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Ortofrutta: allarme crescita import, serve rilancio produzione e consumi

Il segnale più evidente, oltre alla perdita di reddito delle imprese, causata dal calo di produzione dell’ortofrutta, conseguenza dei disastri del clima e dell’assalto di insetti e malattie aliene, è la colonizzazione degli scaffali dei punti vendita di prodotti di importazione. Le difficoltà della produzione nazionale trovano riscontro anche nei dati dei primi tre mesi del 2024, con un +11% in volume delle importazioni di ortofrutta, con quasi +25% per la frutta e un +10% per gli ortaggi. Il saldo in termini di volumi è negativo, con quasi 100.000 tonnellate di ortofrutta importate in più di quelle esportate. Il dato è parzialmente mascherato dall’analisi in termini di valori, con un saldo positivo di circa 245 milioni di euro che non dà la sensazione della profonda crisi che stiamo vivendo. Per capirci meglio, si riportano i dati degli ultimi 10 anni in volumi, con un disastroso +28% di importazioni di ortofrutta.

 ImportImport ExportExport 
Tons20142023Var.%20142023Var.%
Ortaggi1.831.4482.561.134+40%1.013.2671.083.359+7%
Frutta2.093.3842.450.329+17%2.988.8812.534.108-15%
Totale3.924.8325.011.463+28%4.002.1483.616.467-10%

Fonte Coeweb/Istat, elaborazione Coldiretti

Questo significa che rispetto a dieci anni fa, nel 2023 gli italiani hanno consumato oltre un milione di tonnellate di ortofrutta di importazione in più, ovvero 18,5 kg a testa (neonati compresi). Se consideriamo che nel 2023 il consumo di ortofrutta è stato calcolato in 88 kg all’anno a testa (in forte frenata, erano più di 104 kg nel 2019), scopriamo che non solo i consumi di ortofrutta degli italiani, 240 grammi al giorno, sono in drammatico calo, ben lontani dai 400 grammi consigliati dall’OMS (organizzazione mondiale della sanità), ma c’è un peso sempre maggiore dei prodotti di importazione. Sarà un caso, ma il calo dei consumi in Italia è iniziato quando si sono evidenziati importanti cali produttivi per l’ortofrutta nazionale. Il consumatore si lamenta che l’ortofrutta non ha più il sapore di una volta e le modalità di commercializzazione “moderne”, con la richiesta di prodotti acerbi che devono resistere ai trasporti e i lunghi viaggi degli stessi, sicuramente non aiutano da questo punto di vista. Serve intervenire con misure di mitigazione degli effetti delle calamità climatiche e fitosanitarie (invasi per trattenere l’acqua e smorzarne gli effetti negativi, innovazione dei sistemi di difesa attiva e passiva, maggiori investimenti in ricerca e nuove varietà, strumenti adeguati di difesa fitosanitaria, ma anche limitazione di cinghiali e selvatici in generale), ma soprattutto una giusta remunerazione del prodotto per le imprese e campagne di educazione alimentare veramente capaci di risollevare i consumi di ortofrutta, campagne che non possono che passare da una riscoperta del gusto e della qualità dell’ortofrutta di stagione, al giusto grado di maturazione, l’esatto opposto di quello che si è visto in alcuni casi finiti recentemente sui giornali.

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