il Punto Coldiretti

Nuova Castelli alla Lactalis, serve vigilare sul blitz francese nel parmigiano

Alla fine la Nuova Castelli sta per finire nel paniere della francese Lactalis che già conta altri prestigiosi marchi nazionali nel settore del latte e dei formaggi come Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cadermartori. Nel caso della Nuova Castelli l’acquisizione da parte del gruppo francese è ancora più allarmante perché l’azienda opera in un settore strategico come il Parmigiano reggiano Dop una delle grandi eccellenze del made in Italy.

La Coldiretti, quando le voci sulla trattativa erano solo a livello di indiscrezione, aveva denunciato i rischi di una vendita destinata a rafforzare l’egemonia francese con un bottino prezioso rappresentato da prodotti italiani Dop tra i più venduti in tutto il mondo.

La Nuova Castelli con un fatturato di 460 milioni è il principale esportatore italiano di Parmigiano Reggiano ed è una realtà specializzata nella distribuzione di prodotti alimentari.

Per il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, l’operazione oltre ad essere l’ennesimo scippo di un marchio storico rischia di incidere sui redditi degli allevatori che potrebbero essere chiamati a sostenere i costi di questo acquisto-lampo. Lactalis infatti ha già minacciato di ridurre il prezzo del latte riconosciuto agli allevatori in controtendenza con l’andamento al rialzo delle quotazioni del latte italiano. E non è troppo lontana nel tempo la durissima trattativa, sempre con l’azienda francese, che, pur se nel periodo caldo della crisi del latte europeo, riconosceva ai produttori i prezzi più bassi rispetto a tutte le altre industrie applicando le quotazioni a terra dei Paesi dell’Est.

Per una difesa degli allevatori e del made in Italy la Coldiretti è scesa in campo chiedendo che siano resi pubblici i termini dell’accordo. Con l’obiettivo di pretendere garanzie e tutele delle Dop dalle imitazioni e sulla tenuta dei posti di lavoro. Non si può dimenticare che proprio di recente Lactalis ha deciso la riorganizzazione di Parmalat smontando la base di Collecchio e trasferendo così il “cervello” del gruppo italiano in Francia. Primo passo di una delocalizzazione se non degli assetti produttivi comunque di quelli decisionali.

Ed è perciò singolare che la Coldiretti sia stata la sola organizzazione agricola ad aver lanciato l’allarme sull’impatto economico che questa vendita potrebbe avere per gli allevatori. Sostenere come ha fatto la Confagricoltura che l’azienda era già nelle mani di un fondo straniero e che dunque questo ulteriore passaggio non cambia le carte in tavola è profondamente sbagliato. Un fondo porta ossigeno finanziario, ma non entra nelle dinamiche produttive. Non si siede al tavolo delle trattative per il rinnovo del prezzo del latte, per intenderci.

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