il Punto Coldiretti

Spezzare la catena dello sfruttamento

Non ci sono parole per commentare l’orribile comportamento del datore di lavoro di Satnam Singh che, se confermato, non ha niente di umano. Ma sarebbe sbagliato classificarlo semplicemente come frutto della malvagità di un singolo uomo e non cogliere l’occasione invece per interrogarsi sulla necessità di spezzare la catena dello sfruttamento nell’ agroalimentare. Una filiera segnata dalle distorsioni e dalle pratiche sleali, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli sono spesso pagati sottocosto pochi centesimi e spingono le imprese oneste a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità.

Per ogni euro speso dai cittadini al supermercato meno di 15 centesimi arrivano agli agricoltori. Il risultato è che, ad esempio, quando si acquista una passata al supermercato si paga più per la bottiglia che per il pomodoro contenuto che in tanti hanno seminato, lavorato e raccolto. Grazie alla Coldiretti l’Italia si è dotata di una legge all’avanguardia per combattere le pratiche sleali ma occorre ora completarla con la definizione dei costi standard per prodotto e fare in modo che i prezzi pagati agli agricoltori non scendano mai al di sotto, per garantire una adeguata remunerazione del lavoro agricolo.

Un impegno che la Coldiretti sta concretamente portando avanti con gli accordi di filiera come quello sul tabacco dove il rispetto dei diritti dei lavoratori è giustamente un prerequisito. Una clausola sociale che va estesa però a livello internazionale perché è necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e la tutela del lavoro.

Oggi quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato in Italia, dal pomodoro cinese al riso asiatico, dall’ortofrutta sudamericana fino alle nocciole turche, non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, spesso anche grazie ad agevolazioni e accordi preferenziali stipulati dall’Unione Europea.

Più tollerabile sembra infatti sostenere lo sfruttamento fuori dai confini comunitari dimenticando che la concorrenza sleale è globale ed ha inevitabilmente effetti a livello comunitario come nel caso delle affannose trattative in corso con i Paesi del Mercosur, l’accordo di libero scambio che l’Unione Europea sta accelerando con i Paesi sudamericani (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) su alcuni dei quali gravano addirittura pesanti accuse anche per sfruttamento del lavoro minorile.

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