’innovazione evocata per gli insetti. Già gli attacchi alle eccellenze nazionali sono pesanti, se poi a completare l’opera ci pensa il “fuoco amico” si rischia davvero di buttare all’aria un patrimonio diventato grande grazie alla cura e all’impegno di generazioni di italiani.

Sì, ma anche. Appunto.​

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