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Pac: raggiunto l’accordo sulla Riforma, ecco le novità

Con l’accordo sulla Politica Agricola Comune (Pac) è possibile la programmazione degli investimenti nelle aziende agricole italiane. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel commentare il compromesso sul negoziato della riforma della Pac raggiunto dal trilogo (Parlamento, Consiglio e Commissione) e approvato anche dal Consiglio dei Ministri agricoli, con risorse che per l’intero periodo 2021-2027 ammontano a circa 50 miliardi di euro, di cui 34 miliardi dal 2023 al 2027. Tra i punti più rilevanti il compromesso sugli eco-regimi (la percentuale sarà del 25%, al 20% nei primi due anni) che dovranno essere tradotti in misure semplici ed efficaci in termini di innovazione per consentire agli agricoltori di continuare nel percorso di sostenibilità già iniziato.

Importanti anche i passi avanti sul tema della condizionalità sociale (obbligatoria a partire dal 2025, facoltativa fin da subito, dal 2023) e dei diritti dei lavoratori sostenuto dalla Coldiretti che – sostiene Prandini – chiede di garantire adeguatamente i redditi degli agricoltori, premiare comportamenti virtuosi in coerenza anche con il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza, di affrontare i danni provocati dai cambiamenti climatici, favorire il ritorno alla terra in atto nelle giovani generazioni e premiare gli agricoltori che impiegano più manodopera nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dei requisiti sociali in tutta Europa.

L’intesa prevede una convergenza interna dei titoli aziendali minima dell’85% entro il 2026, mentre l’aiuto accoppiato sarà del 13% massimo, più 2% per la proteiche (senza per queste ultime la necessità di dimostrare la difficoltà del settore). Previsto anche un aiuto minimo obbligatorio del 3% nel primo pilastro per i giovani e una redistribuzione minima obbligatoria dei pagamenti diretti del 10% per i piccoli agricoltori. Ancora, il capping sarà volontario, con deduzione dei costi della manodopera, anche familiare.

Almeno il 35% del secondo pilastro dovrà essere dedicato a impegni agroambientali ed è stata prevista una riserva di crisi annuale di 450 milioni di euro (resta però da chiarire se finanziata con bilancio Pac o con fondi derivanti dai margini di bilancio generale dell’Ue). Contemplata pure la possibilità di prelevare fino al 3% dell’enveloppe del primo pilastro da dedicare a misure di gestione del rischio nel secondo pilastro.

Le organizzazioni interprofessionali per i prodotti Dop e Igp potranno formulare raccomandazioni sui prezzi, pur senza determinare la fissazione dei prezzi finali. Sull’olio d’oliva il sostegno Ue dovrà essere limitato al 30% della produzione commercializzata nel 2023 e 2024, per scendere al 15% nel 2025 e 10% nel 2026 (il limite attuale è al 5%). Infine, è stata firmata una dichiarazione che pone, in maniera pur blanda, il tema della reciprocità del rispetto degli standard Ue (ambientali e residui pesticidi) per i prodotti importati dai paesi terzi.

L’accordo ha incassato anche il via libera del Consiglio dei Ministri dell’agricoltura e ora è atteso al vaglio del Parlamento Europeo (prima in Comagri e poi dalla Plenaria) e infine dal Consiglio dell’Unione europea. Gli Stati membri avranno quindi tempo fino al 31 dicembre 2021 per presentare i loro progetti di piani strategici nazionali all’approvazione della Commissione, che dovrù valutarli e approvarli entro sei mesi, per entrare in vigore all’inizio del 2023.

Ma la riforma della Politica agricola comune potrà portare risultati tangibili solo si terrà nel debito conto l’impatto delle misure previste nella nuova Politica agricola rispetto alle azioni previste dalle Strategie europee della Farm to Fork e della Biodiversità: un’eventuale proposta di allineare la Pac con il Green Deal dovrà evitare di rendere i prossimi anni incerti sul piano normativo e di dare valore giuridico ad obiettivi che ad oggi non sono cogenti.

In questo senso – continua Prandini – Coldiretti continua a sostenere l’assoluta necessità che la Commissione fornisca uno studio di impatto cumulativo prima di avanzare proposte legislative ulteriori e che si compiano scelte coraggiose in termini di trasparenza per il consumatore, estendendo a tutti i prodotti l’obbligo dell’indicazione del paese d’origine e respingendo sistemi di etichettatura nutrizionali fuorvianti come il Nutriscore.

Tra le molte questioni ancora aperte sul resto del pacchetto di riforma della Pac, si auspica – conclude Prandini – un atteggiamento coraggioso su alcuni elementi chiave, in primis il dibattito relativo alle restrizioni alle importazioni: sarebbe importante che nella riforma della Pac fosse riconosciuto il principio della reciprocità degli standard, vietando l’ingresso nell’Unione di prodotti che non rispettino gli standard intesi come criteri di produzione Ue come pure i limiti di tolleranza per i pesticidi presenti sui prodotti importati.

 

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