il Punto Coldiretti

L’ultimo report dell’Anbi sulla situazione idrica

Il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche offre un quadro preoccupante della congiuntura idrica lungo la Penisola: se al Sud le già esigue riserve vanno depauperandosi irrimediabilmente ed al Centro le alte temperature, nonché la stabilità atmosferica sono causa di riduzione dei livelli idrometrici, al Nord la fusione nivale e residue perturbazioni tardo-primaverili, anche di forte intensità, stanno mantenendo le portate fluviali ed i livelli dei laghi su valori nettamente positivi.

Nel 2025 i volumi d’afflusso nei grandi laghi settentrionali sono stati ben superiori alla media e vicini ai massimi; attualmente i livelli sono ancora in crescita ed i valori di riempimento sono prossimi o superiori al colmo (Verbano 103,4%; Lario 87,7%; Benaco 93,6%; Sebino 99,3%). In Valle d’Aosta cresce il flusso in alveo del torrente Lys, ma soprattutto aumenta prepotentemente la portata della Dora Baltea, ora superiore di oltre il 40% rispetto a quella tipica del periodo. I livelli del fiume Po hanno subìto una flessione nelle scorse settimane ed ora le portate sono scese leggermente al di sotto dei valori medi di riferimento (nel tratto emiliano-lombardo sono tra -20% e -26%, ma a Pontelagoscuro il deficit si riduce a circa il 4%). In Piemonte, se la portata del fiume Tanaro si è ridotta, scendendo ben al di sotto della media (-47% ca.), stanno invece crescendo quelle di Toce, Stura di Lanzo e Stura di Demonte.

In Lombardia, le riserve idriche sono ancora leggermente più scarse della media (-4,4%); nel confronto col 2024, però, il gap si amplia (-32,9%) a causa del divario tra la neve caduta nella scorsa stagione vernina e quella 2023-2024 (attualmente il residuo manto nevoso in quota è del 57% inferiore al 2024; fonte: ARPA Lombardia). In Veneto, abbondanti ed ancora in crescita sono i flussi in alveo di alcuni fiumi, tra cui Bacchiglione e Brenta, che in una settimana hanno registrato un incremento di portata pari rispettivamente al 115% (!!) ed al 25%. La mancanza di riserve nivali lungo la Dorsale Appenninica è invece la causa dell’impoverimento idrico dei fiumi nell’Italia Centrale, a cominciare da quelli emiliano-romagnoli, i cui alvei sono già ridotti a rigagnoli con portate inferiori, nella maggior parte dei casi, a 2 metri cubi al secondo (la Secchia è sotto il minimo storico).

La riserva estiva d’acqua per quei territori è però rappresentata da invasi artificiali come quelli piacentini di Molato e Mignano, che raccolgono rispettivamente 7,70 milioni di metri cubi (95,6% di riempimento) e mln. mc. 8,61 Mln (87,6%). Una flessione dei livelli idrometrici è stata registrata anche in Liguria dai fiumi Entella, Vara, Magra ed Argentina. In Toscana, solo i livelli del fiume Arno sono crescenti, mentre Serchio ed Ombrone registrano una battuta d’arresto. Costante è anche la riduzione d’acqua negli alvei dei bacini fluviali delle Marche; l’abbondante risorsa idrica stoccata negli invasi (mln. mc. 54,88) rappresenta però una garanzia per lo svolgimento dell’avviata stagione irrigua. Le criticità aumentano man mano che si scende verso Sud e sono ben rappresentate dalla scarsità idrica nei bacini lacustri così come dall’esiguità dei volumi trattenuti dalle dighe. In Umbria, senza interventi emergenziali, appare irreversibile la crisi idrica del lago Trasimeno, la cui altezza idrometrica continua ad allontanarsi da quel m.-1,20 che rappresenta il minimo vitale (ora è a m.-1,33); portate in calo per i fiumi Topino e Paglia.

Nel Lazio continuano a destare preoccupazione gli abbassamenti dei livelli dei laghi e principalmente di quelli privi di immissari naturali come i bacini dei Castelli Romani, che per la loro sopravvivenza dipendono in parte dalle acque meteoriche, negli ultimi tempi scarse e mal distribuite, ma soprattutto dalle sorgenti sotterranee, impoverite dall’eccessiva antropizzazione (il bacino di Nemi è 23 centimetri sotto al livello dello scorso anno); portate scarse per i fiumi Tevere (mc/s 81,06 a Roma), Aniene e Velino (sotto la media del recente quinquennio). In Abruzzo i volumi idrici, invasati dalla diga di Penne, sono più che soddisfacenti, se confrontati con i valori registrati negli scorsi anni: mln. mc. 8,31 sono inferiori dal 2017 al solo 2022. In Campania la decrescita dei livelli fluviali è evidente soprattutto per il Garigliano, la cui altezza subisce una contrazione di ben 38 centimetri. Basilicata e Puglia “ribollono” e le loro campagne necessiterebbero di maggiori apporti idrici per sopravvivere e continuare a produrre, ma devono fare i conti con le esigue riserve disponibili e con le conseguenze delle temperature africane, che accelerano il fenomeno dell’evapotraspirazione, riducendo ulteriormente la disponibilità d’acqua: in Basilicata, in una settimana, si è registrata una riduzione dei volumi negli invasi pari a 3,57 milioni di metri cubi; rimangono mln.mc. 271,5 cioè quasi 46 milioni in meno dello scorso anno. Ancor più grave è il deficit, che si registra in Puglia, dove le dighe della Capitanata trattengono quasi 67 milioni di metri cubi d’acqua in meno rispetto al 2024. Le riserve idriche del Foggiano sono al 33% dei volumi autorizzati e difficilmente potranno soddisfare ancora a lungo il fabbisogno agricolo in quella, che si preannuncia una difficilissima estate pugliese.

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