il Punto Coldiretti

Prandini: “Cibo italiano sotto attacco, è il momento di combattere”

Pubblichiamo l’interessante intervista rilasciata dal presidente della Coldiretti Ettore Prandini al quotidiano La Verità diretto da Maurizio Belpietro.

«Il parmigiano e le altre ricchezze alimentari italiane sono sotto attacco. Io sono un patriota innamorato dell`Italia. Ed è il momento di combattere». Ettore Prandini, bresciano, 46 anni, presidente di Coldiretti, la più grande associazione di rappresentanza degli agricoltori e allevatori italiani con 1,6 milioni di iscritti, lancia l`allarme: «I dazi americani ci faranno affondare, e in Europa ognuno va per conto suo».
Parmigiano, prosciutto, e non solo. Quanto è duro il colpo?
«Si parla di i miliardo di danni per l`agroalimentare italiano. O probabilmente un po` meno, visto che alcuni prodotti, come pasta e vino, almeno per ora non saranno toccati. Il dramma vero è per i nostri formaggi, le nostre mozzarelle, i nostri salumi. Forse riusciamo a salvare il Parma e il San Daniele, ma il resto del comparto suinicolo è in pericolo».

Per questo avete fatto un blitz al Quirinale in occasione della visita del segretario di Stato Mike Pompeo, al grido di «Don`t kill Italian food».
«Era un grido di dolore, per ricordare a tutti che l`agroalimentare in Italia non è soltanto impresa: è anche turismo, ambiente e cultura. E soprattutto, lo diciamo chiaro e forte: gli agricoltori italiani non sono merce di scambio».

L`organizzazione mondiale del commercio dice che l`Europa ha favorito illegalmente Airbus. E quindi, per rivalersi, gli Stati Uniti potranno imporre dazi su merci europee per 7,5 miliardi.
«E siccome è stata favorita l`industria aerospaziale, a pagare il conto dovrebbero essere gli agricoltori? Non esiste. Nel consorzio Airbus ci sono quattro Paesi: Francia, Spagna, Regno Unito e Germania. Eppure, a pagare di più sarà l`Italia, che nel comparto alimentare è il maggior esportatore negli Usa. No, dietro questo attacco ci vedo una regìa ben precisa».

Quale?
«Una decina di giorni fa abbiamo intercettato una lettera scritta dai produttori caseari statunitensi alla Casa Bianca. Indovinate che cosa chiedevano? Di colpire con i dazi il cibo italiano, che stava dando fastidio all`industria alimentare statunitense. Nell`ultimo anno le esportazioni di parmigiano negli Usa sono salite del 26%. Insomma, per loro stavamo crescendo troppo».

Per questo è arrivata la bastonata dei dazi?
«Vogliono mettere fuori gioco i nostri prodotti. Ricordiamoci sempre che gli Stati Uniti sono il primo produttore di marchi italiani falsi, come il famigerato “parmesan”». Che di italiano ha solo il tricolore sull`etichetta, ma poi chissà che c`è dentro. «Non solo. False mozzarelle, falsi salumi con marchi italiani contraffatti. Siamo circondati. Lo sapevate che su 7 forme di parmigiano vendute in Canada, 6 sono tarocche?».

In fondo Donald Trump sta tutelando, in qualche modo, i produttori americani.
«Ma difatti il problema vero è che non sappiamo difenderci. Anche da questo punto di vista l`Europa è sparita. Ogni Paese si fa gli affari suoi. Questo gli americani lo sanno bene, e infatti applicheranno dazi diversificati a seconda dei singoli Stati. È come se ci stessero dicendo che l`Europa non esiste».

Servono contromisure. Ma quali?
«Noi continuiamo a chiedere, un po` come hanno fatto i cinesi nel settore della meccanica, misure a sostegno dei settori colpiti per l`equivalente del danno. Ovviamente non chiediamo soldi allo Stato italiano: è il bilancio europeo che se deve far carico».

D`altronde, non potete mica scioperare.
«Ma possiamo continuare a fare pressioni sulla politica. Non c`è nessuno, a Bruxelles, che rappresenti gli interessi degli agricoltori e degli allevatori italiani. Gli altri Paesi sono molto astuti nel piazzare figure chiave nei posti importanti. Così, quando si stilano gli accordi di libero scambio, l`Italia esce sempre penalizzata».

Si riferisce al famigerato Ceta, l`accordo di libero scambio tra Europa e Canada, che è già in vigore da due anni?
«Certo, è il patto che ha legalizzato la contraffazione del parmigiano italiano. Il risultato è che nei primi mesi del 2019 abbiamo perso il 33% del mercato».

Però da Bruxelles dicono che, grazie a questi accordi, l`export europeo è aumentato, e non di poco.
«Sì, ma in quali settori? Prendiamo il futuro accordo con la Nuova Zelanda: importiamo derrate alimentari e in cambio esportiamo automobili tedesche. Indovinate chi ci guadagnerà e chi ci rimetterà».

Insomma, lei propugna il sovranismo alimentare.
«Ma no, è una questione di sano patriottismo. Io sono fiero di essere un patriota. Vorrei che il mio Paese si faccia valere non dico nel mondo, ma perlomeno in Europa. Anche perché sono innamorato dell`Italia: qui stiamo, e qui vogliamo restare».

Chi vi critica dice che volete i dazi: ma solo per gli altri.
«Chi lo sostiene non capisce la questione, o peggio finge di non capire. Io non voglio dazi a tutela delle aziende italiane. Ma voglio regole uguali per tutti. Penso agli allevatori polacchi o rumeni: i controlli igienici e di sicurezza che loro fanno in un anno, noi li facciamo in un giorno. Vi sembra normale?».

Dunque, è il principio di reciprocità che manca?
«Certo. Perché devo scambiare il mio grano italiano, che matura al sole, con il grano canadese, che cresce a colpi di diserbanti come il glifosato? Non è solo una questione economica, ma anche di tutela della salute».

Cioè?
«Ve lo ricordate il morbo della mucca pazza? Partiva dall`utilizzo di farine animali nei mangimi. Oggi importiamo carne di vitello dal Canada, che utilizza ancora farina di sangue, la quale costa molto meno. Sapete che cosa succede a un agricoltore italiano che viene trovato in possesso di una roba del genere? Arresto immediato e sequestro dell`azienda».

Però i canadesi assicurano che la carne cresciuta ad anabolizzanti non è destinata al mercato europeo.
«Sì, ma c`è qualcuno che va a controllare?».

Il rispetto dell`ambiente non vale per tutti?
«La battaglia per l`ambiente è sacrosanta: e noi siamo i campioni in Europa sui prodotti di origine protetta. Ma allora perché facciamo accordi con il Brasile per aumentare le importazioni di carne? Sono 99.000 tonnellate di carne bovina e 165.000 tonnellate di pollame, con un Paese che all`Onu ha stracciato qualsiasi accordo ambientale e che per produrre di più sta deforestando l`Amazzonia. Dov`è la logica?».

Quindi il mercato aperto non è un male?
«Al contrario. L`internazionalizzazione è una enorme opportunità per le aziende italiane. Io non sono contrario agli accordi di libero scambio: sono contrario agli accordi scritti male».

In passato lei si è scagliato anche contro i paladini del Made in Italy, ma solo di facciata. A chi si riferiva?
«Ci sono marchi, anche nel nostro Paese, che si vestono di italianità ma poi hanno sede fiscale all`estero, e se vai ad aprire il barattolo, di italiano trovi veramente poco. Penso al marchio del cioccolato che fa arrivare le nocciole dalla Turchia, dove per la raccolta vengono sfruttati i bambini. E magari lo zucchero arriva da Paesi che utilizzano fitosanitari, i quali in Italia sono vietati da decenni. Coldiretti non ha paura: ci mettiamo la faccia e denunciamo tutto».

Anche la piaga del caporalato?
«Siamo stati i primi a pretendere una giusta retribuzione per i collaboratori che lavorano con le nostre aziende. Ma queste regole, all`estero, spesso non vengono rispettate. Pensiamo ai Paesi dell`Est, dove la manodopera non viene retribuita. Così è troppo facile farci concorrenza».

Torniamo ai giganti dell`impresa. La razzia delle aziende alimentari italiane da parte dei colossi esteri è finita?
«No, purtroppo. A differenza degli altri Paesi, manca un sistema di collegamento con gli istituti di credito. Ciò che ad esempio ha permesso ai francesi di accaparrarsi la Nuova Castelli di Reggio Emilia, principale esportatore di parmigiano nel mondo».

Parliamo della manovra economica. Uno dei capisaldi della finanziaria sarà la lotta all`evasione. Ci credete?
«Ben vengano verifiche più stringenti sugli evasori. L`importante è non prendersela con chi ritira i contanti dal conto corrente. Quelli sono soldi puliti, frutto di duro lavoro. Non vedo perché bisogna tassarli due volte».

E sugli incentivi ai pagamenti elettronici?
«Abbiamo qualche perplessità. A non utilizzare questi strumenti sono spesso persone anziane. Rischiamo di penalizzare ulteriormente le fasce già in difficoltà».

Infine, la vostra battaglia campale. Quella contro il ritocco delle accise sul gasolio agricolo. Scampato pericolo?
«È stato un crimine anche solo pensare un provvedimento del genere. Non puoi alzare le tasse sul gasolio, quando non esistono alternative. Continueremo a vigilare, e nel caso siamo pronti a scendere in piazza».

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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