il Punto Coldiretti

Olio d’oliva: raccolto in calo del 30%, servono nuove strategie

Una strategia per l’olio settore fondamentale del Made in Italy. Coldiretti e Unaprol, in occasione dell’avvio della campagna di raccolta partita dalla Sicilia con le previsioni di un calo del 30% (a Palazzo Rospigliosi è stata organizzata una spremitura in un mini frantoio) hanno fatto il punto sullo stato di salute del settore, alla luce della rivoluzione che sta provocando nelle filiere l’impennata dei costi dell’energia e delle materie prime, e hanno indicato gli interventi di sostegno. All’incontro con il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, il segretario generale, Vincenzo Gesmundo e il presidente di Unaprol, David Granieri, hanno partecipato il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, il sindaco di Roma, Nicola Zingaretti, Roberto Berutti, membro del gabinetto del Commissario all’Agricoltura Ue, il presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti.

Il presidente Prandini ha indicato per l’olio il modello che “siamo riusciti a costruire per il vino”. Puntare dunque al legame con il territorio, alla conoscenza e alla cultura.

Un prodotto che è un pilastro della biodiversità, secondo il presidente di Coldiretti, dovrebbe portare a un rapporto stretto con la Gdo e il canale Horeca. Ha detto poi che bisogna introdurre la carta degli olii per valorizzare un prodotto che rappresenta più di 500 cultivar: “Si crea cultura per avere più valore economico”. Prandini ha insistito anche sul valore del prodotto: bene gli investimenti per aumentare la quantità, ma vanno accompagnati dal valore economico. Ha poi ribadito l’importanza dell’internazionalizzazione :”per diventare una nicchia di prodotto a livello mondiale. Dobbiamo offrire prodotti di fascia alta alle popolazioni in tutto il mondo”. E l’internazionalizzazione – ha aggiunto – viaggia con la formazione. Per Prandini un tasto da battere per l’olio è quello del turismo e ha evidenziato che l’enoturismo in Francia vale più del 35% del fatturato realizzato dal settore vitivinicolo. Lo stesso modello può vale per l’olio.

Ha poi ricordato chi, appena è esplosa l’emergenza legata al conflitto in Ucraina, ha sollecitato l’abbandono del modello italiano di distintività per coltivare soia, mais e cereali. Una scelta che significava abbandonare olio e frutta. Puntare tutto sulle commodity è perdente per l’Italia, bisogna invece aumentare il valore. Un obiettivo che può essere perseguito partendo dall’etichettatura: “siamo favorevoli – ha spiegato – a un confronto sulla qualità anche con prodotto realizzati dall’altra parte del mondo, ma ci deve essere l’obbligo di indicare l’origine, perché il cittadino deve poter scegliere. E l’obbligo non deve valere solo in Italia, ma in tutti gli Stati membri della Ue”. Poi il tema del giorno, il costo dell’energia : con aumenti fino al 500% – ha detto – alcune filiere rischiano di chiudere. Il paradosso è che le acciaierie possono riversare gli aumenti, “ma noi non abbiamo riversato un bel niente” . Sia le imprese agricole che quelle della trasformazione alimentare non hanno infatti recuperato sulle catene. Il risultato è che chi ha problemi non ce la fa più e chi non li aveva comincia ad avvertirli.

Prandini ha ribadito che l’agroalimentare contribuisce alla tenuta sociale del Paese “non vorrei- ha aggiunto – che dovesse mancare il cibo sugli scaffali”.

Ha poi denunciato l’aumento delle importazioni:+30% nei primi sei mesi, perché altri Paesi le scelte le hanno già prese in favore dei produttori, come la Francia, la Spagna e la Germania che certo hanno una situazione del bilancio pubblico che lo consente. Il presidente della Coldiretti ha rivendicato misure per l’agroalimentare che va trattato al pari degli altri settori energivori. Ma ha anche lanciato un messaggio al mondo politico. Non dimenticare l’attenzione alle infrastrutture. Del piano bacini – ha sottolineato- non ne parla più nessuno in campagna elettorale. Non si può dimenticare il dramma della siccità una volta che arrivano le piogge autunnali. ”Si deve parlare di cose concrete perché si facciano cose concrete”.

“Non è più rinviabile un piano strategico nazionale dell’olivicoltura che metta al centro le aziende che sono sul mercato, producono reddito e occupazione, oltre al recupero dei tanti uliveti abbandonati che devono essere rinnovati per ridare ossigeno e speranze ai territori ha sottolineato il presidente di Unaprol, David Granieri – dobbiamo proseguire a livello internazionale la battaglia per tutelare la qualità del nostro olio extravergine d’oliva, cercando di cambiare anche alcuni parametri che penalizzano i nostri agricoltori già vessati dal cambiamento climatico e dall’aumento sconsiderato dei costi energetici. Il futuro dell’olio italiano passa da questi interventi fondamentali per tutelare un prodotto simbolo del Made in Italy”. Granieri ha ricordato che manca un anno alla scadenza dell’accordo mondiale sull’olio di oliva e le nuove regole determineranno il futuro dello scenario mondiale. Per il presidente dell’Unaprol anche alla luce delle nuove criticità serve un piano strategico con risorse rilevanti. Bisogna cambiare il passo e ottimizzare le risorse idriche ed energetiche con investimenti nel biogas e nel fotovoltaico. La Spagna ha detto sta difendendo il suo fortino.

Il segretario generale Gesmundo ha evidenziato la strategicità del settore alimentare in un momento in cui l’agricoltura italiana è minacciata da alcuni pericoli. Ha fatto riferimento, in particolare, alla direttiva Ue sui pesticidi che rischia di rendere impossibile in Italia la coltivazione di mais mettendo così in difficoltà la zootecnia: si vogliono smantellare la stalle Ue. Dobbiamo contrastare – ha ribadito- questo processo che tende a “miniaturizzare l’agricoltura”. L’olio, definito “ un monumento da tremila anni” è strategico all’interno della Dieta Mediterranea. La Coldiretti è comunque pronta a contrastare chi vuole introdurre cibi sintetici “ 20 big padroni dell’hi tech e della farmaceutica – ha denunciato Gesmundo – investono milioni di dollari per imporre una dieta universale”.

Tornando ai problemi interni ha sostenuto che se alle imprese agroalimentari e nel caso specifico ai frantoi non si riconosce lo stesso credito d’imposta dei settore energivori, alcuni potrebbero non attivare le lavorazioni delle olive.

Il rappresentante della Commissione agricoltura Ue ha lodato la lungimiranza della Coldiretti nel proporre la settimana dell’olio, prodotto che potrà dare lustro all’Italia al pari del vino. E ha definito “virtuoso” il modello agricolo italiano che riesce con aziende di circa 11 ettari a realizzare un fatturato di 7mila euro a ettaro a fronte dei 2mila euro delle aziende medie europee di 40/50 ettari.

Il ministro Patuanelli ha ricordato le risorse destinate all’olio, dai 30 milioni per rinnovare gli impianti, ai 100 milioni per i frantoi fino ai 35 dell’Ocm olio incassati con la nuova Pac. Sulla direttiva pesticidi ha espresso contrarietà perché vanno bene ambiente e transizione, ma prima di modificare le regole bisogna investire in ricerca: provocare l’abbandono dei terreni – ha sostenuto – può avere danni maggiori. No anche al Nutriscore e sì alle etichette trasparenti E poi l’impegno a sostenere fino all’ultimo giorno il settore puntando su due obiettivi: equiparare l’agroalimentare ai settori energivori e stralciare i contributi del trimestre gennaio-marzo perché le imprese hanno bisogno di liquidità per pagare le bollette. Lo scostamento di bilancio può essere pericoloso – ha concluso- ma è più alto il rischio di perdere l’agroalimentare.

 

 

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