Quasi 5,7 milioni italiani in povertà assoluta nel 2023
Da pochi giorni si è riunita la Commissione Bicamerale di controllo sugli enti di previdenza dove il presidente dell’Inps ha dichiarato che per garantire un sistema previdenziale sostenibile si deve agire sul lato delle entrate, per aumentare il numero di lavoratori occupati e migliorare la qualità dell’occupazione, con conseguenti effetti positivi sui salari. Nella stessa occasione ha anche ricordato che la spesa pensionistica tra il 2022 e il 2023 è lievitata del 7,4%, anche sotto la spinta dell’adeguamento degli assegni all’inflazione, ed è passata negli ultimi quattro anni «da 268 a 319 miliardi, con una crescita di quasi il 19%». In questi stessi giorni, poi, è stato pubblicato anche il report povertà Istat. A seguito dell’ondata inflazionistica degli ultimi anni l’ Istat tira le somme nel consueto rapporto annuale sulla povertà del nostro Paese, dove si fotografano le grandezze italiane in termini di povertà assoluta. Stabili nel 2023 le condizioni di povertà assoluta per cui, secondo il nuovo rapporto, si trovano ad essere in questa situazione poco più di 2,2 milioni di famiglie, ovvero l’8,4% sul totale delle famiglie residenti. Anche a livello individuale le grandezze si confermano stabili rispetto al 2022 e sono il 9,7% sul totale degli individui residenti, ossia quasi 5,7 milioni di individui. L’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie italiane si attesta al 6,3% per le famiglie composte solamente da italiani, mentre sale al 30,4% fra le famiglie con almeno uno straniero. La povertà relativa familiare, sempre stabile rispetto all’anno precedente, invece è pari al 10,6%, e si contano oltre 2,8 milioni di famiglie sotto la soglia. Cresce invece lievemente l’incidenza della povertà relativa individuale che coinvolge quasi 8,5 milioni di individui e arriva al 14,5%, dal 14,0% del 2022. Rimane comunque più critica la situazione delle famiglie con il maggior numero di componenti, rispetto a quelle meno numerose. L’Istat racconta nel suo rapporto che la povertà assoluta raggiunge ben il 20,1% tra i nuclei con 5 o più componenti, l’11,9% tra quelli con quattro e l’8,2% tra le famiglie con tre. Il disagio maggiore, con un’incidenza del 21,6%, è vissuto dalle famiglie con almeno tre minori, e in generale anche per le coppie con tre o più figli minori (18%). Nei nuclei di altra tipologia dove abitano più nuclei o membri aggregati l’incidenza arriva al 15,9%, così come per le famiglie monogenitoriali con il 12,5%. La soglia si abbassa nei nuclei con persona di riferimento di almeno 65 anni e il valore più alto registrato (6,8%) si verifica nelle famiglie composte da un anziano. In generale i valori aumentano in misura inferiore all’aumentare dell’età della persona di riferimento e ciò significa che le famiglie più giovani dispongono di redditi mediamente più bassi e di minori risparmi accumulati nel corso della vita o beni ereditati e quindi hanno una capacità di spesa inferiore. Il rapporto registra minori soglie di povertà assoluta dove la persona di riferimento del nucleo sia una persona di almeno 65 anni. Le nuove soglie di povertà assoluta del rapporto si riferiscono ai dati consolidati 2023 e rappresentano il valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia per evitare gravi forme di esclusione sociale nel contesto di riferimento. Tali soglie vengono definite in base all’età e al numero dei componenti, alla regione e alla tipologia del comune di residenza delle famiglie. |
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