L’import selvaggio mina i fiori italiani, alla Camera il disegno di legge per “ridisegnare” il florovivaistico
Importazioni selvagge e fenomeni meteo avversi rischiano di mettere in crisi il florovivaismo italiano che, nonostante le difficoltà, ha messo a segno un fatturato di oltre 3 miliardi, 1,2 miliardi di export e coinvolge 17mila aziende che garantiscono occupazione a 200mila persone. Sulle criticità del settore ha lanciato l’allarme il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, nel suo intervento al Myplant&Garden, il Salone del florovivaismo che si è svolto alla Fiera di Milano il 21, 22 e 23 febbraio. “Occorre- ha detto Prandini – combattere la concorrenza sleale di prodotti importati dall’estero facendo in modo che piante e fiori in vendita in Italia e in Europa rispettino le stesse regole su ambiente, salute e diritti dei lavoratori. Il florovivaismo è anche l’espressione di una agricoltura multifunzionale. La priorità è dunque il superamento delle criticità legate ai mercati globali. Ora il Governo sta mettendo in cantiere anche una revisione normativa del settore che faccia leva sulla filiera. E’ all’esame dell’Assemblea della Camera il disegno di legge delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi per definire un quadro normativo che spazia dalla disciplina delle attività agricole coltivazione, commercializzazione e promozione alle attività di tipo industriale e di servizio. La definizione dell’attività florovivaistica terrà conto non solo dell’articolo 2135 del Codice Civile, ma anche del decreto legislativo n. 99 del 2004, che ha completato il percorso iniziato con la “Legge di Orientamento”. E’ previsto anche un coordinamento nazionale con la costituzione di un ufficio per la filiera presso il Masaf. Tra gli obiettivi l’elaborazione di un Piano nazionale del settore florovivaistico per garantire una strategia di ampio respiro. L’azione di rilancio del settore che sarà definita dai decreti attuativi della legge delega dovrebbe far leva oltre che sull’aggiornamento normativo, sulla formazione professionale (anche istituendo percorsi ad hoc presso gli ITS Academy e corsi di specializzazione, presso i dipartimenti universitari e le facoltà di agraria), sulla valorizzazione e qualificazione delle produzioni, su ricerca, sperimentazione e innovazione tecnologica per rendere sempre più competitiva l’offerta Made in Italy. Si punterà su produzioni a basso impatto ambientale ed elevata sostenibilità, certificazione di processo e prodotto (anche con marchi di qualità), ma soprattutto sulla logistica, con piattaforme per macroaree e sull’internazionalizzazione. Dovrà anche essere attivato un sistema di rilevazione dei dati statistici del settore su specie, quantità e prezzi. |
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